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9 marzo ovvero il giorno dopo

Post n°211 pubblicato il 07 Marzo 2009 da il_presidente77
 

perché in molti posti
non c'è un otto marzo

Nel pensare e nel provare a scrivere qualcosa mi sono convinto che qualunque cosa, anche quanto fosse intelligente e acuta e non la riproposizione di qualche ovvietà stereotipata, risulterebbe alquanto banale se il contraltare reale alle mie parole sono tutte quelle donne (leggasi per esempio qui) che non hanno diritto a vivere non dico un 8 marzo, ma un giorno normale, a vivere. Perché forse non possiamo cambiare tutto, ma forse il solo pensarci aiuterà a cambiare noi e qualcosa intorno a noi. Però questo non dovrebbe valere solo per l'8 marzo.

 
 
 

Crash di James G. Ballard

Post n°210 pubblicato il 04 Marzo 2009 da il_presidente77
 

Crash - James G. BallardL'opera narrativa di Ballard è lento e incessante scavare nell'animo umano, un cercare di estrarne dei particolari anche piccoli. Ogni singolo scritto è un tentativo di sondare sempre più in profondità l'essere umano. Però è necessario considerare in contemporanea anche un'altra chiave di lettura di tutto l'excursus  letterario di Ballard ovvero quello per cui tutta la sua opera non è altro che una continua e incessante autobiografia (spirituale), anche quando i riferimenti autobiografici sembrano latenti. 
In questa ottica ogni opera è un tassello di quell'immenso puzzle che è l'anima dello scrittore. In questo puzzle che continua ad incrementarsi da circa cinquant'anni Crash si configura, per ammissione dello stesso Ballard,  come uno dei tasselli fondamentali.  D'altro canto Crash è una delle opere di Ballard di più difficile lettura, una di quelle opere che un lettore qualunque non può prendere in mano a cuor leggero. Infatti, ad un lettore che non abbia compiuto un "discreto" percorso di letture ballardiana risulta essere illeggibile, solo un'accozzaglia di eventi che sembrano a prima vista costruire un'enorme, contorta descrizione morbosa di perversioni a carattere tecnologico-sessuale (a scanso di equivoci non si tratta di un libro pornografico N.d.A.). Se invece si è già conoscitori di Ballard e si è un lettore "adulto" (ovvero un lettore che ha sviluppato un discreto senso critico),  si può apprezzare la lettura di questo libro, che è dannatamente ballardiano. È, infatti, scritto nel tipico stile di Ballard ovvero in modo freddo, quasi chirurgico, dove le parole sembrano dosate, ma capaci di lacerare, di ferire ad ogni momento e che fanno sprofondare il lettore nella scena narrata, stile narrativo dove violenza e sesso non sono orpelli fini a se stessi e usati, mostrati solo per turbare o affascinare il lettore, ma sono, quando presenti, parti integranti e necessarie della narrazione, dello scavare nell'animo umana. Sì perché è proprio l'analizzare l'animo umano lo scopo primario di questo romanzo, il cercare di capire come l'uomo sia influenzato dalla tecnologia e dalla nuova mitologia moderna, come le nuove icone moderne possano influire e divenir parte dei sogni e dei desideri.
Poi come avviene per qualunque opera di narrativa può piacere o non piacere, dato che non esiste un'opera che debba per forza essere apprezzata. In particolare il lettore può trovarsi spiazzato o addirittura turbato o disgustato (nel 1973 anno di pubblicazione l'impatto delle tematiche e il modo di affrontarle doveva essere molto più sconvolgente rispetto a quello ottenuto sul lettore odierno N.d.A.) da come vengono descritti i rapporti tra mitologie moderne e desideri anche a e soprattutto da un punto di vista sessuale. Ci sarà anche chi sintetizzerà il suo giudizio dicendo che è una di quelle opere che piacciono tanto ai critici letterari, ma che lasciano freddi la maggior parte dei lettori. Giudizio che può liberamente esprimere, anche se non mi troverà d'accordo.
C'è una cosa certa, che Crash non è un'opera narrativa nata per intrattenere il lettore, ma un'opera scritta per turbarlo, per farlo riflettere. Dalla sua lettura ognuno può trarre le sue proprie conclusioni, ma deve per forza aver una serie di strumenti in mano, che non significa aver compiuto un qualche percorso iniziatico, in caso contratrio rimarrà solo la superficie ovvero un connubio distorto di incidenti, esperienze sessuali e mitologia moderna.

 
 
 

Un mondo invisibile

Post n°209 pubblicato il 28 Febbraio 2009 da il_presidente77
 

Gli uomini sono molto fortunati, ma ne sono all’oscuro. Imperfetti, ma con doni di cui ignorano l’importanza. Me ne accorsi subito, ma li consideravo solamente strani e non provavo invidia.
Da bambino passeggiavo con mio padre nei cimiteri e loro sembravano correre. Noi lenti leggevamo le lapidi per scegliere un nome adatto a mia sorella, loro indaffarati non si fermavano. Mi sembravano così veloci e strani. Sempre in movimento e non un attimo per parlare con le anime ferme a tenere compagnia ai corpi sepolti. Pensavo fossero ciechi, invece sono solamente disturbati dalla luce del Sole. Infatti, hanno occhi ancora in grado di percepirla. Credevo che ciò fosse un difetto enorme, ma ero giovane e affrettato nei giudizi.
Mi sembrava impossibile non poter guardare il proprio mondo e credevo che il loro continuo correre dipendesse da questo problema. Ero giovane, stupido e avventato Non avevo, infatti, capito in cosa consistesse quella diversità che ci separa, che ci mantiene ancorati al medesimo mondo. Loro incapaci di vedere, noi di sognare. I loro occhi, infatti, risultano essere molto più acuti dei nostri, anche se meno efficienti. Non possono vedere le anime, tutti i gradi di nero che ci circondano e i loro stessi volti, ma in compenso gli permettono di visitare tutti i mondi che desiderano, anche se li costringono sempre a ritornare su questo mondo.
Ho capito poi anche il loro correre. Solo un modo per ingannarsi tra una partenza e l’altra. Supremo inganno che però si autoinfliggono è chiamare questo loro vedere immaginazione. Come se fosse possibile immaginare qualcosa oltre all’esistente. C’è già tutto.
Sono strani, stupidi, ma da invidiare per questa loro presunzione di essere dei, di poter creare. Però forse non ci riesco, perché mi ricordo sempre che non sanno ancora amare i cimiteri.

