Creato da lilith_0404 il 20/02/2005

A Room of One's Own

This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!

 

Messaggi di Agosto 2005

I'm Nobody! Who are you?

Post n°62 pubblicato il 28 Agosto 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Tempo fa un amico si divertiva a punzecchiarmi dicendo che scrivo come 'la maestrina dalla penna rossa' di De Amicis. Lo stesso amico si é molto divertito ed insieme ci siamo fatti due risate leggendo che nei commenti al post n.335 di Corsaramora venivo definita "personcina a modo che gira in grembiulino" : una bella evoluzione, mi ha detto, da maestrina a bambina dell'asilo!

Per mia fortuna, non sono permalosa e sono fin troppo consapevole dei miei tanti limiti: nella migliore delle ipotesi potrei definirmi una ragazza di campagna che ha preso il diploma di scuola media con una scuola per corrispondenza, e non ho certo la pretesa di insegnare nulla a nessuno.

Riflettendo su tutta questa storia mi é tornata alla memoria una poesia di una poetessa che amo molto. La trascrivo qui di seguito, per tutti quelli che la vorranno rileggere.

I'm Nobody! Who are you?
Are you - Nobody - too?
Then there's a pair of us!
Dont tell! they'd banish us - you know!

How dreary - to be - Somebody!
How public - like a Frog -
To tell your name - the livelong June -
To an admiring Bog!

Io sono Nessuno! Tu chi sei?
Sei Nessuno anche tu?
Allora siamo in due!
Non dirlo! Ci caccerebbero- lo sai!

Che orrore - essere - Qualcuno!
Così volgare — come una Rana
che gracida il suo nome — tutto il mese di giugno —
ad un pantano che la sta ad ammirare!

(e.dickinson)

 
 
 

Il velo

Post n°61 pubblicato il 21 Agosto 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Tempo fa leggevo su una rivista la presentazione di un libro, scritto da Leila Djitli, una giornalista di origine algerina, dal titolo ‘Lettera a mia figlia che vuole portare il velo’. Il libro prende spunto da una storia vera, quella di una donna franco algerina, Aicha, che dopo aver ripudiato i valori della propria cultura di origine  per abbracciare quelli della laicità e della parità fra i sessi, vede messa in discussione l’emancipazione raggiunta dalla propria figlia diciassettenne,  Nawel, che un giorno le dice di voler portare il velo.

Questo articolo mi é tornato in mente leggendo il post n. 319 di Corsaramora, e le interviste fatte a diverse donne che difendono la loro volontà di portare il velo pur in contesti sociali che teoricamente non lo impone loro.

Sembrano fatti lontani anni luce dal nostro modo di essere, e tuttavia io sono abbastanza vecchia da ricordare un tempo in cui anche qui da noi era considerato blasfemo per una donna entrare in Chiesa senza avere un velo sul capo. 

Ricordo che da ragazzina io  ne avevo uno di pizzo bianco e ricordo ancora il disagio le prime volte che mi azzardai ad entrare in chiesa senza portarlo, sfidando il diktat della lettera di San Paolo ai Corinzi: ‘...di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l'uomo, e capo di Cristo è Dio.... L'uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell'uomo... Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza’.

A questo proposito mi é capitato di leggere recentemente alcune considerazioni interessanti, espresse da una scrittrice iraniana, Azar Nafisi, nel corso di una intervista che ho trovato pubblicata su Rainews24.it. Le riporto qui di seguito, perché mi trovo del tutto d’accordo con quanto dice l’autrice:

"Per me la questione di portare o non portare il velo implica una questione di scelta... Si crede che il velo sia il modo di esprimere la propria fede che ad alcune donne piace scegliere. Il loro governo o il loro Stato o il loro padre non hanno alcun diritto di imporre questa scelta. Così quando mi hanno obbligato a portare il velo, ho pensato che il diritto di scelta non veniva rubato solo a me, ma anche alle donne che volevano portare il velo, perché a quel punto la loro fede non era una questione religiosa, ma politica, e credo che oggi il velo sia confiscato e usato come strumento politico e per questo è importante che siano le donne a scegliere come vogliono apparire in pubblico...

C’è anche un aspetto diverso... Noi ci creiamo i nostri veli, noi sovrapponiamo la nostra immagine a quella che gli altri hanno di noi, cerchiamo di nascondere agli altri ciò che è privato ed essenziale e in Occidente ci sono dei modi per dire alle donne a che cosa dovrebbero somigliare, come ci si aspetta che debbano agire. Anche quando sembrano molto libere, come nell'immagine di Britney Spears, che tutte le giovani vogliono imitare, il velo in questione è il problema dell'uniformità, e non importa dove tu viva, all'est o all'ovest, ma l’uniformità ti può essere imposta.

