Maradona o Messi? Cassano ha risposto, ma noi facciamo ricorso

In questi giorni sui social, un po’ per far passare il tempo, un po’ per cercare di non avere sempre la testa sul dramma che questo mondo sta vivendo, vengono fatti, per gioco, mini-sondaggi (a cui abbiamo partecipato anche noi), del tipo: “Chi è stato il portiere più forte, chi è stato il difensore più forte..” e così via.

Dev’essere questo che forse ha spinto Ivan Zazzaroni ad intervistare, in un video disponibile su twitter, Antonio Cassano. Ora, crediamo che con ciò che stiamo vivendo, in pochi si saranno chiesti cosa stesse facendo Cassano, Zazzaroni è evidentemente uno di questi e ha chiesto, in un’intervista, all’ex talento (in buona parte sprecato) di Bari Vecchia chi fosse più forte tra Messi e Maradona. Cassano ha risposto Messi.

Ognuno ha i suoi gusti, ma la spiegazione: “Messi gioca bene da 15 anni, Maradona solo 4 anni al top”, fa cagare pure gli stitici e spieghiamo perché.

Fermo restando che Messi è Messi e il suo valore non va discusso, dire che Maradona ha giocato solo 4 anni al top fa bestemmiare non solo noi, amanti del calcio che fu, ma chiunque amante del bel calcio in generale.

Cassano dimentica che nel 1979 Maradona era già Maradona, realizzando un goal da centrocampo che ancora oggi fa emozionare.

Cassano dimentica che a Barcellona Diego faceva ciò che fece Messi dopo, senza però avere Xavi e Iniesta che dominavano gli avversari a centrocampo a rendergli più facile la vita.

Cassano dimentica che nel 1984, al Napoli, realizzò già il primo anno reti da antologia.

Cassano dimentica che, nel 1985, Maradona segnò a Tacconi forse il più bel goal su punizione mai realizzato (quello in cui disse ai suoi compagni, che si lamentavano per la distanza della barriera: “Tanto gli faccio goal comunque” e così fu).

Cassano dimentica che in America, nel 1994, prima che Baggio esplodesse dagli ottavi di Finale in avanti, l’unico campione che emozionò il pubblico in un Mondiale tecnicamente scadente fu proprio Diego Armando, poi squalificato in maniera molto ma molto discutibile.

Cassano dimentica soprattutto che Messi ha fatto 15 anni al top, è vero, ma non in Nazionale, dove in fin dei conti, non ha lasciato mai del tutto il segno. Il fatto che i suoi compagni di squadra del Barcellona invece, abbiano costituito, insieme ad altri, una delle Nazionali più forti (e più vincenti) di tutti i tempi, fa capire che la grandezza di Leo è stata anche dovuta al fatto di avere a fianco Xavi, Iniesta e Piqué.

Diego invece ha vinto in un Napoli (quello del 1987) forte, ma dove gli Xavi e Iniesta si chiamavano Fernando De Napoli e Francesco Romano, mentre Piqué si chiamava Moreno Ferrario, con tutto il rispetto.

Ma soprattutto vogliamo dire che in Nazionale Diego il segno l’ha lasciato (eccome!), vincendo un Mondiale quasi da solo (tolti Valdano e Burruchaga, gli altri otto della formazione hanno brillato di luce maradoniana ed erano onesti giocatori, ma nulla più). Chissà come mai, quando si parla di Mondiali, fanno sempre vedere il goal (ma cosa diciamo goal, capolavoro d’arte!!!) che Maradona fece all’Inghilterra partendo dalla propria metà campo, ma goal di Messi non ne fanno vedere….

Che Messi abbia avuto una carriera più lunga è indiscutibile, vogliamo anche dire che oggi vi sono regole che favoriscono molto di più gli attaccanti rispetto ad un tempo.

Oggi appena un attaccante viene sfiorato sta dieci minuti per terra, il difensore rischia subito un’ammonizione. Ai tempi di Diego non era così, si diceva che se uno aveva paura di farsi male, doveva giocare alle bocce e non al football.

Per intenderci, la famosa marcatura che Gentile fece su Maradona, allora era la prassi, era considerata dura ma leale (ed è così che intendiamo considerarla anche noi), oggi con le regole che ci sono il difensore azzurro rischierebbe di andare sotto la doccia dopo mezz’ora.

In conclusione, Cassano ha tutto il diritto di pensarla diversamente da noi, ci mancherebbe, ma la giustificazione che fornisce lascia il tempo che trova.

23 Marzo 1980: calciatori con la palla al piede (ma non di cuoio)

 

Quarant’anni fa.

