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SALUTI DA PAVIA

Post n°18348 pubblicato il 10 Marzo 2015 da dinobarili
 

SALUTI DA PAVIA 

buon martedì 10 marzo 2015


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Commenti al Post:
alba.estate2012
alba.estate2012 il 10/03/15 alle 09:57 via WEB
Salutissimi da Cremona!!! Un abbraccio Antonella
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dinobarili
dinobarili il 10/03/15 alle 19:14 via WEB
Ciao Antonella - Buona serata. Dino
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laura1953
laura1953 il 10/03/15 alle 10:46 via WEB
Buongiorno Dino, grazie del commento nel mio blog dei doni ..il mio augurio che sia una giornata radiosa un abbraccio ed un sorriso...Laura CLICCA
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dinobarili
dinobarili il 10/03/15 alle 19:15 via WEB
Ciao Laura - Buona serata e grazie per il clicca. Dino
(Rispondi)
iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 10/03/15 alle 17:41 via WEB
MILANO---PIAZZA VETRA (terza parte)--La colonna rimase saldamente al suo posto anche quando venne livellata la Vetra dei cittadini, per portarla alla stessa altezza del corso di Porta Ticinese (metà del 1700). Ma le cose erano destinate presto a mutare. Come racconta il Bertarelli, nel 1770 il poeta Balestrieri inviava a Vienna (sotto il cui giogo nel frattempo Milano era passata), al barone di Sperges, la traduzione milanese della Gerusalemme liberata, ove si faceva un accenno alla colonna infame. La lettera di ringraziamento dello Sperges, con la quale si rammaricava della presenza in città di quel simbolo di antichi errori giudiziari che disonorava il Senato milanese, fu letta a casa del conte di Firmian, il quale si ripromise di intervenire quanto prima. Tuttavia il Governo austriaco non aveva fatto i conti col Senato, contrario a qualsiasi possibilità di rimozione della colonna, dato che ciò sarebbe finito con l'apparire un'accusa ad una propria precedente sentenza, seppur emessa in periodi storici ben differenti, quando la parola illuminismo neppure esisteva. Il braccio di ferro tra le due autorità, si risolse grazie ad una vecchia legge cittadina, la quale prevedeva, per i simboli e i monumenti d’infamia, il divieto di restauro. Così fu sufficiente danneggiare un po’ il basamento della colonna, per domandare il suo abbattimento per motivi di sicurezza. Il Senato, si oppose alla richiesta, ma il Governo, deciso a chiudere la questione, nella notte tra il 24 e il 25 agosto 1778, bloccati i due accessi alla via, mandò sul posto una squadra di muratori, che prima dell’alba aveva già atterrato, demolito e sgomberato il terreno della colonna infame, i cui avanzi furono frettolosamente gettati nella cantina della demolita casa. Il racconto di quella demolizione riparatrice di errori passati fu steso dal farmacista Porati, residente di fronte allo slargo, e pubblicato poi col titolo: "L’abbattimento della colonna infame raccontato da un testimone oculare". La lapide fu invece rimossa nel 1803, ed è visibile tuttora al Castello Sforzesco, dov’è esposta sotto il portico del cortile della Rocchetta. In quell'anno venne edificata una nuova casa, che finì per trovarsi proprio dove un tempo sorgeva l'antica bottega, sull'angolo tra il corso di Porta Ticinese e la Vetra dei cittadini, presto però ribattezzata, con decisione municipale del 17 dicembre 1868 "via Gian Giacomo Mora" Purtroppo quella casa ottocentesca, come del resto migliaia d'altre, crollò sotto i bombardamenti del 1943. Al suo posto, nell'immediato dopoguerra, venne costruita una bassa costruzione, sede prima di un emporio di mobili e poi di una rivendita di legna e carbone. L’area è stata recentemente oggetto di demolizione e successiva costruzione di un nuovo palazzetto ad uso abitativo. Proprio all’angolo tra il corso e la via Mora il nuovo edificio si presenta con un piccolo portico angolare, sotto il quale è stata murata una scultura bronzea che rappresenta con un gioco di vuoti lo spazio che occupava la colonna. La relativa targa, posta di fronte alla scultura in una posizione poco visibile , racconta questa tragica storia milanese: Scultura di Ruggero Menegon anno 2005 QUI SORGEVA UN TEMPO LA CASA DI GIANGIACOMO MORA INGIUSTAMENTE TORTURATO E CONDANNATO A MORTE COME UNTORE DURANTE LA PESTILENZA DEL 1630. "... E' UN SOLLIEVO PENSARE CHE SE NON SEPPERO QUELLO CHE FACEVANO, FU PER NON VOLERLO SAPERE, FU PER QUELL'IGNORANZA CHE L'UOMO ASSUME E PERDE A SUO PIACERE, E NON E' UNA SCUSA MA UNA COLPA". Alessandro Manzoni, Storia della Colonna infame, Ciao Teresa
