Messaggi di Aprile 2014

Birra cervellotica

Post n°1412 pubblicato il 14 Aprile 2014 da kremuzio
 
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Sappiamo tutti che in alcune birre c’è un vermetto dentro, e dicono che sia proprio questo a dargli un buon sapore, per cui se ci si vuole mettere all’interno qualche altra cosa particolare, come uno scarafaggio, un funghetto o un dito mozzato, non può che migliorare l’appeal del prodotto.

Sarà per questo che un birraio artigianale, fan della serie di zombie “the walking dead” ha deciso di stupire e meravigliare i propri clienti, presentando una birra dal gusto veramente particolare.

Partendo da una base tipo “American Pale Stout”, dal sapore delicato, aggiunge un po’ di cervello. Purtroppo non è un cervello umano, ma di capra, e per di più affumicato. Ben poco zombesco, però. Più che altro sembrerebbe una birra per capre cannibali zombi, stanche di leccare sale.

Questa birra, chiamata “Dock Street Walker” ha quindi un retrogusto di affumicaticcio, probabilmente simile a quello delle buste di plastica biodegradabili, tanto per ricevere un brivido di disgusto. Che se venisse in mente un pollo arrosto, l’orrore andrebbe a farsi benedire, se non pensate come una gallina.

Ma non basta, ovviamente. Mica potete solo scriverci sopra che si tratta di cervello. Anche l’occhio vuole la sua parte, specie se non si vedono brandelli di cellule neurali galleggiare nel biondo liquido. Per questo occorre un colore più sanguinolento. Niente sangue però o altro fluido vitale umano o animale, ma un bel succo di mirtilli. Che fregatura!

Anche riguardo gli slogan pubblicitari, il produttore lascia un po’ a desiderare. Partito con l’incensamento della birra considerata la più intelligente, anche l’uso dell’aggettivo “cervellotico” sembra esagerato. Ci fosse un buono, sano, cervello umano appartenente ad un professore universitario o un artista, saremmo anche d’accordo, ma cosa potrebbe darci di buono il cervello di una capra? Farci diventare tutti Sgarbi?

 

 
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Ricordi superstar pasquali

Post n°1411 pubblicato il 11 Aprile 2014 da kremuzio
 
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Come in tutte le Pasque torna in televisione ed anche in teatro il grande musical Jesus Christ Superstar, che a quelli della mia generazione ritorna prepotentemente alla memoria. Ricordo benissimo il doppio LP con le ottime musiche di Andrew Lloyd Webber. Un vero capolavoro, anche se la storia la conoscevamo già, c’erano atmosfere hippies e pacifiste ambientate in uno pseudo deserto palestinese con scenografie tra l’antico ed il moderno, godibilissime.

A quel tempo, nel 1973, le ragazze della mia classe si erano imparate a memoria le canzoni, tutte, e le cantavano durante le ricreazioni ed alcune ore di lezione noiose. A noi maschietti piaceva canticchiarne alcune con Caifa ed Erode, personaggi ben più pittoreschi del povero Gesù che sembra fare una parte secondaria nella storia. Storia che vede, a posteriori, come protagonista Giuda, che guarda caso è un nero. Cosa che fece imbestialire abbastanza i progressisti dei diritti umani. Qualche noiosa canzone, seppur bellina, tristemente cantata da alcune attrici, ed alcuni episodi di prorompente vitalità con balletti saltellanti con protagoniste procaci e discinte, giusto per attirare l’attenzione in un ambiente gay e quasi trans.

Un discorso a parte merita l’attore nel ruolo di Pietro, l’attore Paul Thomas, diventato famoso in seguito per altre interpretazioni che lo vedono all’opera in ruoli ben diversi, quelli dell’attore ed in seguito del regista porno.

Ma come bel ricordo mi viene in mente di quella volta che in gita a Londra con la classe, in quella lontana vacanza pasquale a Londra (non ricordo l’anno, tra il 74 ed il 76), decidemmo, invece di giocarci i soldi alle slot machines o fare shopping in Carnaby Street, di recarci ad assistere all'opera proprio nel teatro dove gli attori originali dello spettacolo, invece che del film, urlavano le loro canzoni senza gli scenari aperti della pellicola.