Il 23 marzo 1980 il calcio mostrò uno dei suoi lati nascosti, o meglio che forse fino ad allora era riuscito a nascondere abbastanza. Un lato che non gli faceva certo onore, fatto di intrighi, di marciume, di comportamenti da far rivoltare nella tomba il barone De Coubertin.

Da sempre i tifosi si esaltano, soffrono, gioiscono e incitano i loro idoli, in tv o allo stadio. Quel giorno si scoprì che, per quanto riguardava alcune partite di Serie A e di Serie B, avrebbero tranquillamente potuto farne a meno. Come mai? Semplice: d’accordo con scommettitori clandestini del Totonero, alcuni calciatori le avevano truccate prima ancora di scendere in campo.

Il 23 marzo 1980 fece sgomento vedere alcuni divi della pedata nostrani venire condotti in galera. Lasciò  esterrefatti vedere Bruno Giordano, che l’anno prima aveva vinto la classifica dei cannonieri e che ormai stava entrando nel giro della Nazionale, finire in manette per aver truccato delle partite. Fece scalpore vedere arrestato Ricky Albertosi, autentico “mostro sacro”, colui che circa dieci anni prima difese la porta della Nazionale nella più emozionante partita della storia, quell’Italia-Germania 4-3 che dopo cinquant’anni fa ancora battere il cuore quando (come l’altra sera) viene ritrasmessa in tv.

Si è detto e scritto tanto in questi anni, a proposito di questa faccenda.

Tutto cominciò quando due scommettitori clandestini romani, Alvaro Trinca e Massimo Cruciani, denunciarono (autodenunciandosi) dei calciatori di Serie A e Serie B, rei di aver truccato insieme a loro alcune partite al fine di vincere al Totonero, ovvero le scommesse clandestine (allora non erano legali) sul calcio. I due scommettitori lamentarono inoltre che alcuni calciatori, sebbene fossero stati da loro corrotti e avessero accettato da loro denaro, non mantennero i patti e causarono loro consistenti perdite economiche. Per questa ragione Cruciani e Trinca si rivolsero alla Magistratura, la quale dopo aver accertato che i fatti descritti dai due scommettitori erano ricchi di fondamento, decise i clamorosi arresti.

Tutti ovviamente si chiesero perché calciatori superpagati si fossero venduti e si fossero prestati ad una simile truffa.

Come abbiamo scritto, si è detto tanto su questa vicenda, ma vi sono ancora oggi interrogativi che non hanno avuto risposta. Come mai?

Perché, ad esempio, se la partita Avellino-Perugia fu truccata, l’unico calciatore avellinese squalificato fu Stefano Pellegrini?

E’ vero che furono trovati assegni di Cruciani a favore suo e della moglie, ma come poteva aver truccato, Pellegrini, quella partita da solo, senza almeno l’approvazione di qualche suo compagno? Soprattutto come poteva Pellegrini aver truccato da solo quella partita, quando non la giocò neppure, perché infortunato?

Paolo Rossi, che successivamente al 23 marzo 1980 fu raggiunto anch’egli da comunicazione giudiziaria, venne squalificato per due anni. Non si è mai avuta prova che il suddetto abbia incassato una lira (a differenza di altri calciatori, cui furono trovati assegni e denaro). Giorgio Morini, il calciatore del Milan che consegnò 20 milioni (da parte del suo Presidente Felice Colombo) a Cruciani al fine di recapitarli ai calciatori laziali affinché  perdessero contro i rossoneri (quindi con responsabilità più precise e più gravi) venne condannato solo ad un anno e tre mesi. Anche qui: perché? Il discorso non quadra naturalmente.

Ma soprattutto: come mai, alcuni calciatori avevano stretto accordi con Trinca e Cruciani per concordare dei risultati e poi non hanno tenuto fede alla parola data? Perché? Cosa li spinse a non mantenere i patti? Dubitiamo una crisi di coscienza, perché se così fosse, non avrebbero accettato immediatamente le proposte (e in alcuni casi il denaro anticipato) dei due “truffatori-truffati”. Mai nessuno si è degnato di indagare a tal proposito e a questo punto crediamo che mai nessuno lo farà. Peccato. Sarebbe stato bello saperlo.

 

 

La Serie A da zero a dieci- 26° giornata

sergio

Oggi diamo i voti alla ventiseiesima giornata, anche se è stata spezzettata per motivi che tutti conosciamo. Una particolare attenzione nei nostri voti, verrà ovviamente data a Juventus-Inter, ma ce n’è comunque per tutti.

