A Room of One's Own
This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!
Messaggi di Aprile 2006
Post n°97 pubblicato il 30 Aprile 2006 da lilith_0404
Forse sarà stato perché il 21 aprile é anche il mio compleanno, e quell’inizio del post n. 466 di Merizeta : ‘La ragazza bionda compie oggi 42 anni, ma ne dimostra parecchi di meno’, messo proprio il 21 aprile, mi ha inevitabilmente indotto a fare i paragoni del caso... io ne ho compiuto qualcuno in più, ma questa é solo la meno significativa delle differenze tra di noi. Sono del tutto comprensibili l’ammirazione e l’ invidia, in senso buono, che esprime Merizeta. Chi di noi non ha mai sognato di andarsene, e di vivere una vita libera da vincoli e da costrizioni. Più di una volta, parlando con le mie nipoti le ho sentite esprimere quel proposito : “quando avrò diciotto anni, vado a vivere da sola”, e forse perché io sono una zia e non una mamma, e mi ricordo ancora di quando, alla loro età, sognavo di fare altrettanto,di solito in me trovano una alleata per questi loro progetti. E quando mia sorella ha voluto andare a studiare lontano da casa, l’ho spalleggiata, ho fatto opera di persuasione con i genitori, l’ho finanziata, perché potesse andare. Eppure, quell'individualismo che non ha bisogno di nessuno, quell’ideale di vita in cui ‘ci si basta da se’ , in qualche modo mi sembra sbagliato. Perché é facile, bastarsi da sè, quando si é giovani, in buona salute, con un lavoro magari anche precario, ma che ti procura un reddito sufficiente ai tuoi bisogni. Ma come la mettiamo se una o più di una di queste condizioni viene a mancare? Agli anziani, ai malati, ai giovani che ancora non sono in grado di provvedere a se stessi, chi ci pensa? Lo so che i filosofi nel corso dei secoli hanno ipotizzato società ideali in cui le strutture familiari risultano superate, ma siamo sicuri che saremmo fiù felici se si realizzassero? Io credo che un solo filo non fa la corda forte, e la famiglia é la struttura in cui si incomincia ad imparare la solidarietà. Non per fermarsi li, naturalmente, ma da lì si parte. |
Post n°96 pubblicato il 24 Aprile 2006 da nef29
Vado punto e a capo così (Gianna Nannini) Quando si ama lo si fa per sempre.
Enrico di solito preferisce le battute. |
Post n°95 pubblicato il 23 Aprile 2006 da lilith_0404
I discorsi sulla fortuna che si sono sviluppati nei commenti al post precedente mi hanno riportato alla memoria un libro che ho letto qualche mese fa, di Serena Zoli: La generazione fortunata. Secondo l’autrice coloro che sono nati, all’incirca , negli anni che vanno dal 1935 al 1955 ( ma io, pensandoci bene, avrei fissato l’intervallo dal 1940 al 1960) si sono trovati al centro di quella che chiama ‘la generazione fortunata’. “Raramente," scrive l'autrice, " forse mai, c’è stato un periodo così lungo di pace, serenità e benessere”. I cambiamenti economici, sociali e culturali che si sono verificati nel giro di soli pochi decenni hanno radicalmente mutato il modo di vivere e di pensare. E sempre secondo l’autrice, in quegli anni é comparsa per la prima volta sulla scena della storia la categoria ‘giovani’, con un ruolo da protagonista mai prima interpretato in ambito sia politico che culturale e di costume. Quella generazione sarà l'artefice e la principale beneficiaria del boom economico, un periodo ormai mitico, in cui era facilissimo trovare un posto di lavoro, oltre a tutto garantito, anche da giovanissimi. Inevitabile pensare ai discorsi recentemente uditi, nel corso della campagna elettorale, proprio in merito all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Oramai le cose vanno in maniera tale per cui troppi giovani passano da un rapporto di lavoro precario e sottopagato all’altro, con tutte le ripercussioni negative che cio’ comporta per loro in prima battuta, ma anche per le famiglie, di conseguenza, che devono accollarsi l’onere del sostentamento ben oltre il termine del periodo ‘ragionevolmente’ necessario a terminare gli studi. E con la prospettiva, a lungo termine di arrivare alla fine della propria vita lavorativa senza neppure la sicurezza della pensione, almeno nella misura in cui l’hanno potuta avere i loro genitori. Come dar torto a mia sorella e a mia cognata, classe 1977, se parafrasando il titolo del libro si sono definite ‘la generazione sfortunata? Io, che mi considero tutto sommato appartenente alla generazione precedente, per incoraggiarla ho regalato a mia sorella un braccialetto pieno di amuleti, cornetti, coccinelle, quarifogli. Ma sono convinta che la fortuna arriverebbe più facilmente se la si aiutasse un po’, e anche le leggi, a volte, hanno una loro importanza.
