Creato da lilith_0404 il 20/02/2005

A Room of One's Own

This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!

 

Messaggi di Settembre 2005

Sense and Sensibility

Post n°68 pubblicato il 25 Settembre 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Ho letto con  interesse il dibattito che si é sviluppato nei commenti al post n.227 di Occhiodivolpe, e vorrei aggiugere alcune considerazioni all’analisi che é stata svolta in quella sede.

L’Ottocento ha inventato l’amore romantico, ma le eroine che si lasciano sedurre dalle illusioni del grande amore finiscono miseramente: Madame Bovary si avvelena, Anna Karenina si suicida gettandosi sotto al treno.

Al contrario il modello proposto e approvato é quello del matrimonio come contratto, e l’amore é semmai un accidente che può complicare la situazione, non certo il presupposto necessario del vincolo matrimoniale. Come non ricordare Jane Austen: ogni scapolo che compare all’orizzonte viene prontamente soppesato per la sua consistenza patrimoniale e posizione sociale,  e valutato come possibile consorte di una delle signorine in età da marito del circondario.

Ancora in tempi relativamente vicini a noi, ai tempi in cui mia madre era ragazza, il grande amore avrà anche fatto sognare qualche signorina di buona famiglia, ma quando si arrivava al dunque, erano altre le cose che determinavano la scelta del consorte: una certa compatibilità di carattere, certo, era necessaria, ma l’amore... quello era roba da romanzi. 

E’ solo negli anni 60/70 del novecento che avviene la svolta: é l’emancipazione femminile, soprattutto, a determinarla, la maggiore indipendenza economica delle donne, il fatto che l’adulterio e la contraccezione non siano più perseguibili come reati,  la legge sul divorzio che consente di rendere reversibile il vincolo matrimoniale, il minor numero di figli che i metodi contraccettivi rendono possibili, tutti questi fatti si sommano a fare dell’amore il motivo che può giustificare il fatto che due persone stiano insieme per la vita. Questo non vuol dire che gli altri motivi, i figli, gli interessi economici, ecc. non ci siano più,  ma oggi pesano un po’ meno che nel passato. 

L’amore dunque é diventato per molti un ingrediente necessario della ricetta del matrimonio,  solo che spesso si fa confusione tra amore e passione: quest’ultima é per sua natura  effimera e di breve durata,  e certo non si presta a essere il fondamento di un rapporto duraturo. E questo é forse la causa della fine di tanti matrimoni, ai nostri giorni.

 
 
 

Una musica in testa

Post n°67 pubblicato il 19 Settembre 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Succede a volte di avere una musica in testa, un ritornello che ritorna con insistenza,  e ci si ritrova a canticchiarlo mentalmente senza bisogno di averlo pensato. Mi succede in questi giorni con la canzone di Morandi: 

“...Io ti trovo bella, non mi fai paura, signora Solitudine...”.

E’ un tema su cui mi é capitato di soffermarmi a riflettere, anche sulla scia dei commenti al post precedente.

Come scrivevo ad Haashim rileggendo le parole che Guccini ha dedicato alla figura di Cirano, mi commuove soprattutto il passaggio in cui dice:

"e quando sento il peso d' essere sempre solo
mi chiudo in casa e scrivo e scrivendo mi consolo
..."

Cirano fa parte di quella categoria di persone che , come ha scritto Lupopezzato nei commenti al post n.366 di Corsaramora, preferiscono “stare da sole dalla parte giusta che stare in compagnia dalla parte sbagliata”. 

In un mondo in cui l'apparenza é tutto, Cirano paga con la solitudine la sua fierezza e il suo aspetto ingrato, ma resta fedele a se stesso fino all'ultimo non rinunciando mai, nè alla propria integrità, nè al proprio amore . 

C'é molta libertà nella solitudine, ma saper stare soli non é facile, richiede un coraggio al limite dell’incoscienza, perché, si sa, un solo filo non fa la corda forte, e l’essere umano é un animale socievole. Ma come dice Erich Fromm:  solo chi non ha paura di restare da solo può veramente scegliere di amare: perché la sua scelta non sarà condizionata dal bisogno di appoggiarsi ad un’altra persona, né dal bisogno di essere amato. E come scrivevo nei commenti al post n.76 di Teneraeardita la solitudine può essere pesante se é subita, ma leggera quando viene scelta. 

