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BIANCA MARIA VISCONTI di Teresa Ramaioli

Post n°13289 pubblicato il 16 Aprile 2014 da dinobarili
 

BIANCA MARIA VISCONTI 

di

Teresa Ramaioli

iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 15/04/14 alle 17:14 via WEB
Bianca Maria Visconti--La mattina del 25 ottobre 1441, la gente si era ritrovata lungo la strada che conduce alla Chiesa di San Sigismondo, a Cremona, per festeggiare Maria Bianca Visconti..Francesco Sforza, doveve sposare Bianca Maria Visconti, sua promessa sposa da 12 anni,e aveva scelto quella chiesa di periferia, anziché il Duomo di Cremona per motivi di sicurezza. La differenza d'età fra gli sposi, 40 anni lui, 17 lei, aveva messo in dubbio, tra gl'invidiosi, la solidità di quell'unione. Invece, fu un'unione felice, allietata dalla presenza di otto figli. Bianca Maria era l'unica figlia legittima di Filippo Maria Visconti, la sola, ad avere il diritto di succedere al trono. A causa di un testamento lasciato dal bisnonno, ma non più ritrovato, il regno sarebbe dovuto passare di padre in figlio, solo per via maschile. Francesco era figlio naturale di Jacopo degli Attendoli, uno dei più celebri capitani di ventura italiani, che si era meritato il soprannome di Sforza dal suo maestro d'armi, per la tenace resistenza. Il Visconti, non avendo figli maschi legittimi, aveva adottato Francesco, facendogli poi sposare sua figlia. Bianca Maria fu promessa in sposa quando aveva solo cinque anni, mentre lui era già un uomo di ventotto anni. Filippo Maria Visconti ,in attesa che la figlia crescendo fosse pronta per il matrimonio, mandò la piccola e la madre, sua moglie, nel castello di Abbiate (la futura Abbiategrasso); perché più sicuro, rispetto la rocca milanese, e inespugnabile dagli attacchi del popolo, provocati da una sua politica spesso vessatoria. Il Castello di Milano, all'epoca Rocca di Porta Giovia, era stato costruito dal nonno di Filippo Maria, Galeazzo II Visconti, negli anni 1358 - 1368; (a Galeazzo II si devono la costruzione di due opere simbolo di Pavia: il Castello Visconteo e l' Università degli Studi.).Il Duca considerava il Castello di Abbiate poco confortevole, decise di farlo rinforzare, fece allestire stanze che fossero degne di accogliere la sua figlioletta e la sua consorte. Dopo il restauro avvenne il fidanzamento per procura tra Bianca di sette anni e Francesco di trenta. Bianca Maria e sua mamma partirono per il castello di Abbiate. I fidanzati si vedranno al giorno del matrimonio, quando Bianca avrà compiuto 17 anni, l'età minima ritenuta conveniente per sposarsi Bianca Maria visse dieci anni racchiusa tra solide mura, sognando , come tutte le ragazze, il principe azzurro. Venne così il giorno del matrimonio. Marco Antonio Coccio, detto Sabellico, quarant'anni dopo narrò di quel rito nuziale, e del discorso che Francesco fece alla ragazza: "Confesso d'essere entrato in asprissima guerra per mostrare che tutto quello che facevo era per amor vostro; certo io deliberai con animo caldo di morire non potendo acquistarvi. Non cercavo d'offendervi ma di difender me, perchè il duca non mi facesse ingiuria: ora io gli dono la pace e benché mi vediate cinto d'armi pensate d'esser mandata a un quieto et amorevolissimo sposo". Nel discorso accenna alle armi ,segno di un periodo burrascoso vissuto dallo sposo,ma dovuto anche al carattere instabile del duca padre,(promesse e ripensamenti nel concedergli la figlia in sposa). Le armi sono il segno che anche quel giorno, pur trovandosi a casa della sua promessa sposa (Cremona era il suo piccolo regno, che aveva ricevuto in dono dal padre, quando era ancora in tenera età), temeva agguati da parte di sicari inviati dal futuro suocero .La scelta, all'ultimo momento, di quella chiesa nel mezzo di una campagna,anziché il Duomo, situato in una serie di vie, che avrebbero reso facile la fuga di sicari, rientrò in una strategia di difesa. La storia tra Francesco e Bianca incominciava e…, sarebbe stata una storia d'amore. Finalmente le nozze .La sposa, vestita di rosso, colore nuziale, (segno zodiacale dell’Ariete)era giunta a cavallo di un destriero bianco dalla gualdrappa dorata. Lo sposo,fece il tragitto che lo condusse alla chiesa, preceduto da duemila cavalieri in squadre ornate d'oro e d'argento, formate da capitani, condottieri e capisquadra. Ciao Teresa