Che avremmo anche potuto ascoltare se le nostre beneamate compagne non si fossero portate le parole delle canzoni e facendo un gruppetto a parte riuscivano quasi a coprire l’amplificazione con le loro vocine adolescenti in coro.

Comunque alla fine, era meglio il film.

E consci di questo, una volta finita la recita, come al solito non si sa da dove fosse comparso un pallone, ci mettemmo a giocare a calcio in mezzo a Piccadilly Circus.

 
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Peluria ascellare e bellezza naturale

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Il progetto “bellezza naturale” (Natural beauty) del fotografo londinese Ben Hopper, ci serviva. Perché forse stiamo perdendo di vista quello che è la vera natura umana, dal punto di vista fisico. Troppo spesso ho dovuto combattere contro la “normalità” della moda, dell’apparenza, che mi faceva sentire come un maniaco. Ebbene sì, mi piacciono le ascelle femminili con un filo di peluria. È un guaio! Chi dice che il pelo sia brutto? A parte il fatto che è stato creato apposta come diffusore di sostanze aromatiche sicuramente per l’attrazione sessuale feromonale, poi richiamando nella forma e lo spessore quello di altre parti più nascoste ed intime, rappresenta una specie di biglietto da visita intimo della persona. Questa è antropologia, mica chiacchiere di corridoio!

Per questo spero che dal clamore suscitato da queste bellissime foto, si possa fare quel salto nella concezione estetica della bellezza naturale. Con un variegato numero di modelle attrici e semplici belle ragazze, Hopper ha cercato di spiegare visivamente come una donna con peluria in quei posti non debba essere per forza brutta.

Il progetto nacque nel 2007, come denuncia del lavaggio del cervello cui sono sottoposte le donne ed è tornato in questi giorni con un book fotografico in pubblicazione.

Ok, lo capisco benissimo che mentre pare che il mondo vada esattamente nella direzione opposta, con un livellamento dei tratti somatici, con un ricorso sempre più scriteriato alle chirurgie che trasformano le donne in mostri rigonfi di silicone, finte, uguali tra loro, che a volte incutono ribrezzo. Ebbene sì, dovremmo dire in faccia a tutte quelle signore che si rifanno i connotati senza cervello, che fanno veramente schifo, che diventano tutte uguali, innaturali, maschere paurose da civiltà postatomica.

Buttiamola sul proposito di libertà, perché l'idea che il pelo è brutto è stata inculcata dalla società piccolo borghese schiava dei messaggi pubblicitari, una imposizione cui poi ci si adegua perché “è così”.

Lasciar crescere il pelo, senza esagerare, sotto le braccia, sarebbe un passo in più per riappropriarsi del proprio corpo, per sfatare i miti di bellezza imposto dai media e dalla cosmetica.

La scusa che viene portata avanti per il taglio netto e deciso è quello che il pelo fa puzzare, Ma sappiamo tutti che non è vero. Invece di insistere con le sostanze chimiche deodoranti, basterebbe lavarsi con un sapone neutro. Niente di più semplice e naturale.

Sembra una guerra persa in partenza, proprio quando pare che l’insana moda della depilazione sia giunta addirittura nel mondo maschile. Orrore! Mi fanno un po’ senso vedere addirittura in tv ragazzi ostentare una pelle liscia e senza ombra di peli. Qualcuno spieghi loro quale sia la differenza tra uomini e donne una volta giunta la pubertà. Diventare efebici potrà piacere forse ad una sparuta minoranza di fichetti con poco sale in zucca, quelli che vivono per la palestra ed i centri estetici, che dicono che i peli sono scimmieschi con ragionamenti che fanno ridere per quanto insostenibili. Ma forse sarebbe meglio inculcare in costoro il concetto di naturalezza, parola scomparsa dal loro misero vocabolario.

