Creato da lilith_0404 il 20/02/2005

A Room of One's Own

This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!

 

 

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Ognuno per sè e Dio per tutti?

Post n°97 pubblicato il 30 Aprile 2006 da lilith_0404

Forse sarà stato perché il 21 aprile é anche il mio compleanno,  e quell’inizio del post n. 466 di Merizeta : ‘La ragazza bionda compie oggi 42 anni, ma ne dimostra parecchi di meno’, messo proprio il 21 aprile, mi ha inevitabilmente  indotto a  fare i paragoni del caso... io ne ho compiuto qualcuno in più, ma questa é solo la meno significativa delle differenze tra di noi.

Sono del tutto comprensibili l’ammirazione e l’ invidia, in senso buono, che esprime Merizeta. Chi di noi non ha mai sognato di andarsene, e di vivere una vita libera da vincoli e da costrizioni. Più di una volta, parlando con le mie nipoti le ho sentite esprimere quel proposito : “quando avrò diciotto anni, vado a vivere da sola”, e forse perché io sono una zia e non una mamma, e mi ricordo ancora di quando, alla loro età, sognavo di fare altrettanto,di solito in me trovano una alleata per questi loro progetti. E quando mia sorella ha voluto andare a studiare lontano da casa, l’ho spalleggiata, ho fatto opera di persuasione con i genitori, l’ho finanziata, perché potesse andare.

Eppure, quell'individualismo che non ha bisogno di nessuno, quell’ideale di vita in cui ‘ci si basta da se’ , in qualche modo mi sembra sbagliato.

Perché é facile, bastarsi da sè, quando si é giovani, in buona salute, con un lavoro magari anche precario, ma che ti procura un reddito sufficiente ai tuoi bisogni. Ma come la mettiamo se una o più di una di queste condizioni viene a mancare? Agli anziani, ai malati, ai giovani che ancora non sono in grado di provvedere a se stessi, chi ci pensa?

Lo so che i filosofi nel corso dei secoli hanno ipotizzato società ideali in cui le strutture familiari risultano superate, ma siamo sicuri che  saremmo fiù felici se si realizzassero?

Io credo che un solo filo non fa la corda forte, e la famiglia é la struttura in cui si incomincia ad imparare la solidarietà.

Non per fermarsi li, naturalmente, ma da lì si parte.

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Commenti al Post:
nef29
nef29 il 02/05/06 alle 10:36 via WEB
una corda a tre capi è sicuramente più difficile da spezzare... anch'io credo molto nel valore della famiglia lilith.
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 03/05/06 alle 14:29 via WEB
sai, anche psicologicamente, la parola 'legami' suscita il senso della costrizione, di qualcosa fatto perché si deve.E al contrario la parola 'indipendenza' da immediatamente un senso di libertà. Ma ci sono legami non sono negativi, e ci sono libertà che invece alla lunga diventano solitudini...
 
nef29
nef29 il 02/05/06 alle 10:37 via WEB
posso lasciarti qui i miei auguri adesso, in ritardo? Auguroni di cuore cara lilith! Un abbraccio sincero, Francesca
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 03/05/06 alle 14:21 via WEB
:-)gli auguri sono sempre graditi, grazie :-)
 