“...Io ti trovo bella, non mi fai paura, signora Solitudine...”.

 
 
 

Cyrano de Bergerac

Post n°66 pubblicato il 15 Settembre 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Un personaggio affascinante, quello di Cirano, per quel suo essere un po’ spaccone, ma fieramente libero, refrattario alle lusinghe del potere e irrimediabilmente romantico che ce lo rende caro. Chi non ricorda la scena del duello, all’inizio del primo atto, con la celebre frase: “in fine di ripresa, io tocco!”  In quella frase c’é tutto lo spirito guascone del nostro eroe.

Sul blog del giorno di qualche giorno fa ( LadyOscar743) al post n.83 mi é capitato di leggere appunto quel passo e il ricordo é andato subito al film con Gerard Depardieu nel ruolo di Cirano,  dove nella versione italiana  il testo di Rostand é stato tradotto e adattato da Oreste Lionello. Trovo che sia una delle interpretazioni migliori  di Depardieu, che é perfetto nel ruolo dello spadaccino guascone.   Complementare pero’ alla scena iniziale, per definire il personaggio, é la scena finale, dove ormai moribondo in seguito ad una ferita Cyrano svela finalmente il proprio amore a Rossana. Eccola:

ROSSANA: Cugino!
CIRANO: No, vi giuro, non è niente, lasciatemi.
ROSSANA: Venite.
CIRANO: Vi assicuro… la ferita d'Arras… che… a volte…
ROSSANA: Siete smarrito.
CIRANO: … ma non è niente. Sta per finire. E' finito.
ROSSANA: Ognuno ha una ferita, e io ho la mia. E' qua, la mia ferita, di quattordici anni fa. In fondo all'ultimo suo scritto un'ombra langue, in cui s'intrecciano una lacrima e del sangue.
CIRANO: La sua lettera… Ma non è che mi diceste che un giorno l'avrei letta?
ROSSANA: La lettera? Vorreste?
CIRANO: Sì, lo voglio. E' oggi.
ROSSANA: A voi.
CIRANO: Vorrei capire…
ROSSANA: Aprite, su.
CIRANO: "Rossana, addio. Vado a morire…"
ROSSANA: A voce alta?
CIRANO: "Avverrà domani, beneamata. Ho il cuore ancora pieno d'anima inappagata, e muoio, e mai più, mai i miei occhi assetati, i miei sguardi che voi…"
ROSSANA: Che accenti inusitati, per leggere.
CIRANO: "… che voi invano dissetavate, carezzeranno al vol i gesti che voi fate. Ne rivedo uno che vi è molto familiare: quel toccarvi la fronte, e io vorrei gridare…"
ROSSANA: Come la leggete, questa lettera?
CIRANO: "… e grido addio, mia cara…"
ROSSANA: Una voce che…
CIRANO: "… mia carissima, mio tesoro…"
ROSSANA: … ha un calore…
CIRANO: "… amore."
ROSSANA: … che non si ascolta mai, ma che non ascolto per la prima volta.
CIRANO: "Il cuore mio giammai vi abbandonò un secondo, e io sono e vi sarò, fino nell'altro mondo, colui il quale vi amò immensamente, chi…"
ROSSANA: Com'è che fate a leggere, quasi al buio così?
CIRANO: E' sera?
ROSSANA: Dunque voi.
CIRANO: Rossana, vi sbagliate.
ROSSANA: Dovevo già capirlo dal come mi chiamavate.
CIRANO: No, io non fui quello.
ROSSANA: Foste voi.
CIRANO: Non fu mia.
ROSSANA: Adesso scopro tutta la splendida bugia. Le lettere, foste voi…
CIRANO: No!
ROSSANA: Le frasi galeotte, dolci e forti…
CIRANO: No.
ROSSANA: Voi, la voce nella notte…
CIRANO: Giuro di no.
ROSSANA: Ma l'anima era la vostra, dentro.
CIRANO: Non vi amavo.
ROSSANA: Moltissimo.
CIRANO: No, l'altro, io non centro.
ROSSANA: Mi amavate.
CIRANO: No…
ROSSANA: Già il vostro è un mormorìo.
CIRANO: No, no, mio caro amore. Non vi amavo, amor mio.
ROSSANA: Ah, cose morte e nate tra sogni e disinganni… Perché aver taciuto questi quattordici anni, dato che in questo foglio, che di lui nulla contiene, le lacrime son vostre?
CIRANO: Ma il sangue gli appartiene.


