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La tessera del tifoso, ieri
Sabato comincia il campionato. Non è che me ne freghi un granché, in quanto tutto il sistema sembra composto di persone ricche viziate, mafiose ed in una parola sola, inutili, dal punto di vista umano, mentre da quello commerciale, smuovono alla grande quello che una volta si definiva lo sterco del diavolo. Che però serve anche a concimare gli stadi, fino a che non metteranno l’erba sintetica. Le cronache, oltre a descriverci l’operosa opera degli operatori addetti che se ne stanno in alberghi ed aerei transoceanici a trattare contrattare e bistrattare giocatori, non fanno altro che metterci in guardia dai cattivi che non vogliono la tessera del tifoso. E sì che basterebbe abbinarci un nutrito catalogo con sconti fino al 50% per renderla più gradita. Sconti su telefonini e sms ovvio, l’unica cosa che tira in questi tempi oltre a Belen. Comunque tutti davanti alla tv, obbligati a sorbire pubblicità e descrizioni demenziali dai telecronisti di turno che dicono tutto tranne lo svolgimento della partita. Questo è il futuro: tutti a casa per non creare problemi all'ordine pubblico e per arricchire i soliti magnati dell'informazione, veri padroni del mondo.
E qui scattano i ricordi. 30-40 anni fa andavo tutte le domeniche allo stadio, o meglio solo quando giocava la mia squadra, la Lazio. Mio padre ci aveva giocato da giovane continuando una tradizione di famiglia che vedeva tutti noi fieramente romani da enne generazioni, e laziali fin dal 1900. Uscivamo presto di casa, con i panini che preparava mia madre. Di solito c’erano delle fettine o frittatine con le zucchine, e quando le partite cominciavano alle due, uscivamo alle 11. Si montava nella 500 che con il tettuccio aperto ci consentiva di tener fuori il bandierone e si andava verso lo stadio. Parcheggio in viale Angelico, ben lontani per evitare il traffico del ritorno e i posteggiatori abusivi. Bella camminata sul viale del foro italico sui marmi ed in mezzo ai venditori di giornali, panini, bibite e souvenir, oltre ai soliti bagarini. Noi avevamo la tessera. Nel caso ci fossero stati tifosi avversari, sarebbero stati benevolmente presi in giro. A mio padre la risposta pronta non mancava mai, anche a costo di fare a cazzotti. In curva ci tenevano i posti, sempre gli stessi, lontani dal casino: "Sor Albé venite da 'sta parte!" ci chiamavano. Cominciavamo a mangiare e bere e discutere con gli altri. Arrivavano gli “aranciobirracocacaffèborghetti” che ci passavano sempre davanti e ci dovevamo spostare. Gli spazi erano angusti: “a regà ma proprio de qua devi da passà? Essi bono passa dellà” dicevano un po’ tutti al bibitaro. Tra il primo ed il secondo tempo mi bevevo un oransoda ed andavamo tutti a pisciare virilmente nei cessi puzzolenti.
E di discussione in arrabbiatura si passava a brevi scazzottate ed offese verso gli altri che la pensavano diversamente su questo o quel giocatore. Ci si divertiva così. Le aste delle bandiere erano di legno proprio per darle in testa. Solo dopo era diventato obbligatorio il pvc. Ah, che nostalgia quando arrivavano i carabinieri e bloccavano mio padre che, insieme a altri suoi amici più matti di lui, come “er patata”, “bruscolino”, Ennio ed altri di cui non ricordo. L’azione si svolgeva in questo modo. Mio padre partiva verso l’avversario, meglio se romanista, di scatto coadiuvato dal “patata” (per il suo naso), mentre Bruscolino che era piccolo si nascondeva ed Ennio stava attento a me che ero ragazzino. Due calci ed un paio di cazzotti e finiva lì. Imparai a gustare l’acre sapore dell’adrenalina, specie quando arrivavano le forze dell’ordine con i lacrimogeni, e sciarpa davanti alla faccia pensavamo di stare a scrivere la storia. Ma poi quando si segnava e vinceva, ci abbracciavamo tutti e si chiedeva anche scusa a quelli più in là con l’occhio nero ed i testicoli doloranti.
Anche in trasferta, si partiva all’alba con l’850 coupé di Ennio. Io stavo dietro e mi mancava il fiato. Chi è entrato in quella macchina mi può capire, Mio padre stava stretto pure lui che era 1 e 90 per 120 chili di peso. Io ero l’addetto alla radio AM, pronto a girarla quando calava il segnale. Niente autoradio.
Ci si vedeva ad un certo punto all’appuntamento col patata e gli altri e si andava a mangiare e bere in trattoria, meglio se c’erano i camionisti. E poi via a far casino, dopo aver cercato lo stadio.
E oggi parlano di tessere del tifoso. Mio padre non c’è più da vent’anni, e sono gli stessi che non vado più allo stadio. Niente più “curve numerate”, niente più scazzottate, Ennio e gli altri non so più che fine abbiano fatto. Non li vedo dal funerale, quando gli misero una sciarpa biancoazzurra nella cassa. E mi sento abbastanza sicuro che a mio padre la tessera del tifoso non l’avrebbero mai data…
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Mi preme avvertire che tutto quello che leggerete è frutto della mia mente, anche quelle cose che sembrano scopiazzate. Potrebbe essere che siano stati altri a scopiazzare me. Avverto che l'aggiornamento viene effettuato quando mi pare e piace, anche se, sembra, lo faccia tutti i giorni tranne il sabato, la domenica ed i giorni di festa, quando non mi piace accendere il computer, anche se continuo ad interessarmi ai fatti del mondo e strombazzare il mio malcontento. Con questo intendo dire che non sono un giornalista e che questa non è una testata giornalistica e bla bla bla. Le foto che appaiono negli articoletti di solito le prendo facendo una ricerca su google immagini, ritenendo che siano libere di essere prese e schiaffate sul blog. Se ritenete che io non debba pubblicare una di queste immagini, mandatemi un messaggio ed io la toglierò nel più breve tempo possibile. Non chiedetemi soldi che tanto non ce li ho. Aggiungo pure che non lo faccio per il bisogno che grazie a Dio di bisogno ne ho abbastanza (Petrolini)...
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