Creato da lilith_0404 il 20/02/2005

A Room of One's Own

This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!

 

 

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c'era una volta la famiglia...

Post n°152 pubblicato il 16 Novembre 2006 da lilith_0404
 

immagineRiordino un cassetto, e mi capita tra le mani una vecchia fotografia: un gruppo di persone sorridenti, strette attorno ad una signora dallo sguardo dolce e dai capelli candidi, seduta elegantemente in poltrona. Subito la memoria ritorna alla sera in cui venne scattata, tredici anni fa: eravamo a casa della signora in poltrona e stavamo festeggiando il suo novantesimo compleanno.

L’avevo conosciuta alcuni anni prima, per motivi di lavoro, e poiché era seminferma in seguito ad un grave incidente che aveva subito, quando aveva bisogno di incontrarmi non era lei a venire in ufficio, ma io che andavo da lei, e forse per questo i rapporti divennero presto molto cordiali.

Viveva a quel tempo nel ricordo del marito, morto qualche anno prima, e che aveva amato appassionatamente. Mi riceveva nella sua stanza di soggiorno, e mentre prendevamo insieme il caffè mi raccontava che per stare con lui si era messa in urto con la famiglia, appartenente alla buona borghesia cittadina, che non lo accettava accanto a lei, essendo l’uomo all’epoca separato da una precedente moglie dalla quale, si era negli anni trenta, non poteva divorziare.

Per poter vivere con lui, mi raccontava di aver interpretato per anni la parte della governante della sua casa, fino a quando, morta la prima moglie, poterono regolarizzare la loro unione. Con grande scandalo dei parenti il matrimonio venne celebrato senza rispettare il periodo di lutto, ma il momento era stato atteso da talmente tanto tempo, che ogni indugio appariva non più giustificato.

Non posso evitare di pensare a come siano cambiati i tempi, nel giro solo di pochi decenni. Passo mentalmente in rassegna quante coppie conosco che vivono una unione che di fatto è un matrimonio ma legalmente non lo è. Mi chiedo cosa penserebbe la signora nella fotografia del mio collega, per esempio, che vive da tutta una vita con una donna con cui non pensa affatto di sposarsi,sebbene nessun ostacolo si frapponga, e abbiano avuto insieme anche due figli, ormai grandi.

Oggi perfino chi si oppone alla approvazione della legge sulle unioni di fatto non può fare a meno di prendere atto della diffusione di questa modalità di ‘essere coppia’, spesso peraltro adottata in via preliminare e solo per un periodo di tempo, prima di arrivare a formalizzare il rapporto con un ‘contratto ufficiale’ di matrimonio .

Io credo che opporsi alla approvazione della legge che ne definisca comunque giuridicamente le modalità, opponendo la scusa di voler ‘salvaguardare’ il valore della famiglia intesa nel modo tradizionale, o focalizzare l’attenzione sulle coppie omosessuali per esasperare sterilmente i toni della polemica, sia un modo molto miope di gestire un fenomeno che esiste anche senza la legge, e malgrado la sua assenza.

