Creato da lilith_0404 il 20/02/2005

A Room of One's Own

This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!

 

Messaggi di Febbraio 2008

Speriamo che sia femmina?

Post n°293 pubblicato il 24 Febbraio 2008 da lilith_0404

Ogni lustro si cambia gusto, dice un vecchio adagio. E  più o meno a ogni lustro anche il mio collega decideva che l’ufficio in cui stavamo non fosse più di suo gusto e si metteva in movimento per cambiare… immagino per quella specie di ‘insofferenza ai posti’ di cui parla SandaliAlSole nel commento al post precedente, e che io finora ho però sperimentato solo di riflesso, nel momento in cui mi dovevo rimboccare le maniche a imballare quintali di faldoni che dovevano essere spostati da un posto all’altro, da un ufficio ad un altro.

Mentre una parte del mio cervello  formula questi pensieri, un’altra parte di me lo osserva come dall’esterno, e vede benissimo perché é finito a pensare a queste cose: è per via del fatto che in quello che fu il nostro ufficio numero tre, quando lo lasciammo libero andò ad abitarci una famiglia di cinesi, marito, moglie e tre figli, due femmine e un maschio.

Detta così, questa non sembrerebbe una spiegazione illuminante.  Per renderla tale devo fare ancora un altro passo indietro, e precisare che tutto il ragionamento è cominciato mentre leggevo su una rivista che in Cina i maschi in ‘età di matrimonio’ sono diciotto milioni in più delle donne.

Una situazione molto singolare, in quanto nel resto del mondo sono le donne ad essere in maggioranza . Colpa della politica demografica della Cina, che ha imposto non più di un figlio per ogni coppia. Specialmente nelle zone rurali del paese,  stando a quanto leggo nell’articolo di cui dicevo sopra,  le famiglie mettono in atto aborti selettivi per i nascituri di sesso femminile.

Una famiglia come quella che ha preso il mio ufficio numero tre, con i suoi tre figli di cui ben due femmine,  in Cina non avrebbe avuto vita facile, credo, e mi son chiesta più di una volta se fosse a causa di questa situazione che hanno deciso di emigrare. 

Nell’articolo da cui tutto il ragionamento ha preso l’avvio, si dice che questo scompenso demografico  spinge i maschi ad emigrare per trovare moglie.

Le leggi elementari dell' economia ci dicono che se l’offerta di un certo bene è scarsa, il valore di quel bene aumenta. Stando così le cose, questa ‘eccedenza demografica maschile’ basterà a far salire le quotazioni delle bambine abbastanza da far cessare la prassi degli aborti selettivi?

   

 
 
 

Tre anni dopo

Post n°292 pubblicato il 22 Febbraio 2008 da lilith_0404

“il sentimento che mi lega al mio blog […] è molto simile all’affezione. […] È una parte di me e se sono riuscita a capire qualcosa in più di me stessa lo devo a questa smania [...] di rielaborare ricordi che credevo nemmeno di avere…”

    

Leggevo questa frase, nel post 420 di Liberante, e pensavo che avrei potuto scriverla io. Perché alle cose non riesco ad affezionarmi: le uso, finché è possibile, fino al limite del possibile, ma una volta che non sono più utilizzabili non ci sono rimpianti sentimentali.

    

Però per il blog è diverso.

     

Può essere che sia perché lo vivo come un modo per restare in contatto con le persone che al blog mi sono affezionata e come Liberante posso dire anche io che è una parte di me.

   

Ci pensavo nei giorni scorsi, mentre sul video scorrevo le pagine con i post precedenti,  notando che sono ormai passati tre anni da quando l’ho aperto.

    

Mi torna in mente un libro che lessi tanti anni fa, Storia di una suora, in cui la protagonista che lavora  come infermiera associa alle annotazioni  di servizio sui registri  dell’ospedale  i momenti della sua vita, leggendo nelle diverse grafie che si susseguono le persone con cui ha collaborato, nei nomi registrati gli incontri che le era capitato di fare. 

    

Anche con il mio blog, pur non avendolo scritto come un diario, e sebbene solo occasionalmente  nei post racconti di qualche fatto preciso che sto vivendo in quel momento, i post che si succedono uno dopo l’altro hanno scandito i momenti  vissuti in questi tre anni, che rivedo, come in filigrana, rileggendoli a ritroso.