Ogni tanto ritorno su quest’argomento che mi sta abbastanza a cuore. Non per crearmi un alibi riguardo i miei gusti estetici e sessuali, non per tranquillizzarmi ripetendomi che non sono un maniaco perché mi piacciono le donne semplici e naturali, non perché mi piace inebriarmi nel profumo femminile vero, quello della pelle, dei capelli, ma perché mi piacerebbe che ci fosse una controtendenza nei gusti della nostra civiltà, che le argomentazioni fisiologiche, antropologiche e culturali che sono durate fino ad una quarantina di anni fa, continuino ancora. Che non è possibile che da quando le lobbies delle industrie cosmetiche hanno deciso di cambiare il nostro cervello ora sia diventato rarissimo osservare in natura una donna con una minima, bellissima, conturbante, peluria ascellare…

E posso dire a testa alta, con Ben: “Maturando come persone (e lui come artista), abbiamo realizzato che I liked [armpit hair]” 

 
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Foto, soggetti ed inquadrature (souvenir d'Italie)

Post n°1409 pubblicato il 09 Aprile 2014 da kremuzio
 
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Non so se farmi pagare delle royalties per la mia immagine rubata da un sacco di persone quasi a mia insaputa. Magari, se qualcuno di voi è passato per Roma ed è andato a fare il turista a piazza S.Pietro, se controlla bene nelle foto, forse mi ci vede. Di solito sono vestito con un giaccone verde scuro, sguardo immerso nei pensieri, pezzo di pizza rossa in mano e passo spedito. Molte volte mi trovate in primo o primissimo piano, ma credo sempre a fuoco.

Il fatto è questo. All’ora di pranzo o meglio durante le ore di pausa, che sono ben due, mi faccio lunghe e ricche passeggiate dalle parti del colonnato, ricordando quando ero ragazzino e là sotto ci giocavamo a pallone. In mezzo alla piazza no, che era un enorme parcheggio. Dopo aver preso un pezzo di pizza rossa da un fornaio chiamato “dalle trucide” il perché lo so io, con questo fardello saporito ed unto vado ad ingerire calorie e bruciarne altrettanto.

Di questi tempi, e sempre più, la zona è sovrappopolata da fauna turistica, attorniata da altra fauna rompipalle che cerca di vendere qualcosa ai turisti, dalla cartoline ai souvenir fatti a Napoli ed in Cina, all’offerta di tour turistici da parte di indianoidi e stranieri che dicono di sapere tutto della Cappella Sistina, a vecchi sdentati che vi dicono che nella trattoria là si mangia benissimo alla romana pizza spaghetti e lasagna surgelati ma cotti al microonde, con parlata americana ed altre fantozzate.

Ed in mezzo a queste migliaia di brulicanti persone, mi incammino invisibilmente pensando ai fatti miei e sbirciando le turiste più carine e meno vestite, e  mi accorgo che mi stanno facendo fotografie.

Per essere preciso, non è che mi scelgono come soggetto, solo che capito nello spazio ripreso dall’obbiettivo mentre stanno prendendo immagini dei loro amici/amiche in posa divertita, sexy e turistica. All’ombra del cupolone, delle colonne e delle fontane. Ma giuro non lo faccio apposta. Una volta quando vedevo una giapponese in posa con le dita a V ed un’altra che prendeva la mira, mi fermavo ed aspettavo.

Ora me ne frego.

Che se dovessi aspettare tutti quelli che scattano foto, dopo rapidi calcoli, se immaginiamo 10 secondi per la premuta del pulsante una volta scelta l’angolazione e la posa, perderei almeno 1000 secondi ogni volta, almeno un quarto d’ora o forse più. Che se si vedessero tutti i raggi d’azione di tablet e cellulari in preda alle raffiche di foto, ci sarebbe un reticolato off limits che neanche nei film di mission impossible!

Ed allora vi pare che io mi metta ad aspettare i porci comodi dei turisti che si mettono a riprendere immagini di cose stupide, dal piccione ubriaco alla cacca di cane? Non sia mai. Ed eccomi nelle foto di tutti quelli che incontro!

Mi rimane un cruccio però, considerando che sempre più turiste si scattano dei selfie da sole o in compagnia, devo affinare la mia presenzialità passando per caso dietro le teste di costoro, magari ammiccando o accennando smorfie, da bravo vecchio brontolone.

 
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Non darla ad un russo!

