Creato da lilith_0404 il 20/02/2005
A Room of One's Own
This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!
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Inviato da: MARIONeDAMIEL
il 24/04/2021 alle 22:24
La vita è un male immaginario con effetti collaterali...
Inviato da: cassetta2
il 27/07/2020 alle 15:44
:)
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Il matrimonio è solo l’aspetto civile e giuridico di una coppia. L’amore è un fatto privato. Siamo noi che, nel nostro stupido sottovalutare le regole e le problematiche civili, diamo al matrimonio anche un valore sentimentale che assolutamente non dovrebbe avere.
Questo vale ovviamente anche per le cosiddette coppie di fatto e, premesso che la religione non c'entra un cazzo, veniamo alla sostanza.
Il riconoscimento giuridico della coppia è sancito dal matrimonio civile e non può essere delegato ad una autocertificazione o alla testimonianza del vicino di casa.
L’autocertificazione delle coppie di fatto diventa qualcosa di ridicolo rispetto ad argomenti complessi come il diritto alla reversibilità di una pensione o di un’assicurazione sulla vita oppure di una eredità.
Senza il matrimonio i ruoli giuridici equivarebbero a quelli di una jungla.
Mentre il matrimonio definisce chiaramente i ruoli degli individui in termini amministrativi, mi chiedo come possa fare altrettanto, in termini giuridici, con le coppie di fatto. Provo ad immaginare una coppia di fatto dove, a sua volta, ognuno dei due abbia una sua ulteriore vita parallela. A chi spetterà la reversibilità della pensione o una eredità.
In termini sociali penso che certi pacs avanti servano soltanto a riportarci sull'albero dal quale cerchiamo faticosamente di scendere.
Sarebbe più importante invece chiedere al legislatore che si rendessero più snelle e meno onerose le procedure per la separazione ed il divorzio. Ovviamente il matrimonio civile, che per me resta l’unico atto amministrativo valido per il riconoscimento giuridico della coppia, andrebbe esteso anche alle coppie omosessuali. Fermo restando che queste ultime non devono poter adottare bambini. Ciao.
Leggendo il tuo commento, mi è venuto da sorridere, perchè mentre apparentemente sosteniamo posizioni contrapposte, in realtà entrambi stiamo difendendo l’istituto del matrimonio: tu sostenendo che ‘il matrimonio civile… resta l’unico atto amministrativo valido per il riconoscimento giuridico della coppia’, proponi solo di rendere più facile e meno oneroso il porgli termine,mentre io ne vorrei estendere le implicazioni giuridiche e legali anche a situazioni in cui la coppia non si sia attivata per formalizzare la situazione.
Che l’amore sia un fatto privato, che non c’entra niente con il‘contratto’ di matrimonio, lo scrivevo sopra in risposta a Magdalene57. Che buona parte del problema derivi dal mescolare impropriamente problematiche legali a considerazioni religiose, ne sono assolutamente convinta.
Premesso questo, veniamo alla sostanza.
Attualmente, il matrimonio è una dichiarazione di volontà dei due contraenti di fronte a due testimoni e ad un pubblico ufficiale. Tutto il resto è scenografia, e non aggiunge nulla all’atto in se’. Direi che non è poi tanto diverso da una autocertificazione e dalla testimonianza del vicino di casa. La differenza consiste nel momento in cui la cosa assume rilevanza giuridica: immediatamente, e da li in avanti, per il matrimonio. Dopo un tot di tempo di convivenza, adeguatamente documentata dai registri anagrafici, nel caso delle coppie di fatto.
Mi riesce difficile immaginare una coppia di fatto dove, a sua volta, ognuno dei due abbia una sua ulteriore vita parallela, stante il fatto che per avere la residenza in un comune, o ad un indirizzo, si viene cancellati dall’altro, e dubito che la ‘vita parallela’ di cui parli si svolga allo stesso indirizzo anagrafico.
Tu dici che ‘Senza il matrimonio i ruoli giuridici equivarebbero a quelli di una jungla’. A me sembra che sia il non riconoscere una rilevanza giuridica ad un comportamento concludente di convivenza a creare una situazione di assenza di tutela giuridica a una larga fetta di rapporti sociali…
:) CiaoNon capisco, perciò, in termini amministrativi e giuridici il motivo per il quale la coppia non sposata non intenda sottoscrivere il matrimonio inteso come fatto amministrativo.
In fondo, dare la stessa rilevanza giuridica alla coppia di fatto equivarrebbe ad abolire il matrimonio che non avrebbe più senso. O no?
Mi pare che tu identifichi in una coppia di fatto, la coppia che convive sotto lo stesso tetto e questo lo consideri una parità giuridica con chi è sposato. Ma allora la coppia di fatto che invece non divide lo stesso tetto? Scusami ma il diritto lo definisce lo stato di coppia o lo stato di coppia abbinato al tetto?