Post scriptum : Haashim mi ricorda giustamente la bella canzone che Guccini ha dedicato al personaggio di Cirano. Nel suo blog al postn.328 é possibile rileggerne il testo.

qui invece il testo completo della traduzione di Oreste Lionello, da cui ho tratto il brano riportato nel post : http://digilander.libero.it/digitalgreg/cirano.htm

 

 
 
 

Libera nos domine

Post n°65 pubblicato il 11 Settembre 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

In tanti in questi giorni hanno dedicato post all’uragano che ha devastato New Orleans, e come avrebbe potuto essere altrimenti?

La grande potenza che si arroga il diritto di decidere il destino del mondo ha dato dimostrazione di colpevoli incapacità nella gestione dell’emergenza. Sul sito della croce rossa americana c’é la dichiarazione, che personalmente ho trovato sconvolgente, secondo cui i soccorritori sono stati impediti dal portare aiuto alle persone rimaste in città, perchè questo avrebbe ulteriormente incoraggiato quelle persone a non lasciare la città.  

C'è chi ha dato la colpa all’amministrazione repubblicana,  che ha destinato alla guerra risorse che avrebbero dovuto essere impiegate per la protezione civile. In altri blog, ho letto pero’ che l’amministrazione degli stati colpiti é in mano ai democratici... Altri ancora hanno sottolineato che gli Usa pagano per la decisione che hanno preso di non sottoscrivere il protocollo di Kyoto sul clima. 

Tra tutti i post che ho letto, quello però che mi ha più fatto pensare é quello di Zetareticoli77. Nel suo post n. 66 fa una sorta di sommario delle tante, troppe sciagure a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi. L’elenco é impressionante:

l’11 settembre, di cui ricorre oggi l'anniversario, le stragi quotidiane in Iraq e in Israele, l’eccidio sul treno a Madrid,  l’ecatombe  nel teatro di Mosca, la strage di bimbi a Beslan, gli attentati a Londra e a Sharm el Sheikh, e la devastazione inimmaginabile portata dallo Tsunami, e gli incidenti aerei di questa estate.

Leggendolo mi é tornata alla mente questa vecchia canzone ci Guccini: da un po' di tempo, ogni tanto me la ripeto, come una sorta di preghiera.

 Da morte nera e secca, da morte innaturale,
da morte prematura, da morte industriale,
per mano poliziotta, di pazzo generale,
diossina o colorante, da incidente stradale,
dalle palle vaganti d' ogni tipo e ideale,
da tutti questi insieme e da ogni altro male,
libera, libera, libera, libera nos Domine!
............................................
Dai poveri di spirito e dagli intolleranti,
da falsi intellettuali, giornalisti ignoranti,
da eroi, navigatori, profeti, vati, santi,
dai sicuri di sé, presuntuosi e arroganti,
dal cinismo di molti, dalle voglie di tanti,
dall'egoismo sdrucciolo che abbiamo tutti quanti,
libera, libera, libera, libera nos Domine!
.........................................

 
 
 

Verità e Menzogna

Post n°64 pubblicato il 06 Settembre 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Riflettevo in questi giorni su un argomento che proposto da  FleneurSenzaTempo  nel suo post n..34 é stato poi ripreso da Miss_XX nel post 94,  da Queenfrancy nel post 525, da Corsaramora nel post 354, da Occhiodivolpe nel post 216.