Post n°1408 pubblicato il 08 Aprile 2014 da kremuzio
 
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Sono ormai un paio di settimane che l’iniziativa di donne ucraine è cominciata. Si chiama, tradotta “non darla ad un russo” e penso non ci sia bisogno di specificare cosa. La pagina originale su Facebook è questa, ma ci sono un po’ di dubbi sull’effettiva motivazione di una simile iniziativa di protesta, apparentemente. Tanto per cominciare sembra che sia una enorme pubblicità per le magliette di protesta, al punto tale che sorge il dubbio si tratti di una iniziativa commerciale.

Secondo poi, la pagina è scritta in russo e non in ucraino. E questo aumenta il dubbio sulla genuinità della campagna.

La protesta ricorda quella vecchia commedia “Lisistrata” di Aristofane, poi trasportata ai giorni della guerra fredda con quel “un trapezio per Lisistrata” di Garinei e Giovannini. La storia racconta come le donne spartane ed ateniesi si mettono d’accordo nel non concedersi ai mariti finché perpetrassero con le guerre tra di loro. Un’antica concezione del “fate l’amore non fate la guerra”.

Forse proprio per questo il messaggio è in russo? Infatti le ucraine sembrano rivolgersi alle donne russe chiedendo di fare la stessa cosa poiché i loro uomini stanno per lasciarle sole allo scopo di andare in guerra.

Dal punto di vista antropologico mi sembra interessante il disegno che si trova sulla maglietta:

Che da una parte sembra una ricostruzione simbolica dell’organo riproduttivo femminile, e dall’altra le m ani messe così sembrano pregare per una richiesta. La posizione delle dita appare realistica anatomicamente, e magari se ci girasse un uomo potrebbe, con l’ignoranza dell’alfabeto cirillico e della traduzione da una lingua a noi così lontana, apparire come un’esortazione tipo “vi prego, datemela!”.

Ma c’è stata anche una risposta abbastanza volgare da parte dei russi, con una loro maglietta che esorta a non pagare le prostitute ucraine:

E torniamo a bomba sulla rappresentazione grafica e simbolica di questa nuova t-shirt: oltre alla forma delle mani ormai famigliare, c’è anche un’altra mano, messa a pugno con il pollice infilato tra l’indice ed il medio. Adesso non so quale sia il significato dato a questa posizione dai russi. Ma si tratta dell’antico simbolo romano della “fica”, anche greco, un portafortuna contro il malocchio per scongiurare un cattivo presagio o alla presenza di una gobba. Gli antichi le davano un gran potere, in quanto tutto quello che attiene ai genitali allontana la jettatura.  Vanni Fucci nell’inferno dantesco alza ambedue le mani messa a fica dicendo “togli”, parola classica da aggiungere al gesto.

poi modernamente attribuita ai brasiliani e denominata “figa brasileira” con quella “g” che a noi romani da’ tanto fastidio gutturalmente…

Chissà che significa per i russi. Forse una moneta da negare come pagamento?

Comunque pare che per riempire il vuoto accoppiatorio, si siano fatti avanti molte altre popolazioni ed etnìe, forse per solidarietà. Tra le quali, sono sicuro, ci sono anche gli italiani…

"Innamoratevi, fanciulle dalle scure sopracciglia, ma non con i Moscali [i russi]" (Taras Shevcenko, 1838)

 
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Fetori

Post n°1407 pubblicato il 07 Aprile 2014 da kremuzio
 
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Le disgrazie non vengono mai sole. Prova ne è quel che è accaduto nel mio condominio, se di disgrazie possiamo parlare invece di sfortunati accadimenti. La storia comincia qualche giorno fa, quando rientrando una notte sento un vago odore di cadavere. Sniffando per il sottoscala, alla ricerca di una salma, trovo dietro una rete divisoria nel casottino dell’ascensore un topo morto per gli effetti delle esche velenose. Beh, il poverino, di una ventina di centimetri circa, giaceva espandendo il richiamo per mosche dato dal suo inizio di putrefazione. Le narici cominciavano a soffrirne, ma sapendo che un paio di giorni dopo sarebbero passati quelli delle pulizie a rendere lustre le scale (si fa per dire), vado a dormire tranquillo sei piani più in alto.

In pratica però ormai dopo 5 giorni, il caro roditore estinto è ancora riverso in quel triste angoletto. La puzza arriva al terzo piano, e qualcuno cerca di ovviare spandendo orridi deodoranti spray economici nei vari piani, inutilmente.

