Nadia, la ragazzina che stupì il mondo

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(Nadia Comaneci nel 1976 e oggi )

Fare un blog sul calcio non significa assolutamente considerare gli altri sport spazzatura. Quanti sportivi/e ci hanno appassionato con le loro gesta! Oggi vogliamo omaggiarne una.

Leggendo la cronaca di questi giorni, ci è stato ricordato che 43 anni fa il mondo dello sport e in particolare la storia dei Giochi Olimpici vedeva nascere una nuova, indiscussa stella. Il 18 luglio 1976  a Montreal, durante i Giochi Olimpici, una ragazzina romena di 14 anni scriveva la storia. Fino ad allora mai nessuno aveva realizzato ciò che riuscì a realizzare lei: ovvero prendere tutti 10 per la sua esibizione. Il 10 a computer (attraverso il quale i giudici votavano) non era stato nemmeno caricato, tanto per capire quanto venisse considerato possibile a livello umano ciò che fece la giovane ginnasta.

Quella  ragazzina si chiamava Nadia Comaneci.

Ora, un’impresa sportiva è un’impresa sportiva. Compierla prendendo tutti 10 in un’esibizione di ginnastica o dribblando tutta la difesa (portiere compreso) partendo dalla propria metà campo (come fece Maradona nel 1986 in Messico), alla fine, non è poi così differente come sembra. Perché chi la compie, nel suo sport sarà sempre ricordato come  un numero uno, come qualcuno di irraggiungibile, un’icona.

Questa è indubbiamente ancora adesso Nadia, che ha continuato ad essere un’icona nella sua nazione, da cui fuggì nel novembre 1989 a piedi (erano gli anni della dittatura di Ceausescu. Di lì a poco, il 16 dicembre 1989, con la rivolta di Timisoara, sarebbe iniziata la Rivoluzione che avrebbe portato al rovesciamento e all’uccisione del dittatore romeno), rifugiandosi in Ungheria, in Austria, per poi stabilirsi negli States, dove fu accolta come rifugiata politica.

Oggi è una donna di 57 anni, vice presidente del consiglio di amministrazione di un’associazione per la lotta alla  distrofia muscolare e che ha aperto una clinica per bambini nella “sua” Romania, a Bucarest.

Chi la vede oggi naturalmente, fatica a collegarla a quella ragazzina dallo sguardo timido, sperduto, che stupì il mondo con il suo talento e che alla stregua di un Pelè, di un Borg, di un Merckx, di un Carl Lewis, ha scritto la storia non solo del suo sport, ma dello sport.

(foto tratte da www.pinterest.it e da www.zimbio.com)

Impariamo da loro!

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In un calcio sempre più in mano agli uffici finanziari, a fondi d’investimento e a procuratori senza scrupoli che spacciano i loro assistiti per oro, quando in realtà sono molte volte sterco, emozionarsi è sempre più difficile. Persino alle partite dei bambini ormai assistiamo al degrado culturale  del calcio, con genitori che si menano, si insultano e che forniscono dunque un pessimo esempio per la crescita dei loro figli.

Grazie quindi alle ragazze della Nazionale Femminile Italiana. Grazie di cuore per averci ricordato che il calcio dopotutto è ancora uno sport, che ha ancora la capacità di emozionarci.

Altro che gli stronzetti dell’Under, il cui comportamento è già stato analizzato in un nostro post precedente (“Più rispetto per Di Biagio, un po’ meno per i bulletti”). Qui siamo stati di fronte ad un gruppo di ragazze che, contro lo scetticismo generale e contro l’ignoranza di chi, sviscerando ragionamenti risalenti ancora  all’Uomo di Cro-Magnon, li vorrebbe attaccate costantemente ai fornelli, hanno fatto ciò che da tempo i loro colleghi maschi non fanno più: farci appassionare  e farci sentire come fossimo in campo con loro.

Per questo Sara, Barbara, Laura, Cristiana, Aurora e tutte le altre, compresa ovviamente la straordinaria Milena Bertolini, meritano un grazie incondizionato da tutti noi.

Ovviamente c’è da sperare che, finiti i Mondiali, quest’affetto non finisca (come ha opportunamente affermato la Bertolini), non lo meriterebbero queste ragazze che sono riuscite ad entusiasmarci anche se non hanno vinto.

In un mondo (quello del calcio) dove i raccattapalle vengono addestrati a restituire velocemente il pallone quando la squadra perde e a fare le lumache quando vince, dove pur di vincere si chiedono e si ottengono rigori a livello del paranormale (grazie a simulazioni indecenti), dove “La vittoria più bella è quella al 90′ con un rigore inesistente”, vedere una squadra eliminata ai quarti ottenere tutta questa simpatia e ammirazione, ci fa piacere, nonché sperare che volendo, questo sport, può essere migliore di ciò che è.

W L’ITALIA! W IL CALCIO! W LE DONNE!

(La fotografia è tratta dal sito www.centrometeoitaliano.it)