Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima …
Era divenuta un pensiero costante, un ripetersi ciclico nella mente delle stesse frasi. Però la sua storia non era credibile. Suo padre se ne sarebbe accorto subito. Suo padre era bravo. Sapeva ascoltare e capiva l’essenza delle parole. Gli bastava guardarti negli occhi e non eri più tu a parlare a lui, ma lui ad ascoltare te. I suoi occhi ti osservavano, ti scrutavano e giungevano al tuo cuore. Lui ti stregava ascoltandoti e tu cominciavi a balbettare. Sembra facile parlare con il proprio padre, ma con lui si finiva sempre a balbettare, a dimenticarsi le parole.
Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima …
La storia era ben congeniata, non sembravano esserci problemi, però non funzionava. Pensò a modificarla per renderla più efficace, più incisiva, ma non gli venne in mente nulla. Era un giorno che ci pensava. Provò un’altra volta. Forse era la centesima volta. Uscì solo un sospiro. Era troppo lungo per significare solo delusione. Con la mente libera iniziò a raccontare la sua storia, anche se la strada era vuota e polverosa.
Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima …
Provò a migliorarne l’esposizione. Mutò il tono di voce quando necessario. Gesticolò con le mani per accompagnarne le parole e tenne lo sguardo fisso. Infine, immaginò che lì ci fosse suo padre. Gambe conserte, mano quasi immobile sul mento e occhi fissi nei suoi. Niente di nuovo. La storia non era credibile, anche se lì lo stava fissando solo una palma consunta e non suo padre. Immaginò i rimproveri. Una storia non credibile. Non gli sarebbe stato difficile capire che la sua storia non era credibile e avrebbe solo dimostrato che il giorno prima non aveva fatto il proprio dovere. Con rammarico si diresse verso casa.
Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima …
Attraversò la piazza, come sempre piena di uomini. Parlavano, discutevano, qualcuno fumava stanco. Avrebbe potuto fermarsi un attimo. Parlare con qualcuno. Immaginare che fosse suo padre e raccontargli la sua storia. Sarebbe stato solo un ingannarsi. Per loro era un ragazzino di undici anni che aveva abbandonato la scuola. Era uno dei tanti. Conoscevano suo padre, ma lui non era suo padre. Forse gli avrebbe concesso un attimo. Lo avrebbe ascoltato, prima di scuotere la testa e di dargli una moneta per rincuorarlo. Un rimborso per la sua delusione. Un comprare il suo silenzio. Però decise di provare lo stesso.
Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima …
Contò le monete nel cappello. Diversi uomini si erano fermati. Alcuni attenti, altri distratti, alcuni per poco, altri, meno di dieci, per tutta la storia. I loro volti avevano ascoltato. Non li conosceva, ma erano uomini della piazza e si erano fermati per la sua storia. Le monete erano il segno della loro riconoscenza. Quei loro volti erano la vera soddisfazione. Era la prima volta che la piazza lo accettava, che decideva che poteva inseguire il suo sogno. Nessuno dei suoi sei fratelli desiderava essere come loro padre: uno che racconta storie alla piazza. Suo padre raccontava storie alla piazza da quaranta anni. Ripensò alla sua storia. Accettata, ma comunque ancora non bella. A suo padre non sarebbe piaciuta, ma lo avrebbe aiutato. Era lui che gli aveva insegnato a mutare la voce, a gesticolare e a scegliere gli uomini da fissare per stregare tutti gli altri. La sua storia era veramente un pensiero ricorrente e non voleva ignorarla. Non erano frasi ripetute, ma qualcosa di vivo. Ci sarebbero voluti anni per imparare l’arte di raccontare storie, ma era giovane e aveva un ottimo maestro, intanto continuò a rivivere la sua storia.
Era una magnifica giornata, tiepida e trasparente. Le montagne formavano un semicerchio di vette innevate e sembravano così vicine da poterle toccare allungando un braccio. Le otto del mattino. Pareva impossibile che avesse potuto rovinarsi in quel modo la sera prima …
Questo post partecipa al gioco narrativo Incipit indetto da Writer
Se ho sbagliato tutto, perdonami, solo un'impressione
Il tuo testo racconta la storia di chi sceglie di raccontare storie, ne lascia sentire le difficoltà e la bellezza, soprattutto mette in scena gli ascoltatori (o i lettori, in altro contesto). Come chi scrive non scrive mai davvero solo per sé, chi racconta tesse un legame con la voce e i gesti e l'attenzione al suo pubblico ... c'è uno scambio e nessuno riceve senza dare
La frase iniziale (dopo aver letto tutti i racconti per il gioco) inizia a sembrare anche a me un ripetersi ciclico :)
Credo che la scrittura possa nascere come qualcosa di personale, ma poi inevitabilmente si debba evolvere come una sorta di comunicazione verso gli altri. Per quello che riguarda il racconto narra proprio un primo momento in cui inizia ad apparire questo contatto.
poi, chissà perché, io mi sono immaginata una piazza mediorientale e un racconto con uno sfondo "torinese".....:).
comunque hai trovato un grande escamotage, complimenti! e la tua parte mi piace molto.:)
In primis, sei stata brava ad individuare la piazza mediorientale come collacazione, dto che gli elementi ambientali sono molto minimali (la palma consunta, la piazza, la via polverosa, i sei fratelli).
Il fatto che tu idenfichi come "torinese" lo sfondo secondo me è molto orientato dalla provenineza sia dell'autore dellincipit sia di chi ha steso queste qauttro frasi, di sicuro il contrasto è forte.
Inizio a rispondere a te sulla storia del novello raccontatore di storie: probabilmente (dato che nelal mia mente l'ho sola abbozzata no chiedendo troppo dettagli al ragazzino) si tratta di una storia basata sulla mitologia araba. Nello specifico l'incanto creato è molto limitato poche persone si fermano completamente, per molte è solo curiosità: passsano, guardano e se ne vanno.
per quanto riguarda il racconto, l'ho trovato trascinante, fino alla fine io non ho capito che tipo di storie dovesse raccontare, mi immaginavo un bambino che avesse combinato una marachella e che doveva inventarsi una storia per giustificarsi con il padre...invece voleva solo seguirne le orme....
saper raccontare è una dote naturale, che solo con la pratica raggiunge grandi risultati
Perfetto è una parola grossa.
Per il resto più che una vera difficoltà, l'ho vista come uno stimolo; una possibilità per trovare una mia personale strada.