Astral Night Reverie

Beyond Belief

Angelo mio,

chissà, se mentre sei annidata tra le sue braccia ciclopiche, stretta tra lenzuola sporche che odorano di matrimonio, le ali che ho impresse sulla schiena ti accarezzano ancora il viso.

Chissà, se mentre lui inspira fragranze d'ambrosia dai tuoi capelli d'ebano, ti stropicci il naso e sorridi, sorridi come quando ti soffiavo sulla schiena vento freddo che ti faceva trasalire.
Chissà, se i piccoli scoiattoli impauriti che avevi nel petto sono tornati a rincorrersi, a rincorrersi come quando le nostre quattro labbra diventavano due.
Chissà, se mentre gli sei devota con il corpo ma non con l'anima, minuscole ali di colibrì agitano ancora soffici piume nel tuo stomaco, come quando ti baciavo i palmi delle mani.

Chissà, se ripensi ancora a quando mi hai fatto scendere dal treno, lasciandomi a fissare l'altra metà del mondo che girava, mentre il trucco da sposa non tratteneva più il rimmel.

Ricordi: avevo paura di nuotare. Ma quella sera, verso il tramonto, mi prendesti per mano guardandomi impertinente, dritto negli occhi, con quegli smeraldi che luccicavano come la spuma delle onde. "Vieni con me che ti insegno".
Io, che in realtà sapevo nuotare, ma avevo paura del mare,  ti squadrai un po' di traverso, attonito, come il bimbo che vede la neve per la prima volta. Mi trascinasti, mano nella mano, dita strette tra le dita, di corsa verso l'acqua. Fino a quel momento non sapevo cosa volesse dire veramente saper nuotare.
Me lo facesti capire tu.

Non sapevo cosa fosse il mare. Tu al contrario, eri una sirena.
Andavi sotto ed io con te. Trattenevi il fiato ed io con te.

Mi prendevi in giro perchè avevo paura, paura che non tornassi più su.
Ma il buio degli scogli profondi non riusciva a turbarti.

Quella notte seducemmo l'oscurità con dolore ed estasi, come due prue di navi vichinghe che squarciano le nebbie dei mari artici. Poi i tuoi occhi verdi intrisero il cuscino di scie d'argento quando mi dicesti "Vita mia, devo sposare lui, non possiamo più vederci..." non riuscendo a finire per la voce rotta dal pianto.

Non potevi stare con me perchè le vostre famiglie avevano già deciso.
Questo volevi dirmi, mentre gli occhi si abbassavano e la vergogna ti velava il viso.

Il soffitto della stanza scese pesante sulla mia testa come calpestato dal fragore di dieci elefanti. Rimasi a guardarti senza dire nulla: avrei voluto succhiarti via l'anima e rinchiuderla nella teca di cristallo che porto nel petto, per tenerla per sempre con me. I tuoi capelli neri si fecero ancor più scuri. Non per cogliere il vento, ma per velarti la vista da un mondo freddo. Gli occhi verdi trascinavano giù rivoli di sale, mentre il cigolio sinistro del pavimento era il sibilo della ghigliottina che ci avrebbe reciso i cuori.

"Anima mia, per te dono sangue e sudore ciecamente" mi sussurrasti prima di addormentarti, socchiudendo gli occhi e baciandomi sulla fronte. Non capii, finchè non ti trovai la mattina dopo con i polsi rotti e l'ultimo soffio nella gola. "Lasciami così, voglio andarmene" mi respirasti. Mentre ti stringevo forte le pezze alle mani, mormorasti con gli occhi appannati ed un filo di voce "Se non tua, di nessun'altro".
Ti baciai le mani e il sapore di ferro mi invase la bocca.

Angelo mio, adesso sarai con lui, eppure sento ancora il profumo fresco dei cedri della tua terra complicata, dove legge e religione sono la stessa cosa. Dove la libertà è un deserto che si inaridisce dal profondo. Dove ad una come te non è concesso sposare uno come me.

La tua candela, la candela più luminosa, è stata soffocata da coloro che non sopportavano la realtà. Ogni battito del tuo cuore ha provato a distruggere le bugie, a far tremare le fondamenta. Ma ogni passo che facevi era solo l'ennesima spina che si conficcava nel piede.

Angelo mio, non mi rimane altro che osservare l'orizzonte come un cieco guarda il mare e immaginarti, ancora, nuotare nelle acque profonde senza paura. La tua voce di sirena, ora,  è come la marea del tempo, che prende piccole parti di me e me le restituisce piangenti.

Vorrei avere la forza di uscire da tutto questo, passare al di sotto del blu, al di sotto del dolore e della pioggia nera e pesante come petrolio.

Vorrei vivere abbastanza per poterti sentir gridare ancora nella notte "Ho paura, ho tanta paura" e abbracciare le tue ali di farfalla, che ha scelto il giorno sbagliato per nascere.

Vorrei vivere abbastanza per averti un'ultima notte e respirare sabbia d'oriente dalle tue labbra. E poi svegliare l'alba per chiederle perché nei sogni dei poeti lei non muore mai.
Forse mi direbbe che si tiene in vita solo per riscaldare di luce ramata i tuoi sorrisi di seta.

Amore mio, Jasmine, ti prego, baciami ancora. Solo una volta
Baciami ancora, finchè le tue labbra sono ancora rosse.

Ancora rosse per me.