Ciao Diego!

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Cosa scrivere che in queste ore non sia stato scritto? Francamente è difficile, perché si rischierebbe di cadere nella banalità e lui di certo banale non lo è mai stato. Si rischierebbe di essere retorici e lui non lo era.

Ci viene in mente ciò che anni fa Ken Norton, uno degli avversari storici di Muhammad Alì, dichiarò del suo celebre rivale: “Il mondo della boxe deve ad Alì ben più di quello che Alì deve alla boxe”. Alì e Maradona sono stati personaggi totalmente differenti, ma entrambi due leggende nei loro rispettivi sport.

Crediamo che di ciò che disse Norton si può fare tranquillamente una trasposizione e dire che “Il mondo del calcio deve a Maradona ben più di quello che Maradona deve al calcio”.

Perché Maradona è stato, è, sarà sempre Maradona.

E’ stato ciò che noi, bambini negli anni ’80, sognavamo di essere all’epoca.

Perché  chi di noi, quando lo ha visto fare quel goal fenomenale all’Inghilterra, in cui saltò gli avversari come birilli, non ha pensato che quello non era solo un uomo, era una specie di  supereroe?

Poi però, sono venuti fuori i suoi vizi, la sua incapacità di gestire il successo, la sua fragilità, che ci hanno fatto capire che anche lui, sebbene col pallone fosse in grado di fare ciò che voleva, era soltanto un uomo.

Quando fece quel celebre goal su punizione alla Juventus (nel 1985), da tutti definito la più bella punizione di sempre, riuscì persino a sfidare le leggi della fisica giacché sembrava impossibile, dalla posizione in cui calciò, effettuare il tiro che effettuò.

Sembra anche impossibile che chi ha il coraggio e il genio di sfidare la fisica, perda poi se stesso come gli è capitato negli anni a seguire.

Noi però siamo appassionati di calcio e negli occhi avremo sempre prima di tutto il Maradona calciatore, ovvero una leggenda per quello che i suoi piedi ci hanno fatto vedere.

Su Maradona uomo, lasciamo il giudizio a Dio.

R.I.P. Diego, mito della nostra infanzia.

Le Notti Magiche trent’anni dopo

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( Un’immagine simbolo dei Mondiali del 1990: Salvatore Schillaci e i suoi occhi carichi di grinta)

Trent’anni fa, in questi giorni iniziarono i Mondiali di calcio ospitati dall’Italia.

I Mondiali delle “Notti Magiche”, della grande illusione di vincerli e della grande delusione nel perderli ai rigori contro l’Argentina.

I Mondiali che dovevano essere di Vialli, ma furono di Totò Schillaci e dei suoi occhi spiritati, che in seguito non avremmo più rivisto, con grande rammarico dei tifosi juventini, interisti (Schillaci nel 1992/93 passò all’Inter) e italiani.

I Mondiali in cui si cominciò ad intravedere a livello internazionale la grandezza di Baggio.

I Mondiali che, dopo trent’anni, ci fanno chiedere ancora: “Ma che cazzo di uscita ha fatto Zenga?”

I Mondiali che, all’ultima partita, ci hanno fatto tifare per i tedeschi, i rivali di sempre (soprattutto in  duelli tremendamente più drammatici  di una partita di calcio) pur di non vedere Maradona alzare la Coppa, dopo che ci aveva eliminato e dopo che aveva cercato di portare, nella sfida con l’Italia, lo stadio San Paolo dalla sua parte rivangando addirittura la dominazione dei Borbone.

I Mondiali della Germania e di Lothar Matthaus, perché se la storia la scrive chi vince, in quel torneo la scrissero loro.

I Mondiali in cui quasi tutti noi avemmo una seconda squadra per cui tifare: il simpaticissimo Camerun, che fu eliminato dagli inglesi ai quarti disputando un torneo egregio.

I Mondiali in cui temevamo l’arrivo degli hooligans, ma ci pensarono i sardi ad addomesticarli.

I Mondiali degli sprechi, in cui furono realizzati stadi senza senso come il Delle Alpi, che solo sedici anni dopo sarebbe stato demolito, oppure in cui si ristrutturarono stadi talmente bene che non riusciva entrarci un’ambulanza (l’Olimpico di Roma).

I Mondiali di Matarrese, che l’anno dopo riuscì a far giocare la Finale di Champions League a Bari.

I Mondiali di Luca Cordero di Montezemolo, che come Presidente del Comitato Organizzatore della manifestazione (incarico ottenuto, crediamo, grazie anche alla benevolenza delle alte sfere FIAT) tornò in auge e i Mondiali della battuta che tutti all’epoca facevamo su di lui: “Montezemolo  di giusto ha fatto solo una cosa, mettersi con la Fenech”.

I Mondiali di Giulio Andreotti, che in quel periodo era Presidente del Consiglio, tanto per cambiare.

I Mondiali che furono una festa, ma che come tutte le feste, finirono.

Il giorno dopo Germania-Argentina, si tornò alla normalità.

