Creato da lilith_0404 il 20/02/2005

A Room of One's Own

This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!

 

Messaggi del 16/10/2007

Il sorriso di Monna Lisa

Post n°248 pubblicato il 16 Ottobre 2007 da lilith_0404

La discussione che si è sviluppata nei commenti al post precedente mi ha indotto a fare alcune riflessioni. Sono partita dalle considerazioni espresse da Lupopezzato in merito alle discriminazioni di cui, di fatto, sono tuttora vittime le donne in ambito lavorativo:secondo i dati che cita Lupopezzato il 20% delle donne lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio per mancanza di asili nido, mentre le retribuzioni e gli avanzamenti di carriera delle donne hanno dinamiche decisamente più contenute di quelle maschili.

Sono dati che non mi giungono nuovi, la situazione, al di là dei dati statistici penso che sia percepibile a occhio nudo e non è contestabile. Ma riflettendo su questi dati, mi è capitato di ricordare un film che ho visto tempo fa, Mona Lisa Smile.

C’è una scena in quel film, che quando la vidi mi lasciò sconcertata, e ci ho messo un po’ a digerirla, perché va decisamente contro a quello in cui ho sempre creduto. La scena a cui mi riferisco è quella in cui la ragazza, che ha ottenuto l’ammissione ad una prestigiosa università, comunica alla professoressa che non ne farà niente, perché lavorare e fare carriera non è il suo sogno, quello che lei vuole è avere figli e una famiglia di cui occuparsi.

Confesso che vedendo la scena la prima volta non potei fare a meno di pensare ‘che terribile spreco di intelligenza!‘ . Eppure, passato il primo momento di sconcerto, ho dovuto riconoscere che quella mostrata dal film è , più spesso di quel che mi piacerebbe, la realtà.

Di fatto, passando in rassegna le mie conoscenze, trovo un certo numero di donne che non hanno lasciato il lavoro per necessità ma per scelta, e che hanno scelto di prendersi del tempo per occuparsi di figli e famiglia, pur non essendo questa scelta così ‘obbligata’ come sembrerebbero suggerire le statistiche, e senza affatto preoccuparsi di precludersi in questo modo avanzamenti di carriera e aumenti di stipendio.

Lette alla luce di queste ulteriori informazioni le cifre mostrate dalle statistiche assumono un significato un po’ diverso: e cioè che per un certo numero di donne la carriera e il lavoro non hanno la stessa importanza e la stessa priorità che hanno per i maschi.

Ma  forse questo modo di pensare femminile é a sua volta una conseguenza dell’educazione che le donne ricevono fin da piccole, e quindi, di nuovo, il risultato di un ‘condizionamento’ discriminatorio.  Anche questa in effetti  è un’ipotesi che non mi sento di scartare del tutto.

 
 
 

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