VegaLyrae
VegaLyrae il 02/05/06 alle 18:50 via WEB
Ognuno per sè e Dio per tutti... In effetti è triste pensare di non poter contare su nessuno e di dover far fronte alle difficoltà della vita camminando solo sulle proprie gambe. E' bello invece pensare di avere qualcuno su cui poter contare. Finora questo "qualcuno" nella nostra società, è stato rappresentato dalla famiglia e in effetti nulla probabilmente più di un legame di sangue può "garantirci" una certa vicinanza e solidarietà in caso di bisogno. Però la società è in evoluzione; non sempre anche tra fratelli si osserva quella solidarietà che ci si potrebbe aspettare, e la famiglia non è più quella roccaforte salda che era un tempo (sia nel bene e nel male, ovvio), e in cui noi stessi siamo cresciuti. Purtroppo oggi capita sempre più spesso di osservare come questo legame familiare vada facilmente rompendosi o allentandosi. Ormai circa il 50% dei matrimoni sfocia in una separazione a causa di una serie di fattori riconducibili sostanzialmente al maggior grado di aspettative e di insoddisfazione da parte dei membri della coppia e alla maggiore indipendenza economica raggiunta delle donne. E' un dato di fatto difficilmente arginabile, temo. E questo rende noi tutti un pò più soli ad affrontare la vita. Il problema sorge soprattutto nella tutela dei figli: sarebbe auspicabile che le separazioni avvenissero con un tale grado di lucidità e razionalità da permettere di porre l'amore nei loro confronti in cima alle priorità; bisognerebbe saper rimanere amici per il loro bene. Il legame, in quanto genitori, non dovrebbe mai finire, e raramente questo accade. Così come per gli anziani che oggi sempre più spesso trascorrono gli ultimi anni della loro vita in case di riposo a causa delle difficoltà lavorative dei figli, ma spesso non ricevono nemmeno le loro visite e vengono quasi "dimenticati". La società è in evoluzione e il processo, almeno per il momento mi pare irreversibile; sarebbe bello se si riuscisse a trovare nuove forme di solidarietà, di legame, e di sostegno reciproco al di là dei legami familiari. Se ciò non accade, temo che saremo tutti destinati ad essere sempre più soli. Io sono cresciuta in una famiglia tradizionale e ho sempre avuto il sostegno dei miei genitori fino a non molti anni fa, quindi, a dispetto della mia veneranda età, solo da poco mi sto "affacciando" alla vita e solo ora sto prendendo atto di quanto sia difficile contare solo su se stessi!
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 03/05/06 alle 14:46 via WEB
La famiglia di oggi non é certo quella di 100 anni fa, e quella di 100 anni fa non era quella del primo secolo d.c. Le strutture sociali cambiano, si adattano alle evoluzioni economiche e culturali. Non intendo arroccarmi in una difesa ad oltranza della famiglia tradizionale, di cui conosco perfettamente i limiti e gli aspetti negativi. Se parlo di famiglia,mi riferisco ad un nucleo di persone legato da rapporti di affetto, ancora prima che da rapporti di sangue o da sanzioni di tipo legale. Quello che mi lascia con un senso di disagio é il considerare la propria libertà un valore assoluto, a cui subordinare tutto il resto... io penso che non si vada molto lontano, in questo modo.
 
   
VegaLyrae
VegaLyrae il 03/05/06 alle 16:34 via WEB
Sono perfettamente d'accordo con te nel definire la "famiglia" come un nucleo di persone legate da rapporti di affetto, più che da rapporti di sangue o da vincoli legali. E' quindi l'intensità del sentimento che dovrebbe "fare" il legame. Ma la questione non è così semplice come potrebbe apparire. Qual'è il confine tra la nostra libertà e la responsabilità verso chi ci sta vicino? Questo confine è univoco oppure è soggettivo? E ancora: quali sono i parametri da considerare per sapere quando è legittimo difendere la propria libertà e quando invece è eticamente opportuno rinunciare a parte di essa a favore dell'altro? In altre parole mi chiedo se abbia la priorità l'aspetto qualitativo (intenistà del sentimento che lega le due persone) oppure quello quantitativo (durata del legame). Perchè, se è l'intensità a prevalere, allora la questione è una falsa questione e il problema non si pone; in queste condizioni infatti il sostegno, la solidarietà e il supporto reciproco sono spontanei e probabilmente irrinunciabili. Se viveversa è la durata del rapporto o un qualsivoglia altro vincolo ad avere il peso maggiore, allora il concetto stesso di "vincolo" scardina quello di famiglia intesa come persone legate da un rapporto affettivo prima ancora che giuridico. Qui ho esasperato il concetto e sicuramente la vertità sta nel mezzo, ma è proprio la definizione di questo valore intermedio a rendere spesso difficile il capire su chi possiamo contare e su chi invece no.
 
