Una volta c’era “Studio Sport”, oggi si studiano titoli…

Noi abbiamo vissuto il calcio degli anni 70 e 80. Non sarà stato tutto rose e fiori per carità, ma come abbiamo già scritto in altri post, rimpiangiamo diverse cose di quel calcio.

Una era senza dubbio il modo in cui ci veniva raccontato dai telecronisti, dai radiocronisti e dai giornalisti sportivi dell’epoca, che non erano avvezzi ad usare spesso titoloni o aggettivi roboanti.

Oggi in questo senso a Sport Mediaset si sono superati, lanciando un servizio dal titolo: “Candreva non si ferma: vuole altri capolavori”. A parte il fatto che siamo sopravvissuti agli addii al calcio di Platini, Maradona, Van Basten, Zico, quindi avesse ben smesso Candreva non crediamo che il gioco del calcio sarebbe stato sospeso, ma se costui ha fatto capolavori, quelli di Causio, Claudio Sala, Bruno Conti, Donadoni (per citare gente che ha giocato nello stesso ruolo di Candreva, ma con risultati a nostro avviso più significativi), cos’erano?

Senza voler mancare di rispetto a Candreva, riteniamo che titoli del genere facciano male prima di tutto a lui. Perché in questa maniera uno che non segue il calcio, di primo acchito pensa che il calciatore in questione sia un fenomeno.

Il problema è che la nostra generazione i veri fenomeni (nel ruolo di Candreva), li ha visti.

Se hai visto giocare Causio, se hai visto Bruno Conti al Mundial 1982 e poi ti dipingono Candreva come uno che fa capolavori, ti viene da fare come Ligabue quando canta “Ho perso le parole”.

Perciò se a Mediaset vogliono fare certi titoli li facciano, ma sotto mettano la scritta: “Sconsigliato a chi ha vissuto il calcio degli anni 70, 80,90”.

In tutto questo solidarietà (senza ironia) ad Angiolo Radice, perché lui ha solo lanciato un servizio che la redazione gli ha confezionato.