La differenza in un paese democratico è che al di là di questo puoi scegliere di dire: "non lo voglio". Puoi scegliere di dire "il modello dominante di cultura negli Usa è sbagliato e io voglio cambiarlo". In un regime totalitario non puoi. Così non è una questione di avere un diritto, ma di avere il diritto di battersi per un diritto. (ride) E questo è importante."

 
 
 

Il grande fratello

Post n°60 pubblicato il 17 Agosto 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Un masso viene gettato da un cavalcavia, uccidendo un automobilista che transitava nella strada sottostante. La polizia indaga su alcune persone che in base al traffico rilevato dei loro telefoni cellulari, si trovavano nella zona.

Il governatore della Banca d’Italia é al centro di uno scandalo, scoperto in seguito all’intercettazione di alcune telefonate scambiate con personaggi  coinvolti in operazioni finanziarie rispetto alle quali avrebbe dovuto essere super partes.

Questi due episodi, pur diversissimi tra di loro,  sono in realtà accomunati dall'uso delle intercettazioni telefoniche.

E' un fatto che balza sempre più all'occhio che mediante il telefono e internet siamo tutti spiabili e controllabili, con buona pace della privacy, del Garante e di tutte le informative che ad ogni piè sospinto ci tocca firmare per autorizzare l’uso del nostro nome e cognome in atti che sono del tutto non rifiutabili.

Per non parlare dei sistemi di videosorveglianza, installati nelle strade: leggo su un giornale che a Reggio Emilia c'é una telecamera ogni 652 abitanti, mentre a Brescia sono già stati spesi  2.5 milioni di euro, per mettere sotto controllo i punti nevralgici della città con 65 telecamere, che diventeranno 100 entro il 2008. A questo proposito, solo qualche giorno fa un collega é stato testimone di un incidente in una centrale piazza cittadina; chiamati i vigili per avvisare dell’accaduto, si é sentito dire che stavano giusto vedendo la scena sui loro monitor.

Che c’é di sbagliato, se questo serve a rendere la città più sicura? a catturare dei balordi che vanno in giro a buttare sassi dai cavalcavia? a smascherare interessi privati in pubblici funzionari che dovrebbero essere imparziali? Se non hai fatto nulla di male, se ti sei comportato con correttezza, se non hai violato la legge, non hai nulla da temere. Forse...

Personalmente mi prende una specie di claustrofobia al pensiero che qualcuno possa controllare quello che faccio, indagare quello che dico, spiare dove sono e quando ci sono. L’istinto e’ di bucare la rete e scappare.

Ma é ancora possibile farlo?

 
 
 

Stelle cadenti

Post n°59 pubblicato il 11 Agosto 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

Argomento quasi d’obbligo, nei post di questi giorni, le stelle cadenti nella notte di San Lorenzo. Ne han parlato Scentofwoman, Isotropico, Daria, per citarne solo alcuni. E fa uno strano contrasto la speranza di un desiderio formulato e affidato alla stella che che per un attimo traccia la sua scia nel cielo di agosto, e il ricordo dei versi di Pascoli, che immediatamente tornano alla memoria, riassumendo il sentimento di dolorosa consapevolezza del male che ci circonda e di cui ogni giorno siamo puntigliosamente informati da giornali e televisione.

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!

Sono uscita anche io ieri sera, a cercare la mia stella, ma come hanno informato anche i telegiornali, al Nord il cielo era nascosto dietro una coltre di nubi: il mio desiderio lo terrò per il prossimo anno. Fino ad allora, non mi arrendo, ma continuo a cercare di vedere quanto di buono c’é nel mondo che ci ospita.

I see trees of green, red roses too
I see them bloom for me and you
And I think to myself, what a wonderful world
I see skies of blue and clouds of white
The bright blessed day, the dark sacred night
And I think to myself, what a wonderful world
The colours of the rainbow, so pretty in the sky
Are also on the faces of people going by
I see friends shakin' hands, sayin' "How do you do?"
They're really saying "I love you"
I hear babies cryin', I watch them grow
They'll learn much more than I'll ever know
And I think to myself, what a wonderful world
Yes, I think to myself, what a wonderful world

Qui trovate il link per ascoltarla cantata da Louis Armstrong.