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Commenti al Post:
cinico_nick
cinico_nick il 17/11/06 alle 09:41 via WEB
... io mi pongo sempre una domanda, alla quale non so dare risposta: "se due persone delle stesso sesso decidono di vivere assieme, e garantire il loro rapporto anche legalmente, che cazzo gliene frega agli altri?!"... ma in paese cattolico come il nostro la risposta, forse non dovrebbe essere cosi difficile...
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 18/11/06 alle 07:04 via WEB
io questo tipo di domanda non me la voglio porre, perché ritengo che non sia quello il problema. Personalmente penso che una legge sulle coppie di fatto sia necessaria perché questa modalità di 'essere coppia', é oggi molto diffusa, indipendentemente dalla legge, e si creano di fatto situazioni che sono abbastanza assurde: Ho una amica che convive con il proprio compagno da 15 anni, ma se uno dei due dovesse ammalarsi gravemente, l'altro non avrebbe titolo a poter prendere decisioni sul da farsi, se uno dei due venisse a mancare, l'altro non avrebbe titolo ad decidere del funerale, non esiste diritto all'eredità, e via discorrendo. Mi potrai dire che se avessero voluto regolare giuridicamente questi rapporti tra di loro avrebbero potuto non fare altro che sposarsi. Vero. Ma, a parte il fatto che a volte esistono situazioni in cui ci sono impedimenti alla possibilità di contrarre matrimonio, si dà anche il caso che in numerose circostanze la legge, pur richiedendo determinate forme ufficiali, tipo atto pubblico o forma scritta, per riconoscere piena validità a certi atti, tuttavia ammette che anche in mancanza di tali forme un comportamento concludente da parte delle persone possa esplicare effetti giuridici, sia pure limitati. Penso alle società di fatto, per esempio, oppure, per restare in un ambito che mi é familiare, ai rapporti di lavoro: se una persona venisse a lavorare da me, anche se io non le consegnassi la lettera di assunzione, o non mandassi le prescritte comunicazioni al centro per l'impiego, credi che il rapporto di lavoro sarebbe 'inesistente'? Posso assicurarti che non ci sarebbe bisogno di un principe del foro per far ottenre il riconoscimento di fatto del rapporto , e un qualunque ispettore Inps o Inail potrebbe addebitarmi contributi e sanzioni sulla base dell'esistenza 'di fatto' del rapporto di lavoro.. Ecco, io credo che anche nel caso del matrimonio dovrebbe essere così, prevedendo che ad un comportamento concludente e protratto nel tempo conseguano una serie minima di tutele e di impegni. E la cosa non é così difficile da pensare, stante il fatto che una normativa in tal senso é già in vigore per i nostri parlamentari, i quali l'hanno approvata per se stessi, ma fanno tante storie per estenderla ad altri: per dirla con Orwell, come spesso succede, tutti gli animali sono uguali, ma qualcuno é più uguale degli altri.
 
magdalene57
magdalene57 il 18/11/06 alle 10:25 via WEB
le unioni si fanno con l'amore il rispetto e la voglia di camminare insieme. tutto il resto è pura formalità. necessaria ahimè. ma a vpolte anche scomoda. io mi scandalizzo più quando vedo coppie che non si guardano nemmeno più negli occhi, o restano ognuno nel suo silenzio, o, peggio, vivno nella violena psicologica o fisica... di questo mi preoccuperei se fossi nella chiesa.
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 18/11/06 alle 16:32 via WEB
io credo che sia verissimo quello che dici, sempre di meno il matrimonio viene visto come un 'contratto' e sempre più viene data importanza alla componente 'sentimentale' della cosa. Se ancora cento, o cinquanta anni fa, sposarsi era un modo di 'sistemarsi', con implicazioni anche spiccatamente economiche ( ti dice niente che la sposa dovesse portare una 'dote' al marito?) oggi è diventato imprescindibile che alla base della relazione ci sia un 'sentimento'. Al tempo stesso la maggiore autonomia economica delle donne rende più facile anche optare per una rottura del rapporto conugale, qualora questo diventi , per tanti motivi, non più sostenibile. Secondo il recente rapporto EURES i matrimoni in Italia sono diminuiti di un terzo negli ultimi 30 anni passando da 6.7 ogni mille abitanti del 1975 a 4.3 su mille nel 2005. In compenso sono aumentati gli addii : dal 1995 al 2004 sono in crescita costante sia le separazioni (+59 per cento) sia i divorzi (+66.8 per cento). Poi, magari, ci si riprova con un altro partner, visto che l'indagine rivela pure un significativo aumento dei secondi matrimoni che passano da un'incidenza pari al 2.9 per cento del totale nel 1975 al 7.1 per cento nel 2003. Tutto questo significa, a parere mio che il modo di essere 'coppia' e di fare famiglia non é più lo stesso che era 50 o 100 anni fa, e la legge deve necessariamente prenderne atto. Io trovo assurdo che due persone che scelgono di vivere insieme siano viste, da un punto di vista legale come se fossero dei perfetti estranei, al punto che se uno dei due partners dovesse morire, il compagno non avrebbe neppure diritto di tenersi gli oggetti personali, per ricordo, dato che legittimamente i 'parenti' potrebbero pretenderli in quanto soli eredi del defunto. Qualcuno sostiene che una coppia che sceglie di vivere insieme senza sposarsi é proprio perché non vuole incorrere in tutti i vincoli che comunque il matrimonio pone, ma secondo me, se l'obiettivo é l'indipendenza l'unica possibilità reale é che ciascuno mantenga il proprio domicilio, perché é inevitabile nel momento in cui si vive insieme che si creino situazioni sia patrimoniali che giuridiche che in molti modi vincolano e condizionano, e nel momentoin cui queste situazioni ci sono, c'é anche la necessità di una lege che le regoli. Il discorso sentimentale o i dettami della religione sono su un piano diverso, riguardano la coscienza dei singoli. Ciò che invece la legge deve disciplinare sono i rapporti patrimoniali e le altre questioni 'sociali', come la tutela previdenziale, e in queste cose la religione ci sta come i cavoli a merenda:del tutto fuori luogo.
 