Questo post partecipa alla "sfida" del blog Tuttiscrittori di raccontare il proprio mondo invisibile in meno di 300 parole.

 
 
 

Una storia non credibile

Post n°208 pubblicato il 15 Febbraio 2009 da il_presidente77
 

Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima …
Era divenuta un pensiero costante, un ripetersi ciclico nella mente delle stesse frasi. Però la sua storia non era credibile. Suo padre se ne sarebbe accorto subito. Suo padre era bravo. Sapeva ascoltare e capiva l’essenza delle parole. Gli bastava guardarti negli occhi e non eri più tu a parlare a lui, ma lui ad ascoltare te. I suoi occhi ti osservavano, ti scrutavano e giungevano al tuo cuore. Lui ti stregava ascoltandoti e tu cominciavi a balbettare. Sembra facile parlare con il proprio padre, ma con lui si finiva sempre a balbettare, a dimenticarsi le parole.
Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima …
La storia era ben congeniata, non sembravano esserci problemi, però non funzionava. Pensò a modificarla per renderla più efficace, più incisiva, ma non gli venne in mente nulla. Era un giorno che ci pensava. Provò un’altra volta. Forse era la centesima volta. Uscì solo un sospiro. Era troppo lungo per significare solo delusione. Con la mente libera iniziò a raccontare la sua storia, anche se la strada era vuota e polverosa.
Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima …
Provò a migliorarne l’esposizione. Mutò il tono di voce quando necessario. Gesticolò con le mani per accompagnarne le parole e tenne lo sguardo fisso. Infine, immaginò che lì ci fosse suo padre. Gambe conserte, mano quasi immobile sul mento e occhi fissi nei suoi. Niente di nuovo. La storia non era credibile, anche se lì lo stava fissando solo una palma consunta e non suo padre. Immaginò i rimproveri. Una storia non credibile. Non gli sarebbe stato difficile capire che la sua storia non era credibile e avrebbe solo dimostrato che il giorno prima non aveva fatto il proprio dovere. Con rammarico si diresse verso casa.
Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima …

Attraversò la piazza, come sempre piena di uomini. Parlavano, discutevano, qualcuno fumava stanco. Avrebbe potuto fermarsi un attimo. Parlare con qualcuno. Immaginare che fosse suo padre e raccontargli la sua storia. Sarebbe stato solo un ingannarsi. Per loro era un ragazzino di undici anni che aveva abbandonato la scuola. Era uno dei tanti. Conoscevano suo padre, ma lui non era suo padre. Forse gli avrebbe concesso un attimo. Lo avrebbe ascoltato, prima di scuotere la testa e di dargli una moneta per rincuorarlo. Un rimborso per la sua delusione. Un comprare il suo silenzio. Però decise di provare lo stesso.
Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima …

Contò le monete nel cappello. Diversi uomini si erano fermati. Alcuni attenti, altri distratti, alcuni per poco, altri, meno di dieci, per tutta la storia. I loro volti avevano ascoltato. Non li conosceva, ma erano uomini della piazza e si erano fermati per la sua storia. Le monete erano il segno della loro riconoscenza. Quei loro volti erano la vera soddisfazione. Era la prima volta che la piazza lo accettava, che decideva che poteva inseguire il suo sogno. Nessuno dei suoi sei fratelli desiderava essere come loro padre: uno che racconta storie alla piazza. Suo padre raccontava storie alla piazza da quaranta anni. Ripensò alla sua storia. Accettata, ma comunque ancora non bella. A suo padre non sarebbe piaciuta, ma lo avrebbe aiutato. Era lui che gli aveva insegnato a mutare la voce, a gesticolare e a scegliere gli uomini da fissare per stregare tutti gli altri. La sua storia era veramente un pensiero ricorrente e non voleva ignorarla. Non erano frasi ripetute, ma qualcosa di vivo. Ci sarebbero voluti anni per imparare l’arte di raccontare storie, ma era giovane e aveva un ottimo maestro, intanto continuò a rivivere la sua storia.
Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima …

Questo post partecipa al gioco narrativo Incipit indetto da Writer

 
 
 

Commiato a Lino Aldani (29 marzo 1926 – 31 gennaio 2009)

Post n°207 pubblicato il 02 Febbraio 2009 da il_presidente77
 

Lino AldaniOgni volta che uno scrittore che ti dona emozioni ti abbandona, sai esattamente che la campana è suonata anche per te. Così è successo quando ho ricevuto la notizia della morte di Lino Aldani un grande scrittore che ha la sfortuna o la fortuna di essere molto poco conosciuto in Italia.


Come fanno in molti in questi giorni anch'io riporto un semplice giudizio espresso da Oreste del Buono sulle sue opere:


"E’ un’autentica vergogna che [le opere di Lino Aldani] non si trovino neppure nelle librerie specializzate, un’imperdonabile vergogna cui bisogna cercare di riparare al più presto"

 
 
 
 
 

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