A Room of One's Own
This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!
Messaggi di Febbraio 2007
Tanti anni fa, almeno trenta, credo, entrando in casa di una mia cugina, mi accolse con l’annuncio che il governo era caduto. Lo disse come se fosse capitata una disgrazia a qualcuno che si conosce bene, ma ricordo ancora il sentimento di indifferenza con cui io, invece, accolsi la notizia. A trent’anni di distanza, mi son trovata a recitare la parte che allora fu di mia cugina, e ieri in ufficio mi è capitato di dare la notizia della caduta del governo Prodi in tempo reale a chi invece ancora non l’aveva sentita. Da ieri pomeriggio in televisione, e sui giornali, non si parla d’altro, delusione e sconcerto, da una parte; esultanza e soddisfazione, dall’altra. Tutto come da copione. Eppure… posso dirlo? Ci sono alcune cose che non mi quadrano. Ho spiegato altre volte che di politica non mi intendo, e quindi può anche essere che quello che dirò sia una bestialità, ma vorrei capire e quindi espongo qui i miei dubbi. La prima cosa che non capisco è perché questo governo sia caduto. E’ vero, c’è stata una votazione e il governo è andato sotto di due voti. Però, ho letto che solo nel caso si stia votando la fiducia, il fatto di andare in minoranza porta alla caduta del governo, e ieri non si stava votando la fiducia. Quindi, perché questa crisi? Mi ritorna in mente quello che ho letto nel blog di Lupopezzato qualche settimana fa: “Questo governo è destinato a cadere e serve un capro espiatorio. Non salvano il governo ma si tengono l'elettorato. Un governo di sinistra che fa "scelte di destra" così farà ricadere sull'ovvia reazione della sinistra radicale le crisi e difficoltà per le quali un governo di "sinistra" non può tenere.” Ammetto che quando lessi queste affermazioni, pensai che peccassero di un eccesso di vittimismo. Però ora non ne sono più così sicura. Per due motivi. Il primo, è la scelta dei tempi: una crisi di governo oggi è decisamente troppo prematura per poter andare a nuove elezioni. E infatti, neppure i partiti di destra le stanno chiedendo. E' una crisi che permette di rimescolare le carte, senza rischiare una batosta elettorale. Il secondo, è che D’Alema è considerato da molti come un politico esperto e capace. Era tra i papabili per diventare presidente della Repubblica, e ha conteso a Prodi il ruolo di leader della coalizione. E’ davvero credibile che sia stato così ingenuo e sprovveduto, da tirarsi la zappa sui piedi tutto da solo? Io ho abbastanza stima di lui per non crederlo. Ma se così fosse , allora l’ha fatto di proposito, e la crisi è stata voluta, e i motivi che sosteneva Lupopezzato non sono così improbabili, se anche Ventodamare li ha ipotizzati nel suo post 587. Dicono che a pensar male si fa peccato, ma tante volte ci si azzecca. |
Post n°185 pubblicato il 21 Febbraio 2007 da lilith_0404
Non ci sono dubbi: non sono una lepre. La risposta alla domanda del post di Franco 460 non può essere diversa, chi mi conosce lo sa. Per la verità, un poco di amor proprio lo conservo e intimamente non mi considero neppure un bradipo, ma devo ammettere di avere i miei tempi, che non coincidono se non occasionalmente con i tempi che normalmente le persone hanno. E sono anche convinta che sia una questione genetica, per cui sarebbe inutile cercare di cambiare, i buoni propositi si infrangerebbero sugli scogli dell’ereditarietà. Si, perché non credo che sia stata colpa mia se sono arrivata in ritardo il primo giorno di scuola in prima elementare. E neppure se quel giorno, mentre tutti gli altri bambini avevano il grembiulino nero con il colletto bianco e il fiocco, io avevo invece un vestito normale, perché la sarta non aveva fatto in tempo a finire il mio grembiule. E che dire del giorno della prima comunione? Se non ho la foto di gruppo,come ce l’hanno le mie sorelle, è solo perché sono arrivata in ritardo, a foto già fatta, raggiungendo appena in tempo il corteo dei bambini che stavano arrivando in chiesa. E le cose non sono cambiate in seguito: basti ricordare che sono arrivata a laurearmi a 45 anni. Un motivo ci sarà . Alla mia proverbiale lentezza, non è neppure toccato in sorte il premio di un biondo tartarugo corazzato, come nella canzone di Lauzi. Ma i promotori della giornata della lentezza, tra lepri e bradipi, sono proprio sicuri di non star prendendo un granchio? |