      

E penso che non sarebbe la stessa cosa se rileggessi le stesse cose su una pagina di Word: come ebbe ad osservare tempo fa Lupopezzato,  rimettendo nel nuovo blog che aveva aperto alcuni post che erano stati nel blog che aveva poco prima cancellato, anche se il post è lo stesso, l’insieme è diverso perché mancano i commenti. E manca , aggiungo io, la sequenza d’insieme delle situazioni che hanno portato a scrivere un certo post, e  che ti consente di legarlo, nel ricordo, a un momento della vita, ed a sentirlo, alla fine, come una parte di te.

   

Con buona pace di quanti sostengono che la vita è altrove.

    

     

 
 
 

Dieci e lode

Post n°291 pubblicato il 18 Febbraio 2008 da lilith_0404

Non so ricevere i complimenti, questo è un fatto. Anche se sono gratificanti e fanno piacere,  of course.

  

Stare al centro della scena, sotto i riflettori, mi fa sentire goffa e inadeguata, acutamente consapevole dei miei limiti e delle mie  inadeguatezze. E non so mai cosa rispondere, perché mi sembra che qualsiasi risposta facendomi apparire presuntuosa non potrebbe che rendermi ridicola.

  

E siccome ‘la credensa, come la sta la pensa’  e siamo inevitabilmente noi stessi il metro con cui misuriamo gli altri, ecco che anche fare i complimenti diventa un bel problema, nel timore che coloro a cui sono rivolti possano sentirsi a disagio a causa delle mie parole.

   

Doppio imbarazzo, quindi, ricevendo il premio che mi viene attribuito da Lakonicos e da MARIONeDAMIEL,, nel dover trovare le espressioni per ringraziarli della stima che mi dimostrano, e nel dover a mia volta ‘passare  il testimone’ attribuendo il premio a qualcuno.

    

A chi attribuirlo, non dovrebbe essere difficile da decidere: basterebbe prendere la lista dei preferiti memorizzata sul computrer, il gruppetto dei blog all’inizio della lista, quelli che torno a vedere pressoché quotidianamente, vuoi che sia per la bellezza della scrittura, o per la simpatia dell’autrice, o per l’interesse suscitato dagli argomenti trattati. Se li ho messi nei preferiti, il motivo è  solo l’apprezzamento che sanno suscitare.

   

E ragionando su quali scegliere il pensiero scivola  inevitabilmente a quelli che invece mi piacerebbe poter segnalare, e invece non posso perché nel frattempo hanno chiuso.

    

Uno specialmente ha lasciato in me un rimpianto che ancora non si è spento, quello di Waltzingmathilda. Alcuni suoi post li avevo salvati, prima che chiudesse, e il rammarico è di non aver saputo salvarli tutti.

      

Un piccolo assaggio, per chi non l’ha conosciuta,  dal suo post 103 del 3 gennaio 2006:

    

In un angolo dimesso. Qualcosa è fiorito. Senz'acqua, amore, ricordo. Solo un po' di luce sbadata. Uno sbadiglio di cielo alle persiane accostate. Non li ho nemmeno guardati, poi il profumo. Narici e occhi un tutt'uno, e un gong lontano, un riflesso, nonsoche.

I giacinti.

Stasera li annaffio, se lo meritano.

   
   

Un altro blog che mi ha lasciato un rimpianto che non passa è quello di Luz.azul. Un giorno ha smesso di scriverci, ma non lo ha cancellato: una piccola consolazione, che non compensa però la perdita della grazia e della dolcezza che l’autrice sapeva diffondere intorno a sé.

   

Ecco quello che Occhiodivolpe scrive del blog di Luz:

        

un cult , 32 post luminosi e perfetti di una semplicità raffinatissima , l’ uso delle parole di una pregnanza assoluta , sentimenti ed emozioni sorgivi , una persona che non si dimentica , la cicatrice che non si sana

       

Non posso che condividere il suo giudizio.

 
 
 

Fascicoli

Post n°290 pubblicato il 17 Febbraio 2008 da lilith_0404

Un libro composto pazientemente raccogliendo i fascicoli settimanali allegati a una rivista. Alla fine, per un prezzo modico veniva fornita anche la copertina e di far rilegare i fascicoli in volume si incaricava l’edicolante.

Piccolo mondo antico di Fogazzaro,  e La divina commedia di Dante sono arrivati in questo modo sugli scaffali della libreria di casa. La carta è quella sottile dei giornali, ma sono riccamente illustrati, e nella Divina Commedia ci sono al termine di ogni capitolo commenti e note esplicative.

 Ora leggo sul giornale della ‘nuova’ strategia di marketing introdotta da una grande casa editrice inglese: il libro venduto on line, un capitolo alla volta. Niente di così innovativo, a ben vedere, solo l’adattamento di una strategia tradizionale ai nuovi strumenti che la tecnologia ha messo a disposizione.