10

FRANCESCO “SERGIO” CAPUTO Più che per i due goal, per l’esultanza: un’ottima trovata, intelligente.

PAULO DYBALA Un goal d’antologia.

9

ATALANTA BERGAMASCA Anche a Lecce, è spettacolo!

JEROME BOGA Altra perla, complimenti.

S.S. LAZIO Vittoria senza problemi col Bologna, il suo sogno continua…

MAURIZIO SARRI Azzecca tutte le mosse, è lui il vincitore di Juve-Inter. C’era già chi parlava di esonero, keep calm….

SIMONA ROLANDI E GIORGIA ROSSI Due “signore della domenica” per eleganza e bravura.

XAVIER JACOBELLI Il suo intervento a Pressing Serie A sul ministro Spadafora è ineccepibile e condivisibile punto per punto.

8

MATTHIJS DE LIGT Monumentale, il ragazzo spaurito e indeciso di inizio stagione sta diventando un ricordo. L’abbiamo scritto: ci andava tempo, inizialmente faticò  pure Platini ad ambientarsi al calcio italiano, non è scandaloso che abbia fatto fatica un ragazzo di vent’anni.

GENOA 1893  Tre punti d’oro, meritati.

MARCO GUIDA Arbitrare Juve-Inter è sempre delicato. Lui lo ha fatto bene. Complimenti.

7

PAULO FONSECA Ritorna alla vittoria, convincendo e scacciando la crisi.

NAPOLI CALCIO Col Torino prova convincente.

AARON RAMSEY Due goal in due partite e la capacità di trovarsi al posto giusto al momento giusto. Può essere una risorsa valida per Sarri nelle prossime partite.

6

SPAL Tre punti fondamentali.

MARCELO BROZOVIC L’unico a non abbassare la guardia nell’Inter dopo il goal di Ramsey, anche se il fallaccio su Matuidi era evitabile.

5

ANTONIO CONTE Perde la sfida con Sarri (dopo aver perso quella con Inzaghi). Le partite che contavano (contro il Barcellona che aveva diverse riserve in campo, con la Lazio e con la Juve andata e ritorno) ad oggi le ha perse tutte e meritatamente. Non era stato preso perché dava quel qualcosa in più? In fondo, per vincere con la Spal e col Brescia, era sufficiente Spalletti.

LU-LA Stavolta non brillano,  De Ligt e Bonucci li annullano. E’  vero, la squadra non li supporta, ma loro comunque non fanno molto per cercare la giocata singola, che in casi di difficoltà a volte è oro.

4

MATTIA DE SCIGLIO Lukaku e Martinez sottotono? Non c’è problema. Ci pensa lui a fornire l’unica palla goal del secondo tempo all’Inter.

3

A.C. MILAN Sconfitta meritata, figlia a nostro avviso anche delle beghe societarie che, inevitabilmente, si sono fatte sentire pure nello spogliatoio.

2

TOMMASO GIULINI L’esonero di Maran, che fino al mese scorso aveva portato il Cagliari ad essere la rivelazione del campionato, è “zamparinesco”.

1

DANIELE PADELLI Farsi espellere dalla panchina è già un gesto da minchioni a prescindere. A maggior ragione con lo stadio vuoto, dove si sentono tutte le parole che dici. Come fai dunque  ad affermare che non hai detto nulla o che l’arbitro non ha capito? Pazienza con 40000 persone che urlano, ma in quel caso, siamo certi che Guida qualcosa l’ha sentito, perciò hai poco da fare quella faccia se ti sbattono fuori.

0

ARTURO DIACONALE Portavoce di Lotito. Faceva più bella figura se rilasciava un rutto alla Fantozzi invece di rilasciare parole in cui diceva praticamente che si voleva il blocco del campionato solamente per fare una manovra politica contro Lotito, proprio quando non molto dopo le dichiarazioni di Diaconale, Giuseppe Conte ha decretato di fatto che tutta l’Italia era in “Zona Rossa”, a causa dell’aggravarsi della situazione legata al Coronavirus. Il buon tacer non fu mai scritto.

PREMIO SCARAMACAI D’ORO  Al Ministro dello sport Spadafora. Alle 3,00 del mattino il governo firma un decreto in cui si dice che si  gioca a porte chiuse. A mezzogiorno lui rilascia dichiarazioni totalmente contrarie a tale decreto, fatto da un governo di cui lui è ministro, bloccando una partita che sta iniziando (Parma-Spal). Ma quando poche ore prima è stato promulgato il decreto, lui cosa faceva? Dormiva? Era al cesso?  #aridatecelaDC

Abbiamo detto la nostra, ma vogliamo concludere anche noi così: STATE A CASAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!

