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SALUTI DA PAVIA

Post n°20297 pubblicato il 13 Luglio 2015 da dinobarili
 

SALUTI DA PAVIA 

buon lunedì 13 luglio 2015


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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 13/07/15 alle 19:49 via WEB
ANTICHI MESTIERI---Sono numerose le professioni ambulanti scomparse, alcune delle quali molto curiose e che sono ancora nel ricordo di tanti anziani. Alcune me le ricordo per averle viste direttamente, altre le conosco per averne sentito parlare in casa e che mi hanno sempre incuriosito anche per i riferimenti dialettali con i quali erano citati. Ricordo che quando da piccola ritornavo a casa, magari con le mani sporche, mia madre mi diceva: Sembri un magnan!. Il "magnan" era l'ambulante che riparava pentole e che era sempre sporco di nero. Oppure quando parlavo a voce alta mi diceva: Strilli più di uno "strascee!". Lo "strascee" era lo stracciaio, girava nelle strade urlando per richiamare l'attenzione delle donne che erano in casa. Ritirava di tutto, stracci, ma anche rottami di ferro, ed in cambio dava aghi, ditali, candeggina, sapone, mollette per stendere la biancheria,spazzole per lavare, pettini. La particolarità di molti antichi mestieri era infatti di “urlare”,le loro proposte, nelle vie in prossimità delle abitazioni per attirare le massaie e gli anziani a casa. Sono molti i mestieri scomparsi, tra questi ricordiamo: El moletta, l’antico arrotino che girava per la città e i paesi, con il suo carretto di legno con una mola a pedale per limare coltelli, forbici. Prima delle sue urla, era il profumo che usciva dalla sua cesta che lo rendeva il più atteso :era El garzòn del Prestinèe (il garzone del panettiere) che consegnava il pane caldo. Quando le acque dei fossi erano pulite ecco El Ranatt (venditore di rane), le donne preparavano un piatto prelibato:il risotto con le rane. Ricordiamo anche El spazzacamin (lo spazzacamino), il ragazzino minuto che entrava negli angusti camini ed aveva sempre il viso nero dalla fuligine. Ciao Teresa Ramaioli
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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 13/07/15 alle 19:53 via WEB
MILANO--CASCINA POZZOBONELLI--testimonianze del nostro passato. Testimonianze che spesso sono nascoste o si confondono con il contesto attuale come i resti della Cascina Pozzobonelli (o quel che ne rimane), resti visibili ma passando davanti, pochi si rendono conto di osservare una costruzione datata 1492, ( stesso anno in cui Cristoforo Colombo arrivò in America). La Cascina Pozzobonelli si trova in via Andrea Doria, a Milano. Non è tutte la cascina, ma solo una cappella rinascimentale, composta da un’edicola e da alcune campate del portico attiguo. In architettura si identifica con la parola “edicola” una piccola struttura per contenere, proteggere l’elemento di rilievo che conserva al suo interno (diminutivo di aedes che in latino significa “tempio”). Autore del progetto sembra sia Donato Bramante (architetto e pittore, 1444 – 1514) o ad allievi a lui vicini. Dello stesso artista pare che siano opera gli affreschi presenti all’interno del porticato e visibili anche dall’esterno della cancellata che separa la costruzione dalla strada. La cascina deve il suo nome alla famiglia di Gian Giacomo Pozzobonelli, che aveva edificato in quest’area la propria residenza suburbana; cinque secoli fa si era già abbondantemente fuori dai confini cittadini. La villa, di cui rimangono solo l’edicola e il porticato, era molto estesa, di pianta rettangolare attorno a due cortili con tre vasti saloni, mentre il portico originariamente era composto da dieci arcate. La proprietà cominiciò ad andare in rovina, con manomissioni varie, alla morte del cardinale Giuseppe Pozzobonelli avvenuta il 27 aprile del 1783. Il cardinale era noto per la sua abilità diplomatica nei rapporti tra Impero Austriaco e la Santa Sede. Una curiosità, sembra che Luca Beltrami (architetto e storico, 1854 – 1933), per lo studio relativo al restauro del Castello Sforzesco e per la costruzione della Torre del Filarete (inaugurata nel 1905), si avvalse proprio dei graffiti ritrovati all’interno dei resti della Cascina Pozzobonelli. Alcuni di questi raffiguravano il Castello Sforzesco nella sua forma originale con la Torre del Filarete, torre che fu edificata inizialmente nel 1452 circa da Filarete (architetto toscano) e che crollò a seguito di un’esplosione nel 1521. Ad essi si ispirò appunto Luca Beltrami. Ciao Teresa Ramaioli
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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 14/07/15 alle 15:13 via WEB
CHIESA ROSSA --SANTA MARIA AD FONTICULUM--MILANO--La storia racconta di una distruzione o grave danneggiamento operata da Federico Barbarossa nel 1162 durante l’assedio di Milano e di una successivo danneggiamento della chiesa nel 1239, quando, secondo Frate Bonvesin de la Riva, Santa Maria di Fonteggio e il monastero furono coinvolti nella difesa voluta dai milanesi contro l’esercito di Federico II, nipote del Barbarossa. L’esercito milanese causò un allagamento deviando le acque dei fontanili e canali verso il campo nemico, costringendo Federico II alla ritirata. Queste vicende e l’incuria , dovuto all’esiguo numero di monache rimaste nel monastero, provocarono il lento declino, tanto che Papa Bonifacio VIII, l’8 giugno 1302, decise di unire le monache benedettine rimaste a