lupopezzato
lupopezzato il 19/11/06 alle 16:00 via WEB
Mah, eppure mi sembra così semplice. Forse il problema lo creiamo proprio quando vogliamo mischiare il sacro con il profano.
Il matrimonio è solo l’aspetto civile e giuridico di una coppia. L’amore è un fatto privato. Siamo noi che, nel nostro stupido sottovalutare le regole e le problematiche civili, diamo al matrimonio anche un valore sentimentale che assolutamente non dovrebbe avere.
Questo vale ovviamente anche per le cosiddette coppie di fatto e, premesso che la religione non c'entra un cazzo, veniamo alla sostanza.
Il riconoscimento giuridico della coppia è sancito dal matrimonio civile e non può essere delegato ad una autocertificazione o alla testimonianza del vicino di casa.
L’autocertificazione delle coppie di fatto diventa qualcosa di ridicolo rispetto ad argomenti complessi come il diritto alla reversibilità di una pensione o di un’assicurazione sulla vita oppure di una eredità.
Senza il matrimonio i ruoli giuridici equivarebbero a quelli di una jungla.
Mentre il matrimonio definisce chiaramente i ruoli degli individui in termini amministrativi, mi chiedo come possa fare altrettanto, in termini giuridici, con le coppie di fatto. Provo ad immaginare una coppia di fatto dove, a sua volta, ognuno dei due abbia una sua ulteriore vita parallela. A chi spetterà la reversibilità della pensione o una eredità.
In termini sociali penso che certi pacs avanti servano soltanto a riportarci sull'albero dal quale cerchiamo faticosamente di scendere.
Sarebbe più importante invece chiedere al legislatore che si rendessero più snelle e meno onerose le procedure per la separazione ed il divorzio. Ovviamente il matrimonio civile, che per me resta l’unico atto amministrativo valido per il riconoscimento giuridico della coppia, andrebbe esteso anche alle coppie omosessuali. Fermo restando che queste ultime non devono poter adottare bambini. Ciao.
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 19/11/06 alle 21:23 via WEB

Leggendo il tuo commento, mi è venuto da sorridere, perchè mentre apparentemente sosteniamo posizioni contrapposte, in realtà entrambi stiamo difendendo l’istituto del matrimonio: tu sostenendo che ‘il matrimonio civile… resta l’unico atto amministrativo valido per il riconoscimento giuridico della coppia’, proponi solo di rendere più facile e meno oneroso il porgli termine,mentre io ne vorrei estendere le implicazioni giuridiche e legali anche a situazioni in cui la coppia non si sia attivata per formalizzare la situazione.