Ormai la puzza è tremenda. Nessuno di quelli che abitano a pochi metri dalla cameretta ardente ha osato buttarci sopra, se non rimuovere, i miseri resti brulicanti di bigattini. A questo punto, non so come facciano a resistere, visto che dei tre appartamenti nessuno ha mosso un dito. Io faccio solo pochi metri senza respirare ma poi non ci penso più. Loro invece ci vivono. Come quando si rompe l’ascensore e nessuno chiama l’assistenza. Come quando si brucia la lampadina ad un piano e nessuno chiama l’amministratore. Boh. Stavolta il topo morto non lo pulirò certo io. Al massimo ci porto un fiore.

Mentre stanotte, ecco che un’esplosione sorda che fa vibrare i vetri mi risveglia dal torpore del primo sonno. Attorno all’una di notte. Aspetto che arrivi qualche sirena. Ancora piccoli scoppi e cani che abbaiano. Penso a qualche piccolo attentato o a qualcuno che festeggi le corna che ha in testa in un orario in cui si dorme.

Mi affaccio alla finestra e sotto la Luna ed una stellina luminosa si sente una puzza acre di plastica bruciata, forse di copertoni. In breve la terribile atmosfera urticante arriva a riempire il corridoio. Non sono il solo ad affacciarmi. Passa un camion dei pompieri. Mezzo condominio è affacciato e richiude velocemente le finestre. Sigillo subito avvolgibili vetri e porte. Comincia a far caldo ma per fortuna non ci sono zanzare in agguato. E’ difficile addormentarsi tra altri scoppi sirene ed un clacson che suona. Un paio di auto in fiamme a cento metri da casa. Oggi si vedono i danni, per fortuna non ingenti se non per i proprietari delle automobili.

Ma che puzza!

 
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Giornalacci e piacere solitario (r)

Post n°1406 pubblicato il 05 Aprile 2014 da kremuzio
 
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Dalla rubrica “lettere al direttore pubblicata sulla rivista inglese “Daily sports”: “ Sto pensando di diventare monaco e di trasferirmi in monastero. L’ordine che ho scelto è stato fondato in Grecia, prescrive una rigida clausura. Il mio problema è che, da quando ho 11 anni (ora ne ho 34) mi masturbo almeno tre volte al giorno. Non solo, quando raggiungo l’orgasmo grido come un matto, e urlo varie oscenità rivolte contro me stesso. Vorrei chiederle come posso riuscire a controllarmi.”

Ahhh, quanto avrei voluto che questa lettera fosse stata inviata a me. Come presupposto dovrei essere stato il direttore di quella rivista trash però.

Si tratta di una rivista molto venduta in Gran Bretagna, sorella del “Sunday sport” tabloid popolari ad alta tiratura. Quasi metà di queste riviste erano riempite da foto e notizie riguardanti il vasto panorama di stelline e veline inglesi. Parlo di riviste che sono ancora nelle edicole. E sono ben più vistose della nostrana “Cronaca vera”.

Ma non voglio discorrere dell’utilità o meno di queste riviste per l’immaginario erotico maschile d’oltremanica. Mi piacerebbe invece, a distanza di tempo (quella lettera dovrebbe avere una ventina d’anni), rispondere a quel lettore.

Caro lettore, capisco che tu stia vivendo un momento di crisi religiosa dovuto, probabilmente, a motivazioni sociali e famigliari, e per questo non vorrei frustrare questo tuo desiderio di misticismo con consigli che possano andare oltre le tue predisposizioni morali. Ben comprendo la tua frequenza in atti onanistici che ti portano a passare molto del tuo tempo con te stesso, intimamente. Chi non l’ha fatto da giovane? 3, 4 o cinque volte in una mattinata, abbiamo tutti avuto queste spinte improvvise, magari anche a scuola, attirati dalla professoressa di latino o dalla bidella non più giovanissima. Hanno poi contribuito visioni lascive provenienti dal cinema e dalla televisione, in ogni tempo, a tener viva e vispa la voglia di intraprendere viaggi fantastici manuali nel buio della nostra cameretta o nella luce di un grande magazzino al reparto biancheria. Ma perché voler andare in un monastero greco? E perché invece non in uno di quelle sette asiatiche che promuovono attività ginnico-sessuali ninja? E la curiosità che il sottoscritto e tutti gli altri lettori hanno, ci posso giurare, è perché e quali oscenità rivolgi verso te stesso? Si tratta di una procedura comune ai  maschi della tua famiglia? È un problema di bruciori o di scivolosità? È difficile l’impugnatura o usi un guanto di crine? Problema di sensibilità o di urti continui contro altre parti sensibili? La foga impiegata è quella sufficiente ad un manovellismo standard consigliato dalle associazioni mediche nazionali oppure sei alla ricerca di record da guinness di urlo? E per favore potresti elencarci le varie parole che ti imprechi contro, nel caso siano ripetibili?

