Creato da lilith_0404 il 20/02/2005

A Room of One's Own

This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!

 

 

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Un minuto, per il dolore

Post n°274 pubblicato il 09 Dicembre 2007 da lilith_0404

Per fare un uomo ci voglion vent'anni,
per fare un bimbo un' ora d'amore,
per una vita migliaia di ore,
per il dolore è abbastanza un minuto,
per il dolore è abbastanza un minuto...

       

Un minuto sono sessanta secondi, a volte per il dolore basta anche molto meno. A volte basta un momento di distrazione, a volte un attimo di leggerezza. A volte invece le condizioni per il dolore sono la somma di più momenti distinti e indipendenti l’uno dall’altro, che convergono fino al punto in cui, aggregandosi, producono la deflagrazione.

      

Omissioni, leggerezze,  negligenze, che prese singolarmente forse non sono significative, ma sommandosi insieme diventano fatali. Ascoltando e leggendo la cronaca del tremendo infortunio accaduto a Torino in cui hanno perso la vita  in modo così atroce quattro operai, la memoria torna ad un episodio accaduto al marito di mia sorella, molti anni fa. 

       

Non lo sapeva certo, quel giorno, quando è salito in macchina per andare come ogni giorno in cantiere, che la sua vita stava per avere una battuta d’arresto, che solo per miracolo non sarà definitiva. Un giorno come tanti,  il lavoro di sempre, lo stesso che faceva fin da quando era ragazzo. C’è da salire su un ponteggio, un gesto abituale, ripetuto innumerevoli volte, un compagno di lavoro lo incita scherzosamente: ’’sali tu, che sei giovane", ma è una battuta, perché nel piccolo gruppo di operai che lavora nel cantiere in realtà è il più ‘vecchio'.

     

Sale, senza porsi problemi, ed è un attimo: l’asse del ponteggio gli si spezza sotto i piedi, cerca invano qualcosa a cui appigliarsi, precipita nel vuoto e se non si schianta al suolo è solo perché incontra sul suo tragitto una verga di acciaio sulla quale finisce infilzato come su uno spiedo. Atroce a dirsi, ma probabilmente è ciò che gli ha salvato la vita. Per portarlo via hanno dovuto segarla, sarà il chirurgo in ospedale ad asportarla, e nella sfortuna, la fortuna ha voluto che non fossero lesi organi vitali: ci vorrà molto tempo e molta pazienza, ma si riprenderà.

    

Non altrettanta fortuna hanno avuto gli operai di Torino. Per loro la somma delle circostanze avverse è stata fatale. Ora si cercheranno responsabilità,  misure  di protezione omesse, comportamenti non conformi alle norme di sicurezza. Ma nessuna di queste cancellerà il dolore di chi, in un minuto, ha visto la propria vita terminare avvolta dalle fiamme.

 

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Commenti al Post:
lakonikos
lakonikos il 10/12/07 alle 23:51 via WEB
Incredibile come a volte le cose dolorose ti salvino da altre tragiche. In questi casi mi sento la classica formica il cui destino è determinato dalla scarpa di un uomo. Già che ci sono, ti ringrazio per ripropormi Guccini con una certa frequenza. In questo ti sento vicina:)
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 11/12/07 alle 02:27 via WEB
anche attribuire responsabilità, poi, diventa difficile: nel caso di mio cognato, la responsabilità oggettiva é del datore di lavoro, ovviamente. Però il ponteggio lo avevano montato gli stessi operai, se l'asse era malridotta avrebbero dovuto metterla da parte e non usarla... ma evidentemente nessuno di loro ha pensato al pericolo in cui mettevano se stessi con questa 'leggerezza': col senno di poi é facile dare giudizi, molto meno facile saper prevedere gli sviluppi di certi comportamenti apparentemente innocui

( Guccini é un amore di gioventù, di cui mi hanno incantato sempre le parole, molto più che la musica... d'altronde, non ho mai nascosto che io di musica ne capisco zero...:-))

 
   
lakonikos
lakonikos il 12/12/07 alle 00:18 via WEB
Concordo. Come gli imprenditori hanno responsabilità a volte criminali, chiunque abbia lavorato in ambienti a rischio sa che esiste anche una mancanza di cultura della sicurezza che porta a sottovalutare i rischi. Magari in nome di un tragico machismo. Non sono i casi prevalenti, ma avviene più frequentemente di quanto si pensi. Ti ringrazio per avermi accomunato alla tua ignoranza musicale, ma d'altronde, anche per me è la verità.:))
 
carpediem56maestral0
carpediem56maestral0 il 12/12/07 alle 08:28 via WEB
Che cosa terribile, morire o restare menomato solo per aver svolto il proprio lavoro...Vero è che, le misure di sicurezza, così indispensabili in determinati tipi di attività, vengono ignorate e gestite con superficialità persino dagli stessi operai, vittime della convinzione che le disgrazie capitino solo agli altri, convinzione più diffusa di quello che sarebbe saggio...Ciao e un abbraccio:-)
 
mara2003
mara2003 il 13/12/07 alle 06:15 via WEB
Forse noi non scegliamo il nostro destino, è lui che sceglie noi, e decide come e quando è il nostro capolinea. Certo, non ho scoperto l’acqua calda, qualcuno, di questa teoria ne ha fatto il dilemma della storia della vita…E nessuno ha saputo dare risposte, forse non ce ne sono, avviene tutto per caso. E deve essere sicuramente così, altrimenti non si spiegherebbe come sia potuto accaderequesto
Ciao Lilith, una buona giornata, Mara
 
amoildeserto
amoildeserto il 14/12/07 alle 08:38 via WEB
Mi capita spesso di pensare quell' attimo che è il passaggio al non esserci più ... stai bene, è una bella giornata di sole e non sai che quella sarà l'ultima. Un po' la cosa mi angoscia. E morire ancora oggi sul lavoro è davvero terribile. Se fossero rispettate le norme di sicurezza non saremmo di certo arrivati ad un numero così elevato ... 984 morti ... che tristezza!
 
belle_gambe78
belle_gambe78 il 14/12/07 alle 15:40 via WEB
Ciao bellissimo blog con molto stile Stella
 
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