Che l’amore sia un fatto privato, che non c’entra niente con il‘contratto’ di matrimonio, lo scrivevo sopra in risposta a Magdalene57. Che buona parte del problema derivi dal mescolare impropriamente problematiche legali a considerazioni religiose, ne sono assolutamente convinta.

Premesso questo, veniamo alla sostanza.


Attualmente, il matrimonio è una dichiarazione di volontà dei due contraenti di fronte a due testimoni e ad un pubblico ufficiale. Tutto il resto è scenografia, e non aggiunge nulla all’atto in se’. Direi che non è poi tanto diverso da una autocertificazione e dalla testimonianza del vicino di casa. La differenza consiste nel momento in cui la cosa assume rilevanza giuridica: immediatamente, e da li in avanti, per il matrimonio. Dopo un tot di tempo di convivenza, adeguatamente documentata dai registri anagrafici, nel caso delle coppie di fatto.

Mi riesce difficile immaginare una coppia di fatto dove, a sua volta, ognuno dei due abbia una sua ulteriore vita parallela, stante il fatto che per avere la residenza in un comune, o ad un indirizzo, si viene cancellati dall’altro, e dubito che la ‘vita parallela’ di cui parli si svolga allo stesso indirizzo anagrafico.

Tu dici che ‘Senza il matrimonio i ruoli giuridici equivarebbero a quelli di una jungla’. A me sembra che sia il non riconoscere una rilevanza giuridica ad un comportamento concludente di convivenza a creare una situazione di assenza di tutela giuridica a una larga fetta di rapporti sociali…

:) Ciao
 
lupopezzato
lupopezzato il 20/11/06 alle 01:39 via WEB
Sulla tutela dell’istituto matrimonio e sulla sua indipendenza da fatti religiosi o sentimentali siamo perfettamente d’accordo.
Non capisco, perciò, in termini amministrativi e giuridici il motivo per il quale la coppia non sposata non intenda sottoscrivere il matrimonio inteso come fatto amministrativo.
In fondo, dare la stessa rilevanza giuridica alla coppia di fatto equivarrebbe ad abolire il matrimonio che non avrebbe più senso. O no?
Mi pare che tu identifichi in una coppia di fatto, la coppia che convive sotto lo stesso tetto e questo lo consideri una parità giuridica con chi è sposato. Ma allora la coppia di fatto che invece non divide lo stesso tetto? Scusami ma il diritto lo definisce lo stato di coppia o lo stato di coppia abbinato al tetto?
Capisci dove verrebbe fuori la jungla? Dici «Dopo un tot di tempo di convivenza, adeguatamente documentata dai registri anagrafici, nel caso delle coppie di fatto». Ok, ora prova a spiegarmi, se fossi tu il legislatore, quel tot quanto è? Un mese, un anno o di più? Perché vedi è proprio quel tot che diventa un non senso in termini amministrativi. Perché mentre una data di matrimonio è, in termini giuridici, una data certa e la legge non si preoccupa di nessun tot, mi spieghi cosa significherebbe in termini legali il tot? E mi dici anche per quale motivo una coppia di fatto dovrebbe aspettare un tot per essere considerata alla pari di una coppia sposata? Se il matrimonio ti riconosce dei diritti da subito perché ad una coppia di fatto non dovrebbe riconoscerli da subito? Strano a dirsi ma, con il tot, la coppia di fatto si discrimina da sola e per cosa? Solo perché non vuole riconoscere un istituto amministrativamente e giuridicamente così necessario?
Ciao :o)
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 20/11/06 alle 07:38 via WEB

Tu dici : “Non capisco […]il motivo per il quale la coppia non sposata non intenda sottoscrivere il matrimonio inteso come fatto amministrativo.”… beh, vuoi che ti dica la verità? Non lo capisco neanche io.