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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 10/03/15 alle 17:43 via WEB
MILANO--- GIARDINI DELLA GUASTALLA--Giardini della Guastalla sono i più antichi di Milano. Si trovano davanti all'Università Statale di Milano quindi sono frequentati da studenti che amano trascorrerci la pausa pranzo , il tempo libero, per leggere o studiare nel tranquillo angolo verde Commissionato dalla contessa Paola Ludovica Torelli della Guastalla e terminato nel 1555, fu realizzato secondo lo stile del giardino all’italiana. Ospitava la fondazione benefica “Collegio della Guastalla”. Nel 1938 il Comune di Milano acquisì l’intero complesso e affidò il progetto di restauro all’architetto Renzo Gerla che si occupò soprattutto di riparare i danni subiti dalla struttura durante la prima guerra mondiale , quando il collegio venne utilizzato come ospedale militare. Il restauro botanico venne invece curato dall’ingegnere Gaetano Fassi Il l muro di cinta venne sostituto con una recinzione per offrire alla vista lo spazio prima nascosto Nel giardino troviamo :la peschiera, un gioiello barocco, con balaustre di pietra e ringhiera di ferro, formata da due terrazze in comunicazione tra loro attraverso quattro rampe di scale, che ha sostituito l’originario laghetto cinquecentesco;l’ edicola seicentesca contentente un gruppo di statue in terracotta –policroma; la “Maddalena penitente assistita dagli angeli” e un tempietto neoclassico opera di Luigi Cagnola; all’esterno del giardino una fontana all’angolo di via della Commenda con via San Barnaba. Specie arboree: acero argentato (Acer saccharinum), albero dei tulipani (Liriodendron tulipifera), arancio trifogliato (Poncirus trifoliata), cedro dell’Atlante (Cedrus atlantica), faggio pendulo (Fagus sylvatica ‘Pendula’), farnia (Quercus robur), ippocastano rosa (Aesculus x carnea), liquidambar (Liquidambar styraciflua), tiglio selvatico (Tilia cordata); tra gli arbusti, eleagno (Eleagnus spp), pittosforo (Pittosporum tobira), cotognastro (Cotoneaster), nandina (Nandina spp), aucuba (Aucuba japonica), mahonia (Mahonia aquifoliu Gli alberi e gli arbusti presenti nel giardino sono stati dotati di cartellini che ne riportano il nome, fissati al tronco ad altezza d’uomo con un chiodo d’acciaio inox (che non danneggia l’albero, )Gli arbusti sono stati corredati di cartellini posizionati su supporto fissato nel terreno in loro prossimità. Il cartellino riporta il nome comune della pianta e di seguito il nome botanico, il descrittore, la specie e la provenienza. Buona passeggiata. DA Milano ciao Teresa Ramaioli
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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 10/03/15 alle 17:44 via WEB
La colomba –Una ipotesi sulla nascita della colomba pasquale è ricollegata alla storia dei longobardi. Si narra infatti che verso la metà del VI secolo Re Alboino, sovrano dei Longobardi, dopo aver lungamente assediato la città di Pavia, riuscì ad occupare la città il giorno della vigilia di Pasqua del 572. Il re, prima di appiccare il fuoco alla città e trucidare i suoi abitanti ricevette diversi doni dalla popolazione in segno di sottomissione: tra di esse spiccavano dodici bellissime fanciulle con la speranza che riuscissero a placare l’ira funesta del sovrano. Proprio mentre Alboino meditava sul destino della città gli si avvicinò un vecchio artigiano con dei pani dolci e porgendoli al re come doni disse “ mio sire, le porto queste colombe come segno di pace nel sacro giorno di Pasqua”. Il re assaggiò i dolci e ne restò così soddisfatto da proclamare pace immediata: “ inoltre” aggiunse “ rispetterò sempre le colombe, simbolo dei tuoi doni.” Leggenda vuole dunque, che grazie alla colomba pasquale la città di Pavia venne risparmiata assieme a tutti i suoi abitanti.Ciao Teresa Ramaioli
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