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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 16/04/14 alle 13:35 via WEB
MILANO--PIAZZA VETRA era(in passato) una delle zone più temute della città, era il luogo destinato alle esecuzioni capitali. Dove ora passeggiamo con i nostri bambini, ci sediamo sulle panchine a chiacchierare,un tempo si sentivano le urla dei ladri impiccati. Piazza Vetra (piazzale Vetra) prende il nome dal canale da cui era attraversato, una diramazione dell’Olona,( Platea Vetus – Piazza Vecchia) Il ponte sul canale,che collegava la piazza , era chiamato, ‘ponte della Morte’. Dal Mille circa fino al 1814, ladri, assassini, eretici, streghe ed untori (coloro che diffondevano la peste) venivano giustiziati in piazza Vetra. La storia racconta che l’untore Giangiacomo Mora, proprietario di un negozio di barbiere in zona di Porta Ticinese, fu accusato di diffondere la peste, con il suo complice Guglielmo Piazza , venne condannato a morte. La sentenza viene riportata anche nel testo di Alessandro Manzoni ‘La colonna infame’: “.. Che i nominati Piazza e Mora, denunziata ad essi prima la morte, sieno torturati, adoperando anche il canape. … Che posti sur carro sieno condotti al luogo solito del supplizio, per via sieno tanagliati con ferro rovente nei luoghi ove hanno commesso il delitto; davanti alla bottega del Mora sia ad entrambi mozza la mano destra; sien loro sfracellate le ossa all’usato; si innalzi la ruota, essi vi sieno intrecciati vivi: dopo sei ore scannati; poi si ardano i cadaveri, le ceneri si gettino al fiume; la casa del Mora sia spianata, e sullo spiazzo eretta una colonna che abbia nome d’infame, e porti una iscrizione del fatto. ..” Morti i due, si diede seguito alle disposizioni della sentenza del Senato, demolendo dalle fondamenta la casa del barbiere, e sullo slargo così creatosi si innalzò una colonna di granito, con in cima una sfera di pietra, la colonna infame, a perenne ricordo della malvagità degli artefici dell'epidemia. Sul muro della casa di fronte venne affissa una grossa lapide, la quale ricordasse quali furono le colpe dei due criminali, quale la pena loro riservata, e il monito affinché nessuno mai osasse riedificare sui resti della bottega del barbiere Mora. ( che rimase dal 1630 fino al 1778 quando venne abbattuta). "Qui dov'è questa piazza sorgeva un tempo la barbieria di Gian Giacomo Mora il quale congiurato con Guglielmo Piazza pubblico commissario di sanità e con altri mentre la peste infieriva più atroce sparsi qua e là mortiferi unguenti molti trasse a crudele morte questi due adunque giudicati nemici della patria il senato comandò che sovra alto carro martoriati prima con rovente tanaglia e tronca la mano destra si frangessero colla ruota e alla ruota intrecciati dopo sei ore scannati poscia abbruciati e perché d'uomini così scellerati nulla resti confiscati gli averi si gettassero le ceneri nel fiume a memoria perpetua di tale reato questa casa officina del delitto il senato medesimo ordinò spianare e giammai rialzarsi in futuro ed erigere una colonna che si appelli infame lungi adunque lungi da qui buoni cittadini che voi l'infelice infame suolo non contamini. 1° agosto 1630"(traduzione del Verri). (prima parte, continua). Ciao Teresa
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