Mi è capitato in alcune occasioni di discutere con le mie nipoti, che spavaldamente sostenevano che al momento opportuno avrebbero scelto la convivenza, scavalcando a piè pari il passaggio del matrimonio, e mi è sembrato che a voler essere evitata fosse tutta la messinscena di cerimoni-pranzo-vestito-invitati-festa. Neanche si ponevano il problema delle implicazioni giuridiche del loro comportamento.

Poi io posso solo ragionare su quello che vedo, sull’esperienza degli amici che conosco e che hanno scelto questa forma. Per alcuni la convivenza è più ‘accettata’ che scelta. Una mia amica convive con il proprio compagno da 15 anni, e quando la cosa è cominciata era convinta che il matrimonio sarebbe seguito a brevissimo, l’aveva annunciato a parenti e amici, ma il compagno ha continuato a rimandare, un anno dopo l’altro, finché ha preso atto che non se ne sarebbe fatto nulla. Il collega che ho citato nel post, mi dicono che inizialmente ci fosse l’impedimento di un precedente matrimonio, non ancora diventato definitivamente divorzio. In seguito, mi è stato detto che la donna abbia anche insistito per arrivare ad una formalizzazione del rapporto, che però l’uomo non ha voluto accettare. Ormai c’erano figli, e una situazione ‘stabilizzata’ di convivenza, buttarla in aria non era così facile… Quello che voglio dire è che le situazioni sono tante, i motivi e i perché sono diversi da un caso all’altro, ma è un fatto documentato che le ‘convivenze’ more uxorio sono in costante aumento, e secondo me la necessità di una regolamentazione giuridica del fenomeno è imposta dalla situazione.

Ovviamente so che si può essere ‘coppia’ anche senza la convivenza, ma credo che in questo caso sia evidente la volontà delle parti di mantenere una reciproca indipendenza, e questa volontà credo che sia prevalente su altre considerazioni. Molto meno evidente, anzi, evidentemente assente vedo la volontà di mantenere l’indipendenza quando una coppia sceglie di convivere. Andare a vivere insieme è una manifestazione di volontà, e poiché un requisito del contratto di matrimonio è proprio la convivenza, a quella io darei rilevanza per valutare un comportamento ‘concludente’ che dimostri l’esistenza della coppia.

Fissare un tot di tempo per far diventare rilevante un comportamento è normale, nelle questioni legali: hai mai sentito dire che il possesso di un oggetto non tuo, dopo un tot di tempo (non chiedermi quanto, che non me lo ricordo) te ne attribuisce la proprietà? Perfino la proprietà di terra e di case, cioè di beni immobili che solitamente si trasferiscono per atto pubblico davanti ad un notaio, può essere acquisita per usucapione, decorso un adeguato periodo di tempo. E la dichiarazione di morte presunta, non può essere forse dichiarata dopo un certo numero di anni di assenza della persona? Il punto è che la legge può stabilire che un comportamento, non occasionale e sporadico, ma prolungato e ripetuto nel tempo, assuma una rilevanza giuridica. Il ‘quanto’ tempo è stabilito dalla legge, in funzione degli interessi contrapposti che devono essere tutelati.

Che poi dare rilevanza alla coppia di fatto equivalga ad abolire il matrimonio, che in seguito a questo non avrebbe più senso, non posso darti torto,ma probabilmente dipende anche da come sarà formulata la legge sulle coppie di fatto, quali e quanti diritti sceglierà di estendere, e con quali tempi e modalità… e qui mi aspetto la tua obiezione: “ma allora, continuerebbe ad esserci una discriminazione, tra coppia sposata e coppia di fatto” … beh, credo che sia come quando un rapporto di lavoro viene stipulato con tutti i crismi, e contratti con il datore di lavoro il superminimo, il fringe benefit, il livello di inquadramento, e quando invece il riconoscimento del rapporto lo devi ottenere con una azione legale, e al massimo puoi aspettarti il minimo sindacale….

:) ciao.
 
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