Capisci dove verrebbe fuori la jungla? Dici «Dopo un tot di tempo di convivenza, adeguatamente documentata dai registri anagrafici, nel caso delle coppie di fatto». Ok, ora prova a spiegarmi, se fossi tu il legislatore, quel tot quanto è? Un mese, un anno o di più? Perché vedi è proprio quel tot che diventa un non senso in termini amministrativi. Perché mentre una data di matrimonio è, in termini giuridici, una data certa e la legge non si preoccupa di nessun tot, mi spieghi cosa significherebbe in termini legali il tot? E mi dici anche per quale motivo una coppia di fatto dovrebbe aspettare un tot per essere considerata alla pari di una coppia sposata? Se il matrimonio ti riconosce dei diritti da subito perché ad una coppia di fatto non dovrebbe riconoscerli da subito? Strano a dirsi ma, con il tot, la coppia di fatto si discrimina da sola e per cosa? Solo perché non vuole riconoscere un istituto amministrativamente e giuridicamente così necessario?
Ciao :o)
Tu dici : “Non capisco […]il motivo per il quale la coppia non sposata non intenda sottoscrivere il matrimonio inteso come fatto amministrativo.”… beh, vuoi che ti dica la verità? Non lo capisco neanche io.
Mi è capitato in alcune occasioni di discutere con le mie nipoti, che spavaldamente sostenevano che al momento opportuno avrebbero scelto la convivenza, scavalcando a piè pari il passaggio del matrimonio, e mi è sembrato che a voler essere evitata fosse tutta la messinscena di cerimoni-pranzo-vestito-invitati-festa. Neanche si ponevano il problema delle implicazioni giuridiche del loro comportamento.
Poi io posso solo ragionare su quello che vedo, sull’esperienza degli amici che conosco e che hanno scelto questa forma. Per alcuni la convivenza è più ‘accettata’ che scelta. Una mia amica convive con il proprio compagno da 15 anni, e quando la cosa è cominciata era convinta che il matrimonio sarebbe seguito a brevissimo, l’aveva annunciato a parenti e amici, ma il compagno ha continuato a rimandare, un anno dopo l’altro, finché ha preso atto che non se ne sarebbe fatto nulla. Il collega che ho citato nel post, mi dicono che inizialmente ci fosse l’impedimento di un precedente matrimonio, non ancora diventato definitivamente divorzio. In seguito, mi è stato detto che la donna abbia anche insistito per arrivare ad una formalizzazione del rapporto, che però l’uomo non ha voluto accettare. Ormai c’erano figli, e una situazione ‘stabilizzata’ di convivenza, buttarla in aria non era così facile… Quello che voglio dire è che le situazioni sono tante, i motivi e i perché sono diversi da un caso all’altro, ma è un fatto documentato che le ‘convivenze’ more uxorio sono in costante aumento, e secondo me la necessità di una regolamentazione giuridica del fenomeno è imposta dalla situazione.
Ovviamente so che si può essere ‘coppia’ anche senza la convivenza, ma credo che in questo caso sia evidente la volontà delle parti di mantenere una reciproca indipendenza, e questa volontà credo che sia prevalente su altre considerazioni. Molto meno evidente, anzi, evidentemente assente vedo la volontà di mantenere l’indipendenza quando una coppia sceglie di convivere. Andare a vivere insieme è una manifestazione di volontà, e poiché un requisito del contratto di matrimonio è proprio la convivenza, a quella io darei rilevanza per valutare un comportamento ‘concludente’ che dimostri l’esistenza della coppia.
Fissare un tot di tempo per far diventare rilevante un comportamento è normale, nelle questioni legali: hai mai sentito dire che il possesso di un oggetto non tuo, dopo un tot di tempo (non chiedermi quanto, che non me lo ricordo) te ne attribuisce la proprietà? Perfino la proprietà di terra e di case, cioè di beni immobili che solitamente si trasferiscono per atto pubblico davanti ad un notaio, può essere acquisita per usucapione, decorso un adeguato periodo di tempo. E la dichiarazione di morte presunta, non può essere forse dichiarata dopo un certo numero di anni di assenza della persona? Il punto è che la legge può stabilire che un comportamento, non occasionale e sporadico, ma prolungato e ripetuto nel tempo, assuma una rilevanza giuridica. Il ‘quanto’ tempo è stabilito dalla legge, in funzione degli interessi contrapposti che devono essere tutelati.
Che poi dare rilevanza alla coppia di fatto equivalga ad abolire il matrimonio, che in seguito a questo non avrebbe più senso, non posso darti torto,ma probabilmente dipende anche da come sarà formulata la legge sulle coppie di fatto, quali e quanti diritti sceglierà di estendere, e con quali tempi e modalità… e qui mi aspetto la tua obiezione: “ma allora, continuerebbe ad esserci una discriminazione, tra coppia sposata e coppia di fatto” … beh, credo che sia come quando un rapporto di lavoro viene stipulato con tutti i crismi, e contratti con il datore di lavoro il superminimo, il fringe benefit, il livello di inquadramento, e quando invece il riconoscimento del rapporto lo devi ottenere con una azione legale, e al massimo puoi aspettarti il minimo sindacale….
:) ciao.