A Room of One's Own
This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!
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Post n°180 pubblicato il 04 Febbraio 2007 da lilith_0404
Non solo imparai a lavorare la maglia ai ferri, ma frequentai con profitto anche la ‘scuola del lavoro’ che si teneva dalle suore, imparando a fare l’orlo a giorno a tovaglie e lenzuola, e a ricamare centrini a punto erba. I punti base dell’uncinetto li imparai da sola, seguendo le spiegazioni su un libro; quello che invece non riuscii mai ad imparare, e ancora me ne rammarico, è a cucire vestiti, cosa in cui invece riuscivano benissimo le mie sorelle. Impara l’arte e mettila da parte, mi diceva mia madre, ed infatti la discreta abilità che avevo acquisita e che mi consentiva di realizzare maglioni con punti anche piuttosto elaborati e centri a punto rete dai disegni complicati, venne accantonata quando pensai di cominciare a lavorare, senza per altro abbandonare l'università. Per molti anni non pensai più a gomitoli e a ferri, il tempo che non passavo in ufficio lo dedicavo a studiare, poi un giorno mi balenò il pensiero che di tutto il mio lavoro, fatto solo di numeri e di conteggi, solo a pochi mesi di distanza non restava più nulla. Mi ricordai di un giorno in cui, passando in macchina con mio padre vicino a una palazzina, me la indicò e mi disse: questa l’ho costruita io, con mio fratello. E mi venne desiderio di dedicarmi a qualcosa che anche a distanza di tempo, a chi la vedesse, facesse pensare a me. Ripresi gomitoli e uncinetto, e del confezionare coperte di lana ho fatto il mio hobby.
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... io avevo una edizione ridotta di piccole donne, ma mia cugina aveva una bella edizione integrale, non so quante volte me l'ha prestato. Io in cambio le prestavo la mia edizione de 'I figli di Jo', che lei non aveva... e ogni tanto mi nascondevo in solaio, a leggere, come faceva Jo, e mi mettevo anche una vecchia vestaglia di mia madre, che mi arrivava fino ai piedi, e mi faceva sentire molto immedesimata nella parte... quanto poco bastava a farci sognare, non é vero?
...poi, a me dicevano che fà è desfà, l'é toet laurà ( che in lingua italiana, sarebbe : ''fare e disfare é tutto lavoro''). Perciò, vedi che la mamma ha sempre ragione... :-)))
quanto a costruire qualcosa con le proprie mani, non saprei, ma penso che anche tramandarsi nel tempo anche attraverso qualcosa di costruito col cervello, possa valere lo stesso, no? io, per lo meno, l'ho vissuta così questa ansia di eternarsi.
Poi le suore si sono evolute e ci hanno insegnato a fare gli animaletti di pelusche: una vera arte. Ecco, quella è stata l'unica estate in cui posso dire di essermi divertita e di non aver sofferto di senso di inadeguatezza: da bambina ero molto più brava a fare i lavoretti di compensato con il traforo. Rido :o))
l'uncinetto invece l'ho imparato tutto da sola, seguendo le spiegazioni di un libro. Mia mamma non lo sapeva fare, e a tutt'oggi, quando mi vede con l'uncinetto in mano, mi chiede di mostrarle come si fa. La sua arte era quella del lavoro con i ferri, in quello era (ed é tuttora)brava. Alla fine,vedi, ciascuna si sceglie la tecnica che trova più congeniale: mia sorella ad esempio era brava nei lavori di sartoria, comperava scampoli di stoffa e in quattro e quattr'otto ne faceva gonne e camicette... questo era molto in sintonia con il suo carattere, che era energico e sbrigativo... io invece ero più tranquilla, più posapiano , e mi trovavo meglio con lavori lenti, meticolosi...