Si sarebbe tornati a parlare delle beghe fra i partiti, un mese dopo Saddam Hussein avrebbe invaso il Kuwait (dando vita al prologo di quella che sarebbe stata la Guerra del Golfo), ma soprattutto finì quell’aria di festa che regnava nel paese.

Il 9 luglio, il giorno dopo in cui Matthaus alzò al cielo la Coppa del Mondo, fu come il primo giorno di scuola dopo che si è stati in vacanza.

Il problema è che le vacanze l’anno dopo ritornano, i Mondiali di calcio in Italia, chissà quando e se ritorneranno…

Maradona o Messi? Cassano ha risposto, ma noi facciamo ricorso

In questi giorni sui social, un po’ per far passare il tempo, un po’ per cercare di non avere sempre la testa sul dramma che questo mondo sta vivendo, vengono fatti, per gioco, mini-sondaggi (a cui abbiamo partecipato anche noi), del tipo: “Chi è stato il portiere più forte, chi è stato il difensore più forte..” e così via.

Dev’essere questo che forse ha spinto Ivan Zazzaroni ad intervistare, in un video disponibile su twitter, Antonio Cassano. Ora, crediamo che con ciò che stiamo vivendo, in pochi si saranno chiesti cosa stesse facendo Cassano, Zazzaroni è evidentemente uno di questi e ha chiesto, in un’intervista, all’ex talento (in buona parte sprecato) di Bari Vecchia chi fosse più forte tra Messi e Maradona. Cassano ha risposto Messi.

Ognuno ha i suoi gusti, ma la spiegazione: “Messi gioca bene da 15 anni, Maradona solo 4 anni al top”, fa cagare pure gli stitici e spieghiamo perché.

Fermo restando che Messi è Messi e il suo valore non va discusso, dire che Maradona ha giocato solo 4 anni al top fa bestemmiare non solo noi, amanti del calcio che fu, ma chiunque amante del bel calcio in generale.

Cassano dimentica che nel 1979 Maradona era già Maradona, realizzando un goal da centrocampo che ancora oggi fa emozionare.

Cassano dimentica che a Barcellona Diego faceva ciò che fece Messi dopo, senza però avere Xavi e Iniesta che dominavano gli avversari a centrocampo a rendergli più facile la vita.

Cassano dimentica che nel 1984, al Napoli, realizzò già il primo anno reti da antologia.

Cassano dimentica che, nel 1985, Maradona segnò a Tacconi forse il più bel goal su punizione mai realizzato (quello in cui disse ai suoi compagni, che si lamentavano per la distanza della barriera: “Tanto gli faccio goal comunque” e così fu).

Cassano dimentica che in America, nel 1994, prima che Baggio esplodesse dagli ottavi di Finale in avanti, l’unico campione che emozionò il pubblico in un Mondiale tecnicamente scadente fu proprio Diego Armando, poi squalificato in maniera molto ma molto discutibile.

Cassano dimentica soprattutto che Messi ha fatto 15 anni al top, è vero, ma non in Nazionale, dove in fin dei conti, non ha lasciato mai del tutto il segno. Il fatto che i suoi compagni di squadra del Barcellona invece, abbiano costituito, insieme ad altri, una delle Nazionali più forti (e più vincenti) di tutti i tempi, fa capire che la grandezza di Leo è stata anche dovuta al fatto di avere a fianco Xavi, Iniesta e Piqué.

Diego invece ha vinto in un Napoli (quello del 1987) forte, ma dove gli Xavi e Iniesta si chiamavano Fernando De Napoli e Francesco Romano, mentre Piqué si chiamava Moreno Ferrario, con tutto il rispetto.

Ma soprattutto vogliamo dire che in Nazionale Diego il segno l’ha lasciato (eccome!), vincendo un Mondiale quasi da solo (tolti Valdano e Burruchaga, gli altri otto della formazione hanno brillato di luce maradoniana ed erano onesti giocatori, ma nulla più). Chissà come mai, quando si parla di Mondiali, fanno sempre vedere il goal (ma cosa diciamo goal, capolavoro d’arte!!!) che Maradona fece all’Inghilterra partendo dalla propria metà campo, ma goal di Messi non ne fanno vedere….

Che Messi abbia avuto una carriera più lunga è indiscutibile, vogliamo anche dire che oggi vi sono regole che favoriscono molto di più gli attaccanti rispetto ad un tempo.

Oggi appena un attaccante viene sfiorato sta dieci minuti per terra, il difensore rischia subito un’ammonizione. Ai tempi di Diego non era così, si diceva che se uno aveva paura di farsi male, doveva giocare alle bocce e non al football.

Per intenderci, la famosa marcatura che Gentile fece su Maradona, allora era la prassi, era considerata dura ma leale (ed è così che intendiamo considerarla anche noi), oggi con le regole che ci sono il difensore azzurro rischierebbe di andare sotto la doccia dopo mezz’ora.

In conclusione, Cassano ha tutto il diritto di pensarla diversamente da noi, ci mancherebbe, ma la giustificazione che fornisce lascia il tempo che trova.