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PIERGIACINTO racconto (536) di Dino Secondo Barili

Post n°15423 pubblicato il 15 Settembre 2014 da dinobarili
 

Intrigo …

…a Pavia

(Queste storie, anche se raccontate come vere, sono

 frutto di fantasia. Pertanto non hanno nulla a che

vedere con persone o fatti realmente avvenuti)

536

L’Ing. Pier Giacinto…e l’amore a Carnevale

Il periodo di Carnevale avviene in un momento particolare  dell’anno solare. L’inverno non è ancora terminato e la primavera non è ancora incominciata. Le persone, quindi, sono ancora preoccupate per il freddo e cercano di tenersi coperte (cioè difendersi)… dall’altra non vedono l’ora di respirare aria nuova, godere di un po’ di sole e liberarsi delle “cose” superflui. La stessa cosa avviene nella mente delle persone. Liberarsi di tutto ciò che “pesa” (problemi, preoccupazioni, disagi) e lasciare la mente libera di volare, elaborare nuovi progetti, nuove speranze, nuovi sogni, nuove attese. Così è, fra i tanti, lo spirito del Carnevale. Era proprio il clima che, un anno fa, “respirava” l’Ing. Pier Giacinto, quarantacinque anni, posizione affermata. Un anno fa era solo nel suo appartamento in Pavia e stava pensando. Stava pensando alla sua vita, a come si era svolta fino a quel momento. Un anno prima (cioè due anni fa), tornato a casa, aveva trovato la casa vuota. Michela, sua moglie fino a quel momento, non c’era più. Parecchi cassetti dei mobili erano per terra e le ante di alcuni armadi erano aperte… e il contenuto “volatilizzato”… Michela aveva preso quanto pensava fosse suo e se ne era andata. Sul tavolo in cucina un foglio con la scritta. “Non cercarmi. Non torno più.” Pier Giacinto sapeva che un giorno sarebbe successo e non aveva fatto alcun sforzo per riannodare i fili di un discorso che si era logorato lungo la strada… di quel sentimento che, in gergo comune, si chiama “amore”. Si, perché l’amore non è un punto fermo. Non è un punto di arrivo e neppure di partenza. L’amore è una strada, un percorso, durante il quale può accadere di tutto… anche di perdersi per sempre. E’ proprio quello che è accaduto due anni fa a Pier Giacinto. Quel giorno era rientrato a casa dal lavoro… nella casa doveva aveva vissuto con Michela. Aveva trovato i cassetti per terra e le ante degli armadi aperte… Comprese ciò che era accaduto. Dopo essersi guardato intorno ed aver bevuto un bicchier d’acqua, aveva rimesso i cassetti la loro posto. Chiuso gli armadi. Per scrupolo aveva preso l’aspirapolvere e raccolto qualche pezzetto di carta che era rimasto sul pavimento qua e là. Si era seduto sul divano e acceso la TV. La TV era accesa… ma la mente di Pier Giacinto era già altrove… Era già al giorno dopo. Invece, il giorno dopo, e una notte insonne, non era successo niente. Pier Giacinto era andato a lavorare nel solito Ufficio a Milano. Nessuno dei suoi Colleghi si era accorto di nulla. Nulla di ciò che era accaduto il giorno prima a casa sua. Da quel momento l’Ingegnere quarantacinquenne comprese molte cose. In quel momento di un anno fa, Pier Giacinto aveva accumulato molta esperienza… e tantissima voglia di “riaccendere i motori della propria vita”. Era Carnevale. Perché non buttarsi nella mischia e rincorrere gli aquiloni che volavano alti nel cielo? Già, ma di aquiloni in cielo non ce n’erano. Quel cielo era vuoto. Guardò il giornale e notò una Festa di Carnevale a Milano. Nessuna maschera… solo se stessi… ed una cena all’insegna del relax. Pier Giacinto telefonò per prenotare. Si preparò e partì per l’avventura. Durante il pranzo, seduta al suo fianco, c’era una donna bellissima ed elegantissima, sui trent’anni. Si vedeva lontano un miglio che era alla ricerca dell’anima gemella… e “quell’anima” poteva essere proprio l’Ing. Pier Giacinto. Una persona, però, quando si muove, si porta dietro (e dentro) non solo i suoi anni, ma anche la sua esperienza, il suo “vissuto personale”. La serata era stata bellissima. La conversazione pure. Ginevra (questo era il nome della donna) e Pier Giacinto erano passati da un discorso all’altro… senza un filo logico. Ad un certo punto, Ginevra cominciò a parlare dell’uomo ideale, dell’incontro fortunato… Alla fine uscì con la fatidica frase “Pier Giacinto… ti amo.” Il quarantacinquenne finse di non aver sentito. Ginevra, attese un po’ e poi, ripeté l’approccio. “Pier Giacinto… ti amo.” Il quarantacinquenne fece un lungo respiro e rispose d’un fiato. “Ginevra, vorrei crederti... ma non posso. Purtroppo, molte avventure amorose iniziano così… e finiscono in un’altra maniera. Se io rispondessi “si” al tuo “ti amo”… il giorno dopo cominceresti a correre con i tuoi “passi felpati”. “Non vestirti così…mangia questo anziché quello…mettiti la mano alla bocca quando sbadigli. Non dire quella parola perché non sta bene. Non parlare con il tale o con la tal’altra perché non è da te (o non è alla tua altezza). Per non parlare del sesso… usato come “specchietto per le allodole”. Alla fine tu, Ginevra, non avresti più un uomo, ma un “carcerato”, uno “schiavo”. Per il bene tuo e mio (soprattutto mio) fai finta che non abbia  sentito… tanto siamo nel periodo di Carnevale.” (536)

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