"perché gli occhi dell'uom cercan morendo Non credo che aderirò alla giornata del risparmio energetico di cui parla SandaliAlSole nel suo post 1309. Domani magari, ma oggi no. Oggi é l'anniversario della morte di mio papà. Era verso sera, ed era martedì grasso. Fuori, gli schiamazzi del carnevale. Dentro, lui agonizzante, il respiro sempre più faticoso, e un senso di impotenza di fronte a ciò che appariva ormai incombente e inevitabile. Gli occhi chiusi, ad un certo punto sembrava assopito, e spensi la lampada perché la luce non lo disturbasse. "No, mi disse, non lasciarmi al buio." Non credo che aderirò alla giornata del risparmio energetico. Domani magari, ma oggi no. Oggi la luce resterà accesa, come quella sera.
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Com’io al piè de la sua tomba fui, È la mia nonna paterna, la fotografia più ‘antica’ che io possieda. Dei bisnonni ho solo due fotografie sulla lapide del cimitero. Prima di allora nulla, e con la mancanza di documenti, anche la memoria trova il suo limite. I miei antenati erano contadini, e non hanno lasciato ritratti, e di loro non rimane neppure il ricordo del nome. Tuttavia, anche senza avere tante fotografie, non credo che le attrici a cui mi associa il sito di Myheritage.com, di cui parla Odio_via_col_vento nel post 115 abbiano molto in comune con le mie antenate. “Chiedo tempo, son della razza mia, per quanto grande sia, il primo che ha studiato” cantava Guccini. E mi accorgo che anche a questo serve l’istruzione, ad avere la capacità di documentare il ricordo di sé, con la parola e con le immagini. |
Non ho mai frequentato gli stadi e capisco praticamente zero di sport, perciò non ho esperienza diretta di come si svolgono le cose. Però, parlando con amici che nel mondo sportivo sono piuttosto coinvolti, in quanto hanno incarichi di rilievo nell'ambito di una federazione, mi sento dire cose che assomigliano molto a quelle che espone reduced_noise nel post n. 1278 di SandaliAlSole.: la polizia e le federazioni conoscono benissimo nomi e cognomi dei cosidetti ultras, sarebbe facilissimo tenerli fuori dagli stadi ma non si fa. In questi giorni, durante una trasmissione in televisione ho sentito anche un dirigente della federazione calcio dire praticamente la stessa cosa Stando così le cose, mi sembra legittimo chiedersi: cui prodest? , perché vengono lasciati agire, a chi fa gioco questo stato di guerriglia perenne? Perché una partita di calcio deve richiedere un dispiegamento di uomini e mezzi come se il paese fosse invaso? che, detto per inciso, oltre al costo di vite umane, che non si quantificano ovviamente in termini di denaro, c'é anche un costo per la collettività che si trova a pagare tutti questi uomini e mezzi che vengono impiegati in ogni città in cui si svolga una partita, ogni settimana che dura il campionato, per tenere a bada un manipolo di scalmanati che sarebbe tanto più semplice mettere in condizione di non nuocere facendoli stare a casa. Cosa impedisce che vengano fermati? Il rispetto di qualche libertà che viene loro riconosciuta, immagino, anche leggendo le parole di un on.Caruso che difende gli ultras e trasforma il poliziotto in colpevole, perché, in quanto appartenente alla Polizia ‘[…] manganella nel mucchio, chi trova trova, e se trova un ragazzino che non c'entra e inciampa […] non esita’ . Suona implicitamente come una conferma e fa uno strano effetto leggere queste dichiarazioni, solo a poche ore di distanza dall’aver sentito l'intervista fatta a un poliziotto ferito, nel corso di un tg, nei giorni scorsi. Affermava che i teppisti che hanno scatenato la guerriglia di Catania, “volevano noi” , proprio così ha detto... in altre parole, la partita era un pretesto, l'obiettivo era cercare lo scontro con la polizia, evidentemente vista come rappresentante di qualcosa che si vuole negare e combattere. Leggendo nel post 260 di Pelino55 come queste bande si preparino all’evento ("Da un lato del tavolo i capi ultrà interisti, dall'altro i capi ultrà milanisti: ci si mette d'accordo su tutto, […] anche se scontrarsi con la polizia e in quale misura" ) posso pensare che quelle del poliziotto non fossero solo le parole di un uomo sotto shock dopo aver visto il collega morto. E anche se forse le etichette di ‘destra’ e ‘sinistra’ che Pelino55 applica sono solo un modo di distinguere uno dall’ altro due gruppi del tutto simili tra loro, mi viene il dubbio che forse continuare a far finta che sia una questione sportiva é solo un modo per eludere e non risolvere il problema.
