« CIAO ANTONELLA ... ANTON...LE QUARTINE DI ALBA rac... »

RE ALBOINO di Teresa Ramaioli

Post n°17175 pubblicato il 30 Dicembre 2014 da dinobarili
 

RE ALBOINO 

di Teresa Ramaioli

iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 29/12/14 alle 12:32 via WEB
MARTEDI 30 DICEMBRE----RE ALBOINO----Famosa nella storia, ripresa anche dalla letteratura, è la figura di re Alboino, protagonista di una vicenda d'amore violento e passionale verso Rosamunda, la moglie che lo avvelenò per vendicarsi di essere stata costretta a bere vino nel teschio del padre, Cunimondo re dei Gepidi. Parlando di questo sovrano dei Longobardi, feroce, generoso, scaltro e audace (sembra di corporatura forte), arrivato in Italia circa nel 568 alla testa delle sue genti, voglio soffermarmi su una preparazione uscita dalle sue mense. Se vi trovate davanti ad un fumante ed allettante vassoio di bolliti misti, generati da diversi tipi di carne, partecipate alla perpetuazione di un rituale ‘barbaro’. I Longobardi (lunghe lance) erano mangiatori di carne di tutti i generi, dai gallinacei alla selvaggina. Quando arrivarono nella ricca Pianura Padana trovarono prede in abbondanza e per conservarne la carne, oltre alla salatura, ricorsero all’antica usanza germanica della bollitura, che rendeva il cibo più tenero e commestibile per giorni. È a questa tradizione che probabilmente sono riconducibili non solo le ricette dei nostri “bolliti misti”, ma anche quelle legate a “stracotti” o “brasati. Ciao Teresa Ramaioli

 

 

 

Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://gold.libero.it/paviastoria/trackback.php?msg=13060468