E il prezzo mi sembra tutt’altro che modico: 2,99 dollari per ciascun capitolo,  un romanzo come Davide Copperfield alla fine  costerà un piccolo patrimonio.

 
 
 

il dottore della mutua

Post n°289 pubblicato il 13 Febbraio 2008 da lilith_0404

Ricordo che quando ero piccola, nel paese in cui abitavo c’era un solo dottore, il ‘dottore della mutua’, dal quale andavo quando dovevo fare gli ‘aerosol’ e mi faceva sedere davanti a una macchina, nel suo ambulatorio , e dovevo respirare un fumo amaro e molto sgradevole per un tempo che mi sembrava interminabile.

Anche quando  a tredici anni dovetti estrarre un molare che si era guastato fu il mio il medico della mutua ad eseguire l’operazione.

Il mio diritto ad ottenere le sue prestazioni era attestato dal fatto che il mio nome era scritto, insieme a quello di tutti gli altri membri della famiglia sul ‘libretto della mutua’,  gelosamente conservato da mamma in una custodia di plastica trasparente, da cui non veniva mai tolto, perché non si sporcasse. Le tessere sanitarie individuali arrivarono solo molto tempo dopo, ma all’atto pratico, finché non andò in pensione, sei o sette anni fa,  quello rimase il medico di tutta la famiglia. 

Al momento di scegliere un nuovo medico, ricordo che mi recai presso gli uffici della Asl. Sapevo che in paese nel corso degli anni avevano cominciato ad esercitare altri dottori, e pensavo che fosse possibile esprimere una preferenza.

Mi sbagliavo.

Oddio, teoricamente avrei anche potuto farlo, ma di fatto fu impossibile.

Perché ogni medico poteva avere solo un certo numero di pazienti, e tutti, tranne uno, avevano già raggiunto quel massimale. Non restava quindi che un solo medico ‘disponibile’, prendere o lasciare... o meglio, prendere e basta, perché il vincolo della residenza impediva di optare per dottori di comuni limitrofi.

Negli anni la situazione non é cambiata, come mi ha confermato in questi giorni un impiegato dell’ASL, al quale mi sono rivolta sperando di poter modificare la mia scelta. 

Ora, a parte la mia mancanza di simpatia per i medici in generale, credo che mai come in questo genere di rapporti l’elemento fiduciario sia determinante. Dovermi per forza rivolgere ad un medico per il quale non solo non  ho fiducia, ma  nutro una sincera disistima, non é esattamente quello che io mi auguro e mi aspetto di ricevere da un servizio al  finanziamento del quale sono tenuta per legge a contribuire.

 
 
 

Maglioni

Post n°288 pubblicato il 12 Febbraio 2008 da lilith_0404

Mia mamma aveva la passione del lavoro a maglia. Questo pensiero mi affiora leggendo il post di Odio_via col_vento. Una associazione di idee, dovuta probabilmente al fatto che in quel post si parla di maglioni.

In uno dei ricordi più remoti della mia infanzia compare lei con un paio di ferri e un gomitolo che mi insegna il modo in cui si esegue il lavoro. Non appena aveva a disposizione un po’ di lana, ogni minuto era buono per lavorarla, ogni altra attività le sembrava una inutile distrazione e finché il maglione non era finito non aveva tregua, svegliandosi all’alba per sferruzzare e dimenticandosi dell’ora in cui andare a letto.

Non faceva solo maglioni per tutta la famiglia, la sua sollecitudine si estendeva anche alle bambole, che vestiva di abiti e scarpine fatte a maglia. 

Per un certo periodo la sua passione mi contagiò e ricordo che negli anni della scuola  mi confezionai dei maglioni molto belli con  la sua supervisione. Vedendomi così ben intenzionata, arrivò a comperare una macchina per maglieria, una di quelle macchine per uso familiare,  con la malcelata speranza che quello della magliaia potesse diventare un giorno il mio lavoro. 

Quella macchina imparai solo io ad usarla,  e dopo qualche esperimento di poco impegno mi lanciai nella realizzazione di un pullover per mio papà.  Il risultato devo dire non fu così soddisfacente come avrei voluto, e la macchina venne presto lasciata da parte, allo stesso modo in cui  quando cominciai a lavorare io lasciai da parte ferri e lana.

Per mamma invece rimasero una passione fino all’ultimo, e tra le cose che non butterò, ora che il suo armadio dovrà essere vuotato, ci sono i suoi golf. Così freddolosa come sono non andranno certo sprecati. Anche ora che sto scrivendo me ne sono infilata uno, caldo e avvolgente, quasi un abbraccio.