Ciò che ho trovato interessante é stato notare come ciascun blogger che ha sviluppatol’argomento, compresi quelli che lo hanno affrontato solo nei commenti, abbia adottato un approccio diverso e personale alla questione, sottolineando una accezione del termine ‘Menzogna’  coerente con l’immagine di sè che generalmente ciascuno dà nei propri scritti: filosofica quella di Fleneur, intima e legata ai rapporti emotivi con le persone quella di Queenfrancy,  divulgativo l’approccio di Corsaramora,  e ‘polemico’ quello di Lupopezzato  nei commenti al post di Corsaramora. 

Questo mi porta a riflettere su come ciò che noi percepiamo come vero o come falso sia in buona sostanza condizionato dalla nostra ‘forma mentale, cioè dalla nostra capacità di percepirlo, così come la percezione dei suoni é condizionata dalla struttura dell’orecchio, e non so percepire determinate frequenze che invece sono percepite ad esempio dai cani. E’ quello che dice anche Fleneur, credo,quando afferma : “Dato che la realtà è ciò che intendiamo noi e nessun altro; al posto di chiederci come siano fatte le "cose" , tentiamo di domandarci come dovrebbero esser fatte perché possano esser conosciute da noi”. 

Inoltre ciò che noi percepiamo come vero dipende spesso dal nostro punto di osservazione e non necessariamente é corrispondente con ciò che é oggettivamente vero, come nella storiella dei tre ciechi che devono descrivere l’elefante raccontata da Scentofwoman nel suo post 232: ognuno di loro dà una descrizione ‘vera’ ma inesorabilmente parziale dell’animale, a causa della limitatezza del proprio campo di osservazione.

Dobbiamo quindi arrivare a dire che non esiste una verità oggettiva?  Io non credo. Per rimanere alla storiella di prima, l’elefante esiste  anche se i tre ciechi singolarmente presi non lo sanno percepire; unendo però le percezioni di ciascuno dei tre si può arrivare ad avere una visione più completa e più aderente alla realtà di ciò che l’animale é.

Questo mi porta a fare una considerazione su quello che a spesso accade nel corso delle discussioni: succede infatti che i diversi partecipanti al dibattito si accalorino nel sostenere il proprio punto di vista, e in qualche modo si sentano offesi dal fatto che gli interlocutori non accettino di  riconoscere di sbagliare e di ammettere che l’unico punto di vista giusto é quello che stanno esponendo loro. Si assumono a quel punto toni sdegnati, come se il fatto che l’altro veda le cose in modo diverso fosse implicitamente un insulto al proprio modo di vederle, quando invece é solo dalla sintesi delle diverse osservazioni che si può, di solito, arrivare a quanto di più vicino alla verità sia umanamente possibile.

 
 
 

Settembre

Post n°63 pubblicato il 02 Settembre 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Leggevo l'altro giorno il post n. 371 di Jazzyna, e concordo con lei nel dire che settembre, più del 31 dicembre rappresenta il giro di boa dell'anno. Le ferie sono finite un po' per tutti, si riprende il lavoro, si fanno programmi per l'anno a venire. Per dirla con Guccini:

Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull' età,
dopo l' estate porta il dono usato della perplessità,
Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità,
come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità...

E mi torna in mente quella poesia di D'Annunzio che tutti abbiamo studiato a scuola, in cui a settembre i pastori si mettono in viaggio, lasciando i pascoli estivi diretti al piano.  

Per associazione di idee ripenso alla  prima volta che un mio caro amico venne a casa, tanti anni fa, e gli capitò di  incappare in un gregge di pecore. Io abito in pianura e di pecore abitualmente non ce ne sono. Quel gregge  era solo in transito, diretto verso non so quale ignota destinazione, e quell'episodio é entrato a far parte degli aneddoti che a volte ricordiamo, con una punta di nostalgia per il tempo passato. Poiché ci incontrammo in un pomeriggio di settembre,  questa poesia mi fa pensare sempre a lui, e vorrei dedicargliela.

Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che è verde come i pascoli dei monti.

Hanno bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natìa
rimanga ne' cuori esuli a conforto,
che a lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh'esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l'aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquìo, calpestìo, dolci romori.

Ah perché non son io co' miei pastori?

 

 
 
 

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