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IL RISO E LA STORIA DEL CANALE CAVOUR di Teresa Ramaioli

Post n°12799 pubblicato il 09 Marzo 2014 da dinobarili
 

IL RISO E LA STORIA DEL CANALE CAVOUR 

di

Teresa Ramaioli

iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 08/03/14 alle 18:58 via WEB
Il riso - storia del canale Cavour- Le province di Novara e Vercelli, in Piemonte, sono oggi famose per la loro produzione di riso, tra le più importanti d’Europa. Questo è stato reso possibile tramite un’opera di canalizzazione che ha permesso di portare nei campi grandi quantità d’acqua necessaria a questa coltura. L’opera importante di questa rete di canali è costituita dal Canale Cavour, in onore del suo più importante promotore, il conte Camillo Benso di Cavour. L’opera era stata ideata da un agrimensore vercellese, Francesco Rossi, nel 1842, ma in seguito il conte di Cavour, al tempo Presidente del Consiglio del Ministri del Governo Piemontese, affidò il progetto all’ingegnere Carlo Noè. Realizzato tra 1863 e 1866, il canale è una straordinaria opera di idraulica. Negli 85 chilometri percorsi, da Chivasso, dove le acque escono dal Po, fino al Ticino, nei pressi di Galliate, si incontrano 110 ponti, 210 sifoni e 62 ponti-canale. Ai tempi in cui il canale fu costruito, le paratoie si azionavano con appositi meccanismi manuali da una galleria coperta, alta oltre 4 m e situata nella parte superiore dell’edificio. Il sistema dell’imbocco è completato da due canali scaricatori, uno serve ad evitare che i materiali galleggianti, come i tronchi d’albero sradicati dalle piene, finiscano nel canale. L’altro evita che vi entri acqua in esubero. In questo modo le acque che entrano nel canale non sono mai in eccesso, annullando così il pericolo di una piena, e non trasportano materiali che potrebbero risultare pericolosi. E’ grazie a questa imponente opera, e alla lungimiranza dei suoi ideatori, se l’agricoltura di queste due province è tanto fiorente. Ciao Teresa

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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 09/03/14 alle 19:03 via WEB
La Pianura Padana---Le genti della Pianura Padana sono da sempre alle prese con le acque dei loro fiumi, in particolare quelle del Po. Acque vitali per l’agricoltura, ma che diventano fonte di pericolo alla minima piena. Non è un caso che sia proprio stato lungo il corso del Po che si è sviluppata un’esperienza pratica di governo delle acque nata dall’esigenza di domare il grande fiume. Il primo a studiare i problemi dei fiumi padani fu, alla fine del ‘600, Domenico Guglielmini, autore del testo base per lo studio del Po: Della natura dei fiumi, edito nel 1697. Guglielmini cercava di applicare le conoscenze teoriche dell’epoca alla progettazione di argini, difese e deviazioni. Il diciottesimo secolo fu caratterizzato da numerose piene del Po, a partire da quella del 1705, la più grave a memoria d’uomo. Dopo ogni disastro si scopriva che il corso del fiume era cambiato e le opere realizzate in precedenza erano diventate inutili. I maggiori esperti di idraulica fluviale italiani si applicarono per risolvere il problema. Erano però ostacolati sia dalle scarse conoscenze teoriche sia dalla frammentazione politica del nord Italia. All’epoca, infatti, il Po entrava ed usciva continuamente dai confini di numerosi staterelli e l’intervento iniziato in uno poteva essere interrotto alla frontiera. In questo modo gli interventi che risolvevano un determinato problema locale rischiavano di peggiorare gli effetti delle piene a monte o a valle. A rendersi conto del problema e ad iniziare a considerare il Po come un fiume unitario, da studiare nel suo insieme, fu, nel diciannovesimo secolo, Elia Bombardini, grande teorico idraulico di importanza internazionale. Grazie ai suoi studi iniziarono ad essere presi provvedimenti per controllare il corso del fiume nel suo complesso.Ciao Teresa
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