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Post n°180 pubblicato il 04 Febbraio 2007 da lilith_0404
A differenza di Occhiverdetevere io mi assoggettai di buon grado alle lezioni di mia madre. Non solo imparai a lavorare la maglia ai ferri, ma frequentai con profitto anche la ‘scuola del lavoro’ che si teneva dalle suore, imparando a fare l’orlo a giorno a tovaglie e lenzuola, e a ricamare centrini a punto erba. I punti base dell’uncinetto li imparai da sola, seguendo le spiegazioni su un libro; quello che invece non riuscii mai ad imparare, e ancora me ne rammarico, è a cucire vestiti, cosa in cui invece riuscivano benissimo le mie sorelle. Impara l’arte e mettila da parte, mi diceva mia madre, ed infatti la discreta abilità che avevo acquisita e che mi consentiva di realizzare maglioni con punti anche piuttosto elaborati e centri a punto rete dai disegni complicati, venne accantonata quando pensai di cominciare a lavorare, senza per altro abbandonare l'università. Per molti anni non pensai più a gomitoli e a ferri, il tempo che non passavo in ufficio lo dedicavo a studiare, poi un giorno mi balenò il pensiero che di tutto il mio lavoro, fatto solo di numeri e di conteggi, solo a pochi mesi di distanza non restava più nulla. Mi ricordai di un giorno in cui, passando in macchina con mio padre vicino a una palazzina, me la indicò e mi disse: questa l’ho costruita io, con mio fratello. E mi venne desiderio di dedicarmi a qualcosa che anche a distanza di tempo, a chi la vedesse, facesse pensare a me. Ripresi gomitoli e uncinetto, e del confezionare coperte di lana ho fatto il mio hobby.
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Da ragazzina condividevo la mia passione per la lettura con una cugina quasi coetanea. Tra tutte due, di libri non si può dire che ne avessimo molti, ma quelli che avevamo ce li scambiavamo, anche più volte, per leggerli e rileggerli. E un posto di tutto rispetto, nella nostra piccola biblioteca circolante era senz’altro occupato dalla saga delle quattro sorelle March, dalle Piccole donne fino ai Figli di Jo. Quelle storie in cui le sorelle passano le serate cucendo lenzuola per la terribile zia March mi sono tornate in mente leggendo nel post 751 di Ossimora il racconto delle sue fughe strategiche per non dover cadere in deliquio di fronte a manufatti di artigianato femminile. In particolare, la riflessione di Occhiverdetevere, che nei commenti al post di Ossimora citato racconta del suo ribellarsi al tentativo della nonna di insegnarle l’arte dei lavori femminili, mi riporta alla memoria un capitolo dell’ultimo volume della serie, in cui una Meg ormai diventata signora Brook tiene lezione di cucito alle studentesse del college di Plumfield. E per associazione di idee, si ripropone alla memoria una scena, di cui ho già parlato in un’altra occasione: ero con altri bambini a giocare nella soffitta di casa, quando dal fondo delle scale sento mamma che mi chiama: con ferri e lana, voleva insegnarmi a lavorare a maglia. (continua) |
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