Il peso non può mai esser persuaso

 

Carlo Michelstaedter, Autoritratto (1908; acquerello e lapis, 9 x 8 cm; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM V 44)

Carlo Michelstaedter, Autoritratto

Carlo Michelstaedter morì suicida a 23 anni. Aveva capito tutto troppo presto. Il suo La persuasione e la rettorica è un libro che andrebbe letto dopo i 50, quando il disincanto è così radicato da far apparire stagnanti le acque perigliose.

PREFAZIONE

Io lo so che parlo perché parlo ma che non persuaderò nessuno; e questa è disonestà – ma la rettorica ἀναγκάζει με ταῦτα δρᾶν βίᾳ – o in altre parole «è pur necessario che se uno ha addentato una perfida sorba la risputi».

Eppure quanto io dico è stato detto tante volte e con tale forza che pare impossibile che il mondo abbia ancor continuato ogni volta dopo che erano suonate quelle parole.
Lo dissero ai Greci Parmenide, Eraclito, Empedocle, ma Aristotele li trattò da naturalisti inesperti; lo disse Socrate, ma ci fabbricarono su 4 sistemi. Lo disse l’Ecclesiaste ma lo trattarono e lo spiegarono come libro sacro che non poteva quindi dir niente che fosse in contraddizione coll’ottimismo della Bibbia; lo disse Cristo, e ci fabbricarono su la Chiesa; lo dissero Eschilo e Sofocle e Simonide, e agli Italiani lo proclamò Petrarca trionfalmente, lo ripeté con dolore Leopardi – ma gli uomini furono loro grati dei bei versi, e se ne fecero generi letterari. Se ai nostri tempi le creature di Ibsen lo fanno vivere su tutte le scene, gli uomini «si divertono» a sentir fra le altre anche quelle storie «eccezionali» e i critici parlano di «simbolismo»; e se Beethoven lo canta così da muovere il cuore d’ognuno, ognuno adopera poi la commozione per i suoi scopi – e in fondo… è questione di contrappunto.

Se io ora lo ripeto per quanto so e posso, poiché lo faccio così che non può divertir nessuno, né con dignità filosofica né con concretezza artistica, ma da povero pedone che misura coi suoi passi il terreno, non pago l’entrata in nessuna delle categorie stabilite – né faccio precedente a nessuna nuova categoria e nel migliore dei casi avrò fatto… una tesi di laurea. 
PARTE PRIMA
DELLA PERSUASIONE
So che voglio e non ho cosa io voglia. Un peso pende ad un gancio, e per pender soffre che non può scendere: non può uscire dal gancio, poiché quant’è peso pende e quanto pende dipende.
Lo vogliamo soddisfare: lo liberiamo dalla sua dipendenza; lo lasciamo andare, che sazi la sua fame del più basso, e scenda indipendente fino a che sia contento di scendere. – Ma in nessun punto raggiunto fermarsi lo accontenta e vuol pur scendere, ché il prossimo punto supera in bassezza quello che esso ogni volta tenga. E nessuno dei punti futuri sarà tale da accontentarlo, che necessario sarà alla sua vita, fintanto che lo aspetti (ὄφρα ἂν μένῃ αὐτόν) più basso; ma ogni volta fatto presente, ogni punto gli sarà fatto vuoto d’ogni attrattiva non più essendo più basso; così che in ogni punto esso manca dei punti più bassi e vieppiù questi lo attraggono: sempre lo tiene un’ugual fame del più basso, e infinita gli resta pur sempre la volontà di scendere. 
Che se in un punto gli fosse finita e in un punto potesse possedere l’infinito scendere dell’infinito futuro – in quel punto esso non sarebbe più quello che è: un peso. La sua vita è questa mancanza della sua vita. Quando esso non mancasse più di niente – ma fosse finito, perfetto: possedesse sé stesso, esso avrebbe finito d’esistere. – Il peso è a sé stesso impedimento a posseder la sua vita e non dipende più da altro che da sé stesso in ciò che non gli è dato di soddisfarsi. Il peso non può mai esser persuaso.
Carlo Michelstaedter, Dicembre (poesia, Vigilia di Natale 1909; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM III 1-10)
Carlo Michelstaedter, Dicembre (poesia, Vigilia di Natale 1909; Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM III 1-10)
Carlo Michelstaedter, postille manoscritte sul volume Giacomo Leopardi. Canti. Roma, Oreste Garroni, 1905, p. 62-63 (Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM VI 1)
Carlo Michelstaedter, postille manoscritte sul volume Giacomo Leopardi. Canti, Roma, Oreste Garroni, 1905, p. 62-63 (Gorizia, Biblioteca Statale Isontina, FCM VI 1)
Il peso non può mai esser persuasoultima modifica: 2024-05-20T12:39:29+02:00da hyponoia

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