     
lilith_0404
lilith_0404 il 05/05/06 alle 08:16 via WEB
Le tue domande non sono di poco conto.Al giorno d'oggi é messo molto di più che in passato l'accento sui sentimenti, e sui vincoli affettivi che dovrebbero tenere insieme le persone.L'intervento della legge, di solito, é necessario laddove non ci si arriva con l'affetto e con la disponibilità reciproca, e la soluzione che se ne ricava é sempre comunque una soluzione che lascia scontenti. La famiglia inoltre si caratterizza anche (non dico soprattutto, ma insomma ..) da rapporti di tipo economico e il recente dibattito sui Pacs e sulla legge che dovrebbe tutelare le unioni di fatto, secondo me dimostra che la famiglia cambierà pelle,ma non smetterà di esserci.
 
merizeta21
merizeta21 il 04/05/06 alle 09:54 via WEB
dato che son discontinua, non ho letto questo post sino a ora. Ma meglio tardi che mai...intanto ti ringrazio per i tuoi commenti. Ma il mio discorso era incentrato, più che altro, sulla definizione di "bisogno degli altri" che ci portiamo dentro, noi inteso come "generazione" e anche come "italiani". In altri paesi d'Europa - la ragazza che ho citato è francese - non è uso restare abbarbicati alla famiglia per così tanto, e non è uso uscirne solo per andare a formarsene una con un uomo. E questo è sano, perchè per me, e per molte altre che conosco, la fine della famiglia che mi ero costruita con mio marito è stato anche la fine della mia vita felice....
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 05/05/06 alle 08:42 via WEB
Temo di essere ancora più discontinua di te, perennemente in ritardo a rispondere, e me ne scuso...Per le donne della nostra generazione (parlo al plurale, perché credo che siamo più o meno coetanee) quasi obbligatoriamente l'uscita dalla famiglia era giustificata solo dal fatto di formarsene un'altra con un uomo, ma credo che prorio a partire da noi le cose hanno cominciato a cambiare, e sicuramente sono diverse per le ragazze che hanno oggi vent'anni. Il problema, però, é che questa libertà finalmente conquistata mettendo l'individualismo al primo posto nella scala dei valori,non si ritorca come un boomerang verso chi al momento ne beneficia... Al di là di questo, io credo che non fosse sbagliato quello che scriveva Lupopezzato in un suo post di qualche tempo fa: "la felicità é plurale"... :-)
 
lupopezzato
lupopezzato il 04/05/06 alle 14:07 via WEB
Lo sanno in tutto il mondo che a Napoli non siamo puntuali ma per una volta voglio sfatare questa leggenda: "buon compleanno, lili". :o)
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 05/05/06 alle 08:44 via WEB
:)gli auguri che non ci si apetta sono ancora più graditi... :-)
 
Haashim
Haashim il 05/05/06 alle 17:15 via WEB
Sono d'accordo con te sull'importanza della famiglia nella nostra società e penso che l'evoluzione dello stato si vede anche dal tipo di politica sociale che attua. Pur cadendoci anch'io, a volte, penso che l'individualismo esasperato riveli una certa immaturità. ciao :-)
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 06/05/06 alle 23:25 via WEB
ognuno di noi, a meno di non essere masochisti, desidera essere felice, ed essere padroni della propria vita, liberi di disporne come meglio aggrada é senz'altro un desiderio legittimo.Tuttavia c'é da prendere atto che, sebbene io possa essere in grado di bastare a me stessa, può esserci qualcuno che ha bisogno di aiuto per farcela.. La domanda é:a chi tocca fornire quell'aiuto? La politica sociale in buona sostanza riflette i valori prevalenti nella società, e al tempo stesso può però influenzare il modo in cui le persone riescono a conformare il proprio comportamento ai valori in cui credono. Per chiarire quello che voglio dire, prendiamo ad esempio quello che scriveva Vega Lyrae nel suo commento qui sopra, riguardo al fatto che gli anziani finiscano i loro giorni in una casa di riposo: é evidente che prendersi cura di un grande anziano, magari malato e che necessita di assistenza continuativa può essere un impegno troppo gravoso, e superiore alle forze di un figlio, per quanto animato dalle migliori intenzioni, specialmente se deve affrontare il problema senza poter contare sull'aiuto di altri familiari.. Una politica sociale attenta a questo genere di problemi può allora essere di supporto...
 
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