Ma per fortuna o purtroppo non sono il direttore di quella rivista, per cui dovrei andarmi a ricercare negli archivi la risposta che spero sia stata data all’onanista anonimo in sentore di spiritualità.

 
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Le mezze stagioni non sono mai esistite!

Post n°1405 pubblicato il 04 Aprile 2014 da kremuzio
 
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Siamo sicuri che una volta c’erano? Diciamo sempre che non ci sono più, dando per scontato che quando eravamo giovani ci godevamo allegramente le primavere e gli autunni. Ma mi sorge il dubbio, se dovessi essere sincero.

Proprio oggi che piove ed ho chiuso la finestra che mi arriva una botta di aria fredda sulla noce del capocollo, ci stavo pensando, considerando che ieri sudavo come un maiale ed il giorno prima come un maiale accaldato.

Allora se si fanno un po’ di ricerche, vediamo che forse non era proprio così, o almeno c’era chi, tempo fa, si lamentava per gli sbalzi meteo eccessivi quando non ci sarebbero dovuti essere.

Un esempio? Nello Zibaldone di Giacomo Leopardi possiamo leggere nel paragrafo [4241-4242] dove viene riportata una lettera di tale Magalotti, scritta il 9 febbraio 1683 che diceva:

“Egli è pur certo che l’ordine antico delle stagioni par che vada pervertendosi. Qui in Italia è voce e querela comune che i mezzi tempi non vi son più, e in questo smarrimento di confini, non vi è dubbio che il freddo  acquista terreno.”

Ma siamo noi ad essere lamentoni o c’è una motivazione scientifica e climatica di fondo? Dicono che i paesi del Mediterraneo devono sopportare due tipi di circolazione d’aria, che guarda caso sono una tipicamente estiva ed una tipicamente invernale, con periodi di transizione che vanno dalle due alle tre settimane.

Però adesso siamo abituati a sentir parlare di anticicloni, di fronti d’aria calda o fredda che passano, rompono e ci danno modo di lamentarci.

Poi vabbè, c’è l’effetto serra, l’aumento dell’energia che estremizza il freddo ed il caldo, senza contare anche il fatto che non siamo capaci più di regolarci e di sopportare i momenti difficili, abituati come siamo a far uso di climatizzatori, che ovviamente aumentano l’inquinamento aumentando le energie in gioco di cui prima.

E ci avviamo verso l’estate passando per una mezza stagione che da qualche settimana ci fa fare ginnastica a forza di mettere e togliere abiti invernali ed estivi dall’armadio, che a forza di arrampicamenti si rischia anche lo strappo e l’ingurgitamento di quel che rimane delle palline di naftalina, neanche fossimo emuli di Eta Beta. Allora capiamolo una buona volta per tutte. Le mezze stagioni non ci sono e non ci sono mai state, o al massimo sono nei nostri ricordi appannati, quando eravamo molto ben abituati a soffrire senza l’ausilio di macchinari tecnologici che ci hanno fatto dimenticare l’uso della termoregolazione interna, quella che ci faceva sudare o rabbrividire quel tanto che ci consentiva di non soffrire.

E principalmente di non lamentarci!