 

 

Dagli anni ottanta ai duemila, da zio a nipote

Noi siamo rimasti affezionati al calcio degli anni ’70 e ’80, come già del resto evidenziato in altri nostri post.

Quel calcio, dove il Verona poteva vincere lo scudetto, dove l’Udinese poteva comprare Zico e il Napoli Maradona (un po’, per fare un paragone, come se oggi l’Udinese comprasse Ronaldo e il Napoli Messi, ovviamente impensabile), dove il Pisa poteva comprare il centrocampista della nazionale danese Bergreen, semifinalista all’Europeo 1984 e l’Atalanta poteva  comprare un fior di calciatore come Stromberg (ingiustamente sottovalutato), ci manca.

Ci mancano altrettanto i Presidenti come Boniperti, Dino Viola, Ivanoe Fraizzoli e perché no, anche quelli un po’ più folcloristici come Rozzi e Anconetani (due su cui tutto si poteva dire, ma non che non fossero attaccati alla loro squadra e alla loro città). Presidenti che non parlavano sempre e continuamente di soldi, ma anche di sport e nel farlo erano anche capaci a volte di sdrammatizzare, invece di infuocare gli animi.

Ricordiamo come negli anni ’80 il Verona e il Napoli riuscirono a vincere il loro primo scudetto. L’allora Presidente Onorario della Juventus, nonché proprietario, mai e poi mai si sognò di dire: “Il Verona  non è giusto che giochi la Coppa dei Campioni poiché non ha tradizione europea”, piuttosto che il Napoli. L’unica cosa che fece fu applaudire senza se e senza ma quelle due squadre, capaci di compiere una bella impresa sportiva.

Quel Presidente si chiamava Gianni Agnelli, zio dell’attuale Presidente Andrea, che se avesse contato fino a dieci e se per un attimo avesse pensato a come si sarebbe comportato lo zio, non avrebbe sparato la minchiata sull’Atalanta, squadra che secondo i suoi parametri non dovrebbe giocare in Champions.

Nel caso specifico la differenza fra zio e nipote è semplicemente quella che passa fra il signore e l’uomo ricco.

E’ inutile che adesso Andrea Agnelli tiri fuori che parlava della Superlega, come diceva Mike Bongiorno: “La prima risposta è quella che conta”.

Andrea Agnelli ha ottime qualità, lo dicono i risultati raggiunti dalla Juve sotto la sua Presidenza, ma ogni tanto dovrebbe ricordarsi che il calcio è uno sport e il bello dello sport è anche un’Atalanta che va meritatamente in Champions, un Leicester che vince un campionato,  un diciassettenne tedesco sconosciuto come Becker che vince Wimbledon (invece di Lendl o Mc Enroe), una Danimarca che, ripescata all’ultimo, nel 1992 vince clamorosamente un Europeo.

Altrimenti si rischia di tornare ai patrizi e ai plebei, ovvero indietro di duemila anni.

 

 

 

 

 

Storie di ordinaria schizofrenia

Non si gioca, anzi si gioca ma nelle zone non a rischio (ma si permette a duecento tifosi di una squadra con sede in una zona a rischio di andare beatamente in trasferta, come in Lecce-Atalanta), anzi si gioca a porte chiuse (però Juve-Inter è troppo importante, allora per evitare assembramenti nei locali trasmettiamola in chiaro su TV8, anzi no perché Sky ha pagato i diritti perciò chi se ne fotte degli assembramenti), anzi si gioca, ma di lunedì, anzi si gioca il 13 maggio, anzi sentiamoci in settimana, vediamo se giocare il 9 marzo e cambiare il calendario. Juve-Milan di coppa Italia? Si gioca regolarmente, anzi si gioca a porte chiuse, anzi si rinvia.

Nel frattempo in Svizzera: campionato sospeso per due settimane, punto e basta.

Poi ci lamentiamo che in giro il mondo ci prendono per il culo. Ci rendiamo conto?

Questo calcio più che il Coronavirus deve temere la sua stessa schizofrenia.

Schizofrenia che si vede pure in cose onestamente meno gravi del virus Covid-19 .

Due mesi fa il Cagliari era la rivelazione del campionato, oggi viene già esonerato Maran (ma scusate, cosa pretendevano i dirigenti sardi, che Maran vincesse lo scudetto con la squadra che aveva?).

Al Milan Boban è già stato defenestrato.

Dove andremo a finire? Forse fare un bel bagno nella camomilla sarebbe opportuno per tanti addetti ai lavori del nostro sport preferito.