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
 
Nessun Trackback
 
Commenti al Post:
iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 30/12/14 alle 12:44 via WEB
MARCOLEDI 31 DICEMBRE-----I rituali di capodanno invocano la fortuna e la prosperità. C’è abbondanza di piatti e di dolci, che ricalcano l’arte della cucina natalizia. I cibi si vogliono ricchi e sontuosi, imbanditi sopra a vistose tavole. Primi generosi, come tortellini o paste ripiene, da servirsi rigorosamente in brodo di cappone. Fra i secondi, dominano la carni lesse ed arrosto. Fra queste l' arista e lo zampone . La carne di maiale era la preferita fra le pietanze di capodanno, perché il sacrificio del porco era stato appena compiuto. I dolci che chiudevano la tavola di questa ricorrenza erano gli stessi del periodo natalizio. In quasi tutti comparivano l’uva passa, la melagrana, le mandorle, ingredienti che avevano a che fare con il buon augurio di prosperità (come le lenticchie ). Fra le tipicità legate al filone della buona sorte, rintracciamo “la carenza”, una specie di pan dolce, basso a forma circolare dove era nascosta una moneta che finiva in premio a chi la trovava nel suo boccone. Capodanno anticamente era anche il giorno destinato allo scambio degli auguri e delle piccole donazioni. Già al tempo dei Romani era consuetudine nel periodo del solstizio, offrire le “streae” (strenne). Fra queste, un rametto d’alloro, fichi secchi e datteri, affinché il nuovo anno recasse con se dolcezza e vita. Oggi questa ritualità si è spostata al Natale, e come strenna si usa regalare il vischio, segno di legame fra persone e tenacia di sentimenti, perché questo verde arbusto dalle minute bacche perlacee, vive sugli alberi e li stà abbarbicato. La tradizione prevedeva poi una serie di rituali scaramantici per il primo dell'anno: vestire biancheria intima di colore rosso o gettare dalla finestra oggetti vecchi o inutilizzati. Per questa festa in molte città del mondo si sparano tradizionalmente i fuochi artificiali. In Spagna c'è l'uso di mangiare alla mezzanotte dodici chicchi d'uva, uno per ogni rintocco dei dodici scoccati dal grande orologio comunale. In Russia, dopo il dodicesimo rintocco, si apre la porta per far entrare l'anno nuovo. In Ecuador ed in Perù si esibiscono fuori la propria abitazione dei manichini di cartapesta, ed a mezzanotte li si brucia nelle strade. In Giappone, prima della mezzanotte, le famiglie si recano nei templi per bere sakè ed ascoltare 108 colpi di gong che annunciano l'arrivo di un nuovo anno (l'ascolto di questi suoni purifica perché si ritiene che il numero dei peccati commessi da una persona in un anno sia di 108). Buon Anno Teresa Ramaioli
(Rispondi)
iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 30/12/14 alle 12:47 via WEB
CIBO E FESTE RELIGIOSE------In occasione delle grandi feste si preparano piatti di solito assenti dalle nostre tavole durante il resto dell’anno. Le feste esistono fin dall’inizio dell’umanità e nel primo capitolo del Genesi, al versetto 14, si può leggere: “…Dio disse: «Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo, per separare il giorno dalla notte; ci siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni…»”. Il termine indica la “gioia pubblica”, dal latino festum e dall’espressione dies festus, che interrompe la sequenza delle normali attività quotidiane. Questi momenti sono molto importanti non solo perché si sta insieme ma anche perché la preparazione di un certo tipo di cibo, presentato sulla tavola assieme ad altri e consumato in tempi prestabiliti, svolge un ruolo importante, addirittura simbolico, nel ricordare il significato che sta dietro al pasto. Il cibo rappresenta senza dubbio qualcosa di più e il legame tra divino e cibo è innegabile. Ma quale rapporto lega la religione al cibo? Nessuna religione al mondo trascura l’aspetto gastronomico. La tavola contribuisce a mantenere viva la cultura di un popolo e la religione, a sua volta, ne orienta le scelte alimentari. Tutte le religioni, infatti, hanno sentito da sempre, la necessità di elaborare delle regole, una sorta di “teologia culinaria” senza la quale il rapporto con il divino era monco di qualcosa. Culture che in maniera diversa, più o meno elaborata, sono arrivate fino a noi. Così un ebreo e un palestinese mangiano falafel, (piatto costituito da polpette fritte a base di fave o ceci tritati con cipolla, aglio e coriandolo) un libanese e un irakeno mangiano involtini di vite, un indiano mangia la crema di lenticchie e le stesse attenzioni sono nella zuppa del marocchino e nella minestra dell’israeliano, mentre le mandorle profumate con l’acqua di fiori d’arancio riempiono le corna di gazzella del mussulmano. E il menù cristiano? Non è forse vero, per esempio, che la grande solennità pasquale difficilmente dimentica le uova, perché l’uovo è chiaro simbolo della vita contenuta in esso e quindi segno della resurrezione di Cristo, o ancora, quando nei Salmi leggiamo: «Il vino che allieta il cuore degli uomini; l’olio che fa brillare il suo volto e il pane che sostiene il suo vigore», quasi a parlare di una “triade mediterranea”. Così tutti i piatti per le feste coniugano la festa religiosa con il territorio dove essa si celebra, e ogni comunità locale ha tracciato, nei secoli, la sua storia e la sua identità attraverso la creazione di determinati cibi che sono anche testimonianza delle varie tradizioni gastronomiche legate al calendario stagionale e a quello liturgico o alle numerose usanze popolari connesse alla commemorazione di un santo particolare. Oggi dalla fame si è passati alla sazietà, dall’ansia di non avere il necessario quotidiano alla richiesta di cibi sempre nuovi. Se a tutto ciò aggiungiamo la mancanza di tempo da dedicare all’alimentazione, capiamo come continuerà a crescere il divario fra cibo e cultura del cibo e si succederanno generazioni senza più radici culturali -alimentari. Le mescolanze etniche, gli imperversanti modelli multimediali, la mancanza di una trasmissione orale, contribuiranno alla probabile perdita della conoscenza del proprio territorio e delle proprie origini fin quasi a non avere neanche più una sorta di memoria familiare del cibo. Ricordiamo che una volta i calendari davano consigli in anticipo sul come comportarsi o come sfruttare meglio le terre, le acque e le piogge, mentre la ritualità religiosa entrava nella vita dell’uomo. L’agricoltura veniva arricchita da semplici ma importanti simbologie, come ad esempio, le croci affisse sugli alberi per proteggere il raccolto da possibili influssi negativi o dalle grandinate estive; e lo stesso accadeva quando le bestie venivano benedette nel sagrato delle chiese. Cibo e festa, cibo e sacralità, cibo come identità, cibo e tradizione: per queste e per altre ragioni dobbiamo difendere e salvaguardare il nostro patrimonio enogastronomico. Ciao Teresa Ramaioli
(Rispondi)
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 
 
 

Archivio messaggi

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 72
 

Ultime visite al Blog

cassetta2saturno_leofosco6dinobarilidanielemi13acer.250Dott.Ficcagliaamorino11communitywindil.passovulnerabile14BeppeCassismariateresa.savinodiego2020200
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963