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IL RUBINETTO di Teresa Ramaioli

Post n°15876 pubblicato il 13 Ottobre 2014 da dinobarili
 

IL RUBINETTO 

di

Teresa Ramaioli

iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 12/10/14 alle 17:48 via WEB
Curiosità Il piccolo montone Il termine rubinetto deriva da Robin, diminutivo del nome proprio francese Robert (= Roberto). Nel francese popolare, infatti, si dice robin il montone, il maschio della pecora, l'ariete. Siccome una volta in Francia la chiavetta che regola la cannella dell'acqua era spesso ornata con una testa di animale (per lo più di montone), cominciò a essere chiamata robinet, cioè “piccolo montone”. Passato in Italia alla fine dell’Ottocento venne italianizzato in robinetto, quasi subito evolutosi in rubinetto. Precedentemente in Italia il rubinetto era denominato chiavetta, termine che ne richiama la funzione di chiusura e apertura. I termini spagnolo grifo e tedesco wasserhahn (“galletto d’acqua”) richiamano, come il francese robinet, le fogge più utilizzate dagli antichi designer. Ciao Teresa

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Commenti al Post:
iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 13/10/14 alle 19:00 via WEB
IL RISO----Nei libri di ricette del ‘300 e del ‘400 ci sono molti piatti a base di riso, come nel Libro de Arte Coquinaria di Maestro Martino da Como, ma gli autori sono tutti cuochi di corte, evidentemente il costo non aveva importanza. La diffusione del riso porta una data certa: quella di una lettera del 27 settembre 1475 inviata da Galeazzo Maria Sforza al Duca di Ferrara, nella quale annuncia il dono di 12 sacchi di riso da semina perché “potesse sperimentare nelle sue terre la coltivazione del riso, pianta coltivabile anche in terreni acquitrinosi.” Il riso veniva coltivato anche nelle abbazie cistercensi, l’Abbazia di Chiaravalle si impegnò alla selezione e alla semina di varietà sperimentali. Il contributo letterario al riso è di Carlo Maria Maggi (1630-1699), lettore di latino e greco presso le Scuole Palatine, Segretario del Senato di Milano, Accademico della Crusca, autore di poesie e commedie in milanese, ed è relativo alla sua passione per il ris in cagnon, citato nella sua commedia “Il Barone di Burbanza” (Atto III° Addio di Meneghino): El vost car Meneghin/ El va in lontan paes…/ Se pu no s’vedaremm, a revedès!/ Mortadell di Tri Scagn/ Busecca de la Goeubba / Passaritt di Trii Merla / Ris in cagnon del Fus… Senza dimenticare la golosità di Carlo Porta per il risotto giallo; cantava le lodi alla consorte Vincenzina Prevosti per le sue doti culinarie espresse soprattutto nella cura riservata al risotto e altrettante lodi al cuoco della sua osteria preferita, l’Osteria de La Nos, nella piazza dove ogni mercoledì e sabato si teneva il mercato di cavalli e bovini più importante della Lombardia (oggi piazza XXIV maggio).Ciao Teresa Ramaioli
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