 
 
 

Anniversari

Post n°58 pubblicato il 07 Agosto 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

  • 6 / 9 Agosto  anniversario del bombardamento atomico su Hiroshima e Nakasaki
  • 2 Agosto   anniversario della strage di Bologna
  • 11 / 17 Luglio anniversario della strage di Srebrenica

Situazioni diverse, un solo dolore

Ad ogni ricorrenza dichiarazioni che il ricordo dell’orrore possa evitare che l’orrore si  ripeta

Ma l’anno prossimo ci saranno due anniversari in più, da collocare nell’arco di questo mese:

  •  7 luglio strage della metropolitana di Londra
  • 23 luglio strage di Sharm el Sheikh

Impareremo mai?

........................

Io chiedo come può l’uomo
uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni
in polvere qui nel vento.

Ancora tuona il cannone
ancora non è contenta
di sangue la bestia umana
e ancora ci porta il vento.

Io chiedo quando sarà
che l’uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare
e il vento si poserà.

Auschwitz-Guccini )

Penso alla lunga teoria di vittime di tutte le guerre, di tutte le stragi e mi sembra che la speranza sia una illusione.

E' vero quello che dice Hillmad nel suo post n. 90 :"prima mi sembravano solo numeri e adesso sento il peso delle anime che se ne vanno....mi sa che la saggezza dell'età di cui si parla è anche un modo per dire consapevolezza del dolore e della morte........"

  

 
 
 

Penelope

Post n°57 pubblicato il 04 Agosto 2005 da lilith_0404
Foto di lilith_0404

"Ma se col pensiero volete misurare il tempo in stagioni, fate che ogni stagione racchiuda tutte le altre,
E che il presente abbracci il passato con il ricordo, e il futuro con l'attesa."

Il riferimento all'attesa contenuto nel passo di Kahlil Gibran riportato sopra che mi é capitato di leggere nel blog di Corsaramora, mi ha fatto pensare per associazione di idee ad un personaggio della letteratura, ma meglio sarebbe dire della cultura occidentale, che amo molto e che é nella percezione comune il simbolo stesso dell'attesa:Penelope

La figura di Penelope é indissolubilmente legata a quella di Ulisse: lui é comunemente visto come l’archetipo dell’uomo  attivo, che viaggia , che lotta, mentre Penelope é comunemente vista come un essere passivo, che trascorre la vita nell’attesa del ritorno dello sposo.

Per come le vedo io, le cose stanno un po’ diversamente.

La storia di Penelope e Ulisse comincia quando il padre di lei convoca la nobiltà dei dintorni per scegliere il partito più conveniente a cui dare la figlia. Ulisse non era un candidato appetibile: dal punto di vista del padre che quella figlia voleva scambiare al meglio altri potevano offrire condizioni e prospettive migliori.

Ma Penelope sceglie Ulisse, e incurante della disapprovazione paterna  prende il suo velo, sale sul suo carro e se ne va con lui. Lo sceglie, e così facendo prende in mano la propria vita,  e afferma il diritto di decidere per se stessa, in un mondo e in un'epoca in cui le donne vivevano confinate nel gineceo, passando dalla tutela del padre a quella del marito.

Quando Ulisse parte per la guerra, conduce una tenace battaglia contro chi vorrebbe usurpare, sposandola, il suo trono, ma  difendendo la casa di Ulisse dai Proci, difende prima di tutto le proprie scelte, e  il proprio diritto di  non essere una merce di scambio.

Quando Ulisse ritorna e memore dell’avvertimento ricevuto nell’Ade non si fa riconoscere subito da lei, essa tuttavia gli regge il gioco, senza bisogno di parole capisce la situazione e gli organizza la gara con l’arco, fornendogli l’occasione e il modo per farsi giustizia.

Quando tutto é finito, e la nutrice e il figlio la incitano a gettarsi tra le braccia di quel marito tanto atteso, non cede all’impeto delle emozioni e dei sentimenti, rimane invece salda sulle sue posizioni. La diffidenza di lui l’ha ferita, lei ha dimostrato di essere la sposa che lui ricordava, é stata all’altezza della sua reputazione,  ora che lui dimostri di essere quello che lei ha aspettato per vent’anni: gli tiene testa e lo sfida, pretende a sua volta una dimostrazione e solo quando lui le prova di non aver dimenticato gli affetti che li legarono si abbandona alla dolcezza degli abbracci e delle lacrime.

Una donna forte Penelope, e Ulisse non sarebbe stato Ulisse senza Penelope.

 
 
 

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