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IL DOTT. ALFONSO E LA CASCINA LE QUERCE racconto (599) di Dino Secondo Barili

Post n°23882 pubblicato il 03 Giugno 2016 da dinobarili
 

Intrigo …

…a Pavia

(Questestorie, anche se raccontate come vere, sono

 frutto di fantasia. Pertanto non hanno nulla ache

vedere conpersone o fatti realmente avvenuti)

racconto del giorno

599

Il Dott. Alfonso e… la Cascina Le Querce

La Primavera non manca mai di stupire.Un anno fa, ne sapeva qualcosa il Dott. Alfonso, quarantacinque anni benportati … e la mente incasinata. Si fa presto a dire che un uomo deve sempre essereun uomo. Che deve essere sempre padrone delle proprie azioni e dare di séun’immagine positiva ed accattivante. Il Dott. Alfonso passava otto ore algiorno al decimo piano di un Palazzo in Milano…a voltare carte… fare fotocopie,rispondere a mail…a telefonate da almeno tre telefoni che aveva sullascrivania… (oltre alle telefonate sui due telefonini personali). Ogni tanto,molto raramente, il Dott. Alfonso guardava oltre le grandi vetrate del suoUfficio. In lontananza, c’era un giardino sopra ad un Grattacielo. Lo guardava,ma non lo vedeva… Non aveva neppure il tempo per individuarne le piante che locostituivano. Almeno due telefoni strillavano contemporaneamente. Inutile farsidomande. Nelle stesse condizioni c’era la sua Collega d’Ufficio, Dott. Paola,quarant’anni … con la quale scambiava tre parole in una giornata. Un anno fa,però, il Dott. Alfonso aveva la mente incasinata. Non sapeva più cosa stavafacendo. In verità lo sapeva benissimo. Sapeva, per esempio, che era statopiantato dalla “morosa”, Dott. Egidia. Lei voleva sposarsi… lui era freddo comeun cubetto di ghiaccio e aveva detto di aspettare. Risultato. Fine delrapporto! L’altro motivo era la Primavera… La Primavera?... non proprio la Primavera. Il Dott. Alfonso sentivache gli mancava qualcosa… Gli mancava la campagna … il luogo dove erano nati isuoi genitori prima che si trasferissero a Milano perché lui potesse diventareDottore in Economia. Già, i suoi genitori avevano speso una vita per garantirea lui, figlio unico, di diventare Dottore e fare carriera. Ora, aquarantacinque anni , ecco la carriera. Otto ore al giorno (quando non erano dipiù) chiuso in un Ufficio al decimo piano in un Palazzo in Milano a rispondereal telefono. Fare discussioni al telefono. Corrispondere per mezzo del computercon persone che non aveva mai visto in faccia. Più che una carriera… sembravauna “via crucis”… Ogni tanto c’era una caduta…e bisognava rialzarsi in frettaper poter sopravvivere. Un anno fa, però, il Dott. Alfonso aveva un altroproblema di cui non parlava assolutamente. Da qualche notte aveva un sognoricorrente. Appena addormentato iniziava il sogno. La porta della sua camera daletto si apriva ed entrava suo nonno Giovanni. Si sedeva sul letto accanto alui e si metteva a parlare. “Alfonso la tua vita non mi piace. Ti preferivoquando facevi la collezione di monete e me ne parlavi come di una cosastraordinaria, di grandissimo valore storico… A proposito le hai ancora le tuemonete da collezione? E’ ora che ti rimetti all’opera. Ho una notizia per te.Ricordi quando venivi alla Cascina Le Querce? Ora, devi tornare laggiù. Deviandare nel sottoscala che tu conosci. C’è un pertugio nascosto da una pietra.Dentro al pertugio c’è una cassetta arrugginita con tantissime monete d’oro cheho raccolto per te… Ma devi andarci subito … prima che sia troppo tardi” Ormaiera la terza notte che il sogno ricorrente si ripeteva sempre uguale. L’ordinedel nonno era diventato categorico. Un anno fa, il Dott. Alfonso ha chiesto unagiornata di ferie e si è recato alla Cascina Le Querce. La Cascina era in uno statopietoso. Tetti cadenti, tegole pericolanti, desolazione ovunque. Il Dott.Alfonso sapeva dove mettere le mani. Scansando possibili pericoli, avevatrovato la cassetta arrugginita. Era piena di monete d’oro. In giro non c’eranessuno. Il Dott. Alfonso ha fatto parecchie fotografie …tanto per avere unultimo ricordo della Cascina del nonno. Quello stesso giorno il Dott. Alfonsosi è recato dal suo fotografo di fiducia. Si è fatto fare un paio di ingrandimentie se li è fatti mettere in cornice… da appendere nel suo Ufficio in fianco allascrivania in modo che li potesse vedere quando voleva. E’ stato proprio nelmomento in cui appendeva i quadretti che la Dott. Paola ha guardatoattentamente. “Alfonso dove hai scattato quelle fotografie?” Ilquarantacinquenne ha risposta tranquillo. “Alla Cascina di mio nonno. Inlocalità Le querce” Paola si infervorò. “Ma in quella Cascina ci sono nata io…Ci ho abitato fino a sei anni… prima di venire a Milano…” Da quel momentol’Ufficio di Alfonso e Paola non è stato più lo stesso. I due hanno cominciatoa parlare di tutto e di ogni cosa… come fossero alla Cascina Le Querce. A volteparlavano in dialetto… come facevano il nonno di Alfonso e la mamma di Paola. Avolte Paola si sedeva sulla scrivania di Alfonso con la gambe accavallate …eparlava come se avesse scoperto un mondo nuovo, pieno di interessi e di cosenuove. Alfonso e Paola non erano più colleghi, ma qualcosa di più, molto dipiù. Paola non finiva mai di raccontare fatti dei suoi primi sei anni di vita…Alfonso ascoltava e rifletteva. I due erano diventati innamorati … undell’altro. Nessuno dei due, però, faceva la prima mossa. Paola comprese che seavesse atteso troppo avrebbe perso il treno della vita e dell’amore. Unamattina entrò in Ufficio senza parlare. Abbracciò Alfonso e lo baciò sullabocca. Un bacio lungo, intenso, appassionato… mentre le labbra si aprivano e sichiudevano dolcemente. Alla fine Paola parlò… “Alfonso… perché non ricostruiamola Cascina LeQuerce e ci andiamo a vivere il sabato e la domenica?” -(599) 

 
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