 
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Ora legale e jet-lag

Post n°1404 pubblicato il 03 Aprile 2014 da kremuzio
 
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Altro che jet-lag… il lunedì dopo l’entrata in vigore dell’ora legale è sempre qualcosa di terribile per le teste simili alle mie, ovvero quelle che sono così attaccate ai ritmi precedenti da risultare incompatibili con spostamenti temporali. Ed il problema sembra arrivare fino ad oggi che è giovedì. Si comincia dalla domenica, quando non sai se mangiare quando hai fame o, facendo le debite operazioni matematiche, quando è ora. Che poi chi dice quando è ora? Il telegiornale o il silenzio dell’appartamento dei vicini che non si tirano dietro i piatti? alcuni orologi indicano l'ora di adesso, mentre altri quella di ieri. Chi ha ragione? Solo un gran rumore di mandibole. Allora cosa si fa? Si mangia quando ti viene fame e poi quando è ora? No, dato che è il contrario. Prima si mangia quando è ora e poi se hai ancora fame, rimangi. Solo che non è così semplice mangiare un'ora dopo aver già iniziato a mangiare. Non va meglio per il sonno, dato che ti viene sonno esattamente un’ora dopo. Oppure un'ora prima? sto cominciando a confondermi.

Meno male che la domenica c’è la pennichella libera, per cui ritieni si possa accumulare un’ora di dormita da poter distribuire durante la notte successiva. Solo che, se hai mangiato doppio, hai più sonno del solito, e dopo essere sprofondato in quella fase in cui anche se bombardassero per sbaglio (o perché russo troppo) casa mia, non ti sveglieresti. Ed il risultato è che alla fine dormi troppo, e quando ti risvegli pensando sia ancora un orario decente per poter uscire e fare qualcosa, ecco che è quasi ora di cenare, specie se pensi di farlo un'ora prima, e non ce la fai neanche a sollevarti per fare una passeggiata.

Ma la notte no, in pratica ti metti a fare le ore piccole senza accorgerti che sarebbe stato meglio addormentarti molto prima, e mentre ti rigiri nel letto, pensi all’indomani ed ai capricci che farai per svegliarti ed andare al lavoro con una testa che il tuo cervello riconosca per tua e non per quella di uno dei partecipanti al grande fratello. Infatti la sveglia stamattina da lunedì si è messa a suonare con lo stesso volenteroso suono poco allegro, senza neanche accorgersi che lo stava facendo un’ora prima rispetto al giorno lavorativo precedente. Meno male che aspetto un'ora per spegnerla. Ovviamente sei obbligato a pensare che è ancora notte. Batti sul muro mentre cammini ad occhi chiusi per trovare la porta della cucina, accendere la caffettiera ed aspettare che il nettare arabico riempia la tazzina che non sai se è quella sporca rimasta in ammollo da una settimana o quella lavata proprio ieri dopo che ci avevi messo i semi a gonfiarsi prima di piantarli. Non ricorda neanche che semi fossero. Li vedrò quando sarà il momento di germogliare. Fortunatamente li avevo tolti o li avrei bevuti. Ma li avrei bevuti a che ora? Quella giusta o un'ora prima?

Ieri ho mangiato a sorpresa, anche in trattoria, rimpinzandomi prima e dopo. Ora che sto lavorando non mi rimane altro che aspettare mi venga fame, ed annotare mentalmente l’ora. Intanto vediamo se riesco a svegliarmi, se solo riuscissi ad aprire gli occhi sulla tastiera. Non so cosa ho scritto. Nelle mie intenzioni questo post voleva parlare delle idee che mi erano venute stanotte sull’esistenzialismo di Kierkegaard, ma non ho ancora compreso se ho cominciato un'ora prima che mi venissero in mente o un'ora dopo che me le sono dimenticate…  

 
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E' finita la strage delle balene

Post n°1403 pubblicato il 01 Aprile 2014 da kremuzio
 
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Da adesso in poi se qualche giapponese vi dovesse raccontare la favola della strage di balene per fini scientifici, potete benissimo ridergli in faccia sonoramente. Dopo tanti anni di lotte, finalmente la corte internazionale di giustizia dell’Aja ha decretato la sospensione di questa vergognosa attività. Nell’Oceano Antartico le balene potranno continuare a vivere in pace senza fare male a nessuno, tranne che ai krill, ovvio, ma qualcosa devono pur mangiare.

