A Room of One's Own
This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!
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Nella serie di post che nei giorni scorsi SandaliAlSole ha dedicato alle donne mi ha colpito il dato che tra le donne manager ben il 58% non abbia figli. Una percentuale altissima, che sembra confermare come la scelta di dedicarsi alla carriera sia difficilmente compatibile con la scelta di formare una famiglia. L’argomento non è nuovo, anche recentemente mi è capitato di discuterne anche qui nel mio blog, ma i post di SandaliAlSole mi hanno fatto considerare la cosa da un nuovo punto di vista. Osservavo infatti le fotografie inserite nel post n 1382 delle scienziate che sono state escluse dall’assegnazione del premio Nobel , e ho pensato che il periodo storico in cui hanno operato è all’incirca lo stesso in cui ha lavorato Madame Curie. Lei però ebbe miglior fortuna, perché di nobel ne ottenne ben due: il primo nel 1903 con il marito Pierre Curie per la Fisica, il secondo nel 1911 con Henry Becquerel per la chimica. Fu anche la prima donna ad ottenere una cattedra alla Sorbona, subentrando nel ruolo dopo la morte del marito Pierre . E' questo aspetto della storia di Madame Curie, il suo rapporto con il marito, che mi è apparso particolarmente interessante: una intesa e una complicità a 360 gradi, nella vita professionale non meno che in quella domestica. Ecco infatti quello che lei stessa scrisse al riguardo: “Divenne un serio problema come prenderci cura della nostra piccola Irene e della nostra casa senza abbandonare le mie ricerche scientifiche. Tale rinuncia sarebbe stata molto penosa per me, e mio marito non voleva neppure pensarci, egli usava dire che aveva preso una moglie per dividere tutte le sue preoccupazioni. Nessuno di noi due prese in considerazione di abbandonare qualcosa che era così importante per entrambi. [omissis] Così, la stretta unione della nostra famiglia mi permise di far fronte a tutti i miei doveri.” Se dietro un grande uomo capita spesso di vedere una grande donna, per una volta tanto dietro una grande donna si é trovato un grande uomo.
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Va detto che le donne sono cambiate. Era ben difficile immaginare che un Nobel venisse attribuito ad una donna un secolo fa, perché le donne che si occupavano di questioni di scienza erano davvero poche. Solo se erano delle menti eccelse potevano permetterselo, altrimenti venivano sicuramente considerate folli o perdigiorno.
Ciò che dà forza al "movimento" femminile è la "massa" di TUTTE le donne, che rivendicano il diritto ad occupare certi spazi. Sono le donne "normali" a far guadagnare alle donne "speciali" il diritto al nobel. E le donne "normali" di un tempo accettavano un ruolo. C'erano sicuramente le sue buone ragioni. Allo stesso modo in cui c'erano delle ragioni per cui il sapere poteva essere appannaggio relativamente di poche persone (anche tra gli uomini), e via discorrendo.
Poi, ovviamente, quando succede che quella buona ragione vien meno, la strutturazione che si era creata a causa sua ha una certa inerzia nell'adeguarsi al cambiamento. Non ha molto senso fare i processi alla storia. Ciò che conta è la storia nostra, quella di adesso. Infatti questi discorsi sono più che altro motivati dalla situazione attuale, uno sprone a vincere quell'inerzia.
Ho dedicato due parole (di numero) nel mio primo post del nuovo corso a tale Ada Byron (anche lei nota pure come Ada Lovelace, dove al pari di Marie Curie "doveva" portare il cognome del marito). Niente nobel neanche per la sua disciplina, che di fatto non esisteva. Questa signora ebbe comunque tre figli. Al contrario delle donne manager di oggi, di cui parli nel tuo post, le poche donne di allora che si occupassero di questioni riservate agli uomini erano in prevalenza nobili, e dunque potevano usufruire di un supporto (la servitù) che molte donne di oggi non si possono permettere. E soprattutto studiare e sperimentare in proprio consentiva di gestire i tempi, mentre un'attività manageriale è essa a dettarli.
Mary Curie invece ( continuerò a chiamarla Curie, perché il suo nome da ragazza ,Sklodowska, è davvero impronunciabile) è stata uno dei miti della mia adolescenza. A quei tempi però la mia attenzione si focalizzava sulla determinazione e sulla tenacia con cui seppe affrontare e superare le difficoltà, non solo culturali, ma anche economiche, che si opponevano alla sua sete di sapere. Ricordo quanto rimasi colpita leggendo che a Parigi viveva in una stanza che non riscaldava per mancanza di denaro,e che per studiare si dimenticava di mangiare finché non cadeva svenuta sul letto. Solo in un secondo tempo ho colto l’aspetto di cui parlo nel post, e cioè la sua intesa molto speciale con il marito, che non solo non la ostacolò, ma anzi la sostenne nelle sue scelte professionali. Per quanto ho letto, non fu solo il marito, ma anche il suocero, che aiutandola come ‘baby sitter con le bambine, fornì un contributo determinante, e questo mi è sembrato molto significativo: oggi come allora, infatti, è spesso il fatto di avere il supporto della famiglia a fare la differenza.
Sono d'accordo con te che la struttura sociale come era impostata nei secoli passati era dovuta ad una serie di cause di fatto : la divisione del lavoro che lo stadio di sviluppo di tecnologia e scienza permettevano, era tale che 'funzionava' meglio con la divisione dei ruoli che c'era. E la divisione del lavoro era tale da non discriminare solo le donne, ma intere classi sociali: fino ad epoche recentissime, la servitù della gleba nell'immenso impero degli zar portava a vendere i contadini insieme alla terra. Non voglio quindi fare alcun processo alla storia, ma come dici tu, trarre una lezione per gestire il momento attuale: un momento in cui, superata la contrapposizione tra i due generi, si può arrivare ad una nuova intesa che io sono convinta può essere vantaggiosa per tutti.
Sarebbe bello se lo si potesse generalizzare ...