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Post n°94 pubblicato il 14 Aprile 2006 da lilith_0404
"Sbagli, t'inganni, ti sbagli soldato La canzone di Vecchioni mi gira in testa, mentre leggo quanto scrive Davide Romano nel suo blog, riguardo ai risultati delle elezioni: ‘Dice Paolo Armaroli, docente di diritto costituzionale comparato all’Università di Genova, area centrodestra: se fosse rimasto in vigore il Mattarellum - tre quarti maggioritario, un quarto proporzionale - il centrodestra avrebbe prevalso in entrambi i rami del Parlamento". Il che vuol dire semplicemente che proprio la legge elettorale che il centrodestra stesso ha voluto, contro la volontà delle opposizioni, é quella che ha determinato la sua sconfitta di strettissima misura nelle recenti elezioni. Scrive Scalzasempre nel suo post 2034: "Il Caso per la Madre del Destino non esiste perchè è preordinata sequenza di eventi prestabiliti. La Vita sa dove devi andare e se non ti dirigi nella giusta direzione ti dà una spinta onde costringerti ad eguagliare il suo intento” Col senno di poi, naturalmente, si può trovare una giustificazione a qualsiasi cosa. Ma ripensando alla determinazione con cui Berlusconi ha condotto una campagna elettorale senza esclusione di colpi, non posso evitare una sensazione che mi capita sempre più spesso di provare: che il destino puoi assecondarlo o combatterlo, ma non modificarlo. "Non è poi così lontana Samarcanda,
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Post n°93 pubblicato il 09 Aprile 2006 da lilith_0404
Ne stiamo parlando da diversi giorni, in ufficio, a casa, con gli amici. La domanda a cui stiamo cercando di rispondere é: dove sta il nostro interesse, quello da scegliere nel momento in cui si andrà a votare, così da non essere dei ‘coglioni’? Io lo so perfettamente che la molla dell’azione umana é sempre una qualche forma di interesse: lo scrivevo anche in risposta a Lupopezzato nei commenti al mio post n.90: nessuno agisce mai se non spera di averne un beneficio. Ma il beneficio che si spera di ottenere non sempre é ‘materiale’. E neppure il fattore ‘tempo’ deve essere trascurato. Perché gli uomini hanno questa capacità di immaginare e progettare il futuro. E lavorano per realizzarlo, e per raggiungere il risultato sperato sanno anche rinunciare a qualche beneficio immediato. Non é utopia. Ma mi rendo conto che la parola ‘interesse’ per associazione di idee fa immediatamente pensare ai soldi: gli interessi, per antonomasia sono quelli che la banca ti chiede per prestarti dei soldi. E le persone sono sensibili all’argomento soldi. Ripenso a un episodio che un collega mi ha raccontato ieri: un vicino di casa gli ha chiesto consiglio su come fare per trasferire alla nipote diciassettenne la propria casa, l’unica che abbia, perché ha sentito dire che verrà reintrodotta la tassa sulle successioni, e non vuole pagarla.. Inutile fargli notare che a pagarla non sarebbe lui, ma caso mai la nipote, nel momento in cui dovesse ereditarla.E' una tassa, e si sa che chi é sveglio le tasse non le paga. E mi torna in mente una vecchia canzone, che trascrivo qui sotto, per chi volesse rileggerla: Coro: Forza venite gente che in piazza si va |
Post n°92 pubblicato il 02 Aprile 2006 da lilith_0404
Quando parlo con mia mamma di qualche sua vecchia conoscenza, per inquadrarmi la persona regolarmente mi dice:"sai, quella che ha sposato tizio, e che ha tot figli....” e se sono fortunata si ferma lì e non prosegue a raccontarmi di tutta l’ulteriore genealogia della persona in questione. Ripercorrevo con la memoria le vicende della mia famiglia sulla scia dei pensieri che il post n. 853 di Giancla56 mi ha suscitato e notavo come il rapporto con questi due eventi ‘fondamentali’ della vita, matrimonio e figli, sia cambiato nel corso del tempo. La storia che voglio raccontare é ambientata in un paesino della provincia lombarda, e anche se si tratta solo di una esperienza personale, tuttavia mi sembra significativa dell’evolversi del costume nella nostra società. La maggiore delle mie sorelle ha conosciuto il suo attuale marito a 15 anni, e sono stati fidanzati per cinque prima di sposarsi. Alla fine degli anni settanta del secolo scorso al mio paese i fidanzati avevano dei giorni stabiliti per incontrarsi: il martedi, il giovedi e il sabato sera, e la domenica anche al pomeriggio. Il suo ragazzo quando veniva a casa stava seduto in salotto, dove mio papà dormiva davanti alla televisione, e se uscivano era bene che rientrassero ad un’ora ragionevole, altrimenti si sarebbero trovati mia mamma fuori sul balcone a scrutare l’orizzonte come la piccola vedetta lombarda. Naturalmente neanche da pensare di poter andare in vacanza insieme. Quando si sono sposati sono andati a vivere vicino alla famiglia del marito, un paese a una ventina di chilometri dal nostro, e alla nascita del primo figlio mia sorella, che era operaia in una fabbrica del paese, ha lasciato il lavoro. Dieci anni separano il matrimonio della prima da quello della seconda sorella. Il fidanzamento é già diventata una questione meno formale, i ragazzi vanno tranquillamente in campeggio insieme, e quando si sposano, nel 1990 scelgono di restare a vivere in paese, perché questo rende più facile per mia sorella continuare a restare al lavoro anche dopo il secondo figlio. L’ultimo capitolo della storia si svolge ai giorni nostri: la più giovane delle mie sorelle ha un ragazzo che come lei un lavoro stabile non ce l’ha, tuttavia vivono insieme a Milano, lontano dalle rispettive famiglie di origine, dividendo la casa con altri ragazzi più o meno nella stessa situazione economica loro. Nonostante abbia quasi trent'anni, non si parla di matrimonio, e men che meno di figli. E’ evidente che a fare la differenza per le tre protagoniste non é stata l’educazione, ma solo l’evoluzione che si é determinata nella società nel corso degli ultimi trent’anni. E anche se indietro non vorrei mai tornare, onestamente non so dire se stavamo peggio prima o adesso. So solo che così va il mondo, per dirla con Manzoni, nel secolo ventesimoprimo. |
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