              

 
 
 

Bisognava volare

Post n°287 pubblicato il 09 Febbraio 2008 da lilith_0404

Che questo governo avrebbe avuto vita breve, lo pensammo tutti, credo, all’indomani del voto. Che sarebbe durato quasi due anni, credo che in pochi ci credessero, due anni fa. Io, che pure a volte penso di essere stata geneticamente modificata per essere ottimista a oltranza, non ci avrei scommesso un centesimo.

     

Eppure, ora che quello che mi aspettavo sarebbe successo è effettivamente accaduto, mi dispiace. Come quando di un malato i medici ti dicono che non c’è più speranza, eppure continui a lottare per curarlo e dargli conforto, e ti illudi che se continuerai a crederci questo basterà a far accadere il miracolo e a salvarlo, che se neppure permetti al pensiero della morte di affacciarsi al livello della coscienza questo basterà a tenerla lontana, e quando poi nonostante tutto arriva la fine ti rimane un senso di sconforto e di impotenza, e ti chiedi se abbia avuto un senso il lottare e il resistere a oltranza, se così doveva comunque finire.

     

Ma sai che non avresti potuto fare altrimenti.

E faccio il conto delle cose che restano a metà, delle cose che erano incominciate e non potranno essere terminate, delle azioni intraprese che dovranno essere abbandonate, come quando dopo il funerale, metti mano alle cose di chi è partito,  ma sai che anche se qualche cosa si riesce a recuperare, la maggior parte dovrà essere buttata, nella migliore delle ipotesi regalata , e anche quello che vorrai conservare, sarà diverso da come era, perché diverso il contesto in cui sarà inserito.

E hai quasi fretta di voltare pagina, di finire ogni cosa, per non doverci pensare più, e poter ripartire, su basi diverse.  Domani è un altro giorno.

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Esternalità

Post n°286 pubblicato il 03 Febbraio 2008 da lilith_0404

A volte capita che gli studiosi di una certa materia usino parole strane, e insolite, per dare importanza a concetti e situazioni che tutti conoscono e che senza il paludamento di quelle parole sarebbero addirittura banali. Come succede, a parer mio, con questo termine, ‘esternalità’.

Io l’ ho sentito per la prima volta quando ho preparato l’esame di politica economica, ed era nel contesto della spiegazione di un teorema, il teorema di Coase.  Con il termine ‘esternalità ‘ in  realtà, si esprime  una cosa semplicissima, che tutti conosciamo pur senza averla forse mai concettualizzata in definizioni e formule: che cioè a volte traiamo beneficio o danno da azioni che altri compiono per fini che nulla hanno a che fare con noi.

Come quando nell’oratorio in parte a casa mia fanno le feste, e la musica a tutto volume si sente  fino a notte inoltrata. Per gli abitanti delle case circostanti si verifica in questo caso una 'esternalità' :  se apprezzano la musica che viene suonata, posso parlare di esternalità positiva, al contrario se hanno bisogno di dormire e la musica li tiene svegli, si tratterà di esternalità negativa. 

Un caso di esternalità si ha anche quando qualcuno inquina l’ambiente: si  scaricano sulla collettività una serie di oneri, quelli derivanti appunto dal fatto di ritrovarsi con un ambiente inquinato,  che sarebbero in realtà di competenza di colui che inquina. 

Perché è ovvio che l’inquinamento ha un costo, e nell’ambito degli accordi sul clima  contenuti nel protocollo di Kyoto, si è addirittura stabilito di ‘quantificare’ in termini monetari le emissioni di Co2 e di rendere negoziabili, da parte delle aziende, i diritti di ‘inquinare’, istituendo una vera e propria borsa’ in cui questi particolari ‘titoli’ vengono scambiati.

Cioè se una azienda sta producendo gas-serra più di quanto la legge le consentirebbe, può acquistare, pagandoli, i risparmi di emissioni che un’altra azienda, più ‘virtuosa’ ha  realizzato: la prima paga per continuare a produrreCo2, la seconda guadagna per essere stata capace di non produrla. 

Non ho capito bene però che vantaggio ne viene per il resto della popolazione. Se l'emissione di gas a effetto serra é dannosa, consentirla a pagamento non é un modo di permettere a chi li produce di sentirsi in pace con la coscienza e di disinteressarsi degli effetti che le proprie azioni hanno sulla salute e sulla qualità della vita del resto del mondo?

   

 
 
 

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