Il contenzioso internazionale è iniziato nel 2010 con le accuse dell’Australia proprio verso il Giappone così che smettesse lo sfruttamento commerciale dei cetacei in barba alla mascheratura della ricerca scientifica in auge dal 1988 dopo il divieto. Pensiamo a quante balene sono state uccise barbaramente da quell’anno. Per cosa poi?   

I giappi dicono che si tratta di una loro tradizione, e che il consumo di carne di balena sulle loro tavole va rispettato. Però non hanno fatto bene i loro calcoli. E sembra che a salvare le balene sia stato, stranamente, l’inquinamento. Il loro grasso è così pieno di metalli pesanti e di mercurio che vi ci potreste misurare la febbre. Non voglio sapere però dove v’infilereste la balena termometro.

Il risultato è che ci sono migliaia di tonnellate di balena grassa invendute nelle celle frigorifere.

E’ dal 2003 che i ricercatori hanno avvertito dei potenziali rischi riguardanti il consumo di quelle carni, e l’informazione è trapelata fino al pubblico delle famiglie che hanno bloccato subito il consumo. Tradizionalisti ma mica scemi.

Al punto tale che hanno provato a distribuire gratuitamente la carne inquinata (proprio bravi, non c’è che dire) alla mense scolastiche, dove prima di ora, il prezioso grasso veniva usato per dare un rinforzino ai cibi per l’infanzia.

Tutto finito, ora. Le famiglie si sono arrabbiate ed i consumi sono definitivamente crollati.

Ed adesso possiamo solo sperare che, con quelle seimila tonnellate di carne di balena nei frigoriferi, ci facciano veramente esperimenti scientifici proprio come avevano promesso, giurato e spergiurato. 

Potrei dare ai ricercatori qualche idea:

Ad esempio proviamo con le proprietà terapeutiche del grasso in questione. Spalmato sul corpo dei lottatori di sumo dovrebbe essere un valido ausilio per il divincolamento degli atleti in balìa delle prese assassine.

Oppure si potrebbero creare delle ottime creme contro la caduta dei capelli. Avete mai visto un esquimese calvo? Sono tutti zazzeruti con folte criniere.

C’è chi dice che si potrebbe usare l’olio ricavato dalla spremitura del grasso, per usarlo nei motori delle auto, in particolar modo le Honda, per motivi che gli scienziati non hanno saputo ancora spiegare con formule comprensibili. Sembra però ci sia un terribile effetto collaterale che ne sconsiglierebbe l’uso in posti che non sia l’alto mare. Il fumo che scaturirebbe dalle automobili con qualche difettuccio nelle guarnizioni della coppa, trasformerebbe l’aria urbana in una fabbrica di fumo al sapore di pesce rancido sotto sale.

Ancora, un bel deodorante ambientale, che magari a qualcuno potrebbe risultare nauseante, ma volete mettere quanto saranno contenti i gatti di casa?

Le balene ringraziano. Così facendo non potrà avverarsi quella catastrofe planetaria paventata nel film Star Trek IV Rotta verso la Terra, e lo spettacolo del loro canto continuerà a riecheggiare potente negli abissi marini. 

E tra il capitano Achab e Moby dick, farò sempre il tifo per la seconda!

 

 
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Mi preme avvertire che tutto quello che leggerete è frutto della mia mente, anche quelle cose che sembrano scopiazzate. Potrebbe essere che siano stati altri a scopiazzare me. Avverto che l'aggiornamento viene effettuato quando mi pare e piace, anche se, sembra, lo faccia tutti i giorni tranne il sabato, la domenica ed i giorni di festa, quando non mi piace accendere il computer, anche se continuo ad interessarmi ai fatti del mondo e strombazzare il mio malcontento. Con questo intendo dire che non sono un giornalista e che questa non è una testata giornalistica e bla bla bla. Le foto che appaiono negli articoletti di solito le prendo facendo una ricerca su google immagini, ritenendo che siano libere di essere prese e schiaffate sul blog. Se ritenete che io non debba pubblicare una di queste immagini, mandatemi un messaggio ed io la toglierò nel più breve tempo possibile. Non chiedetemi soldi che tanto non ce li ho. Aggiungo pure che non lo faccio per il bisogno che grazie a Dio di bisogno ne ho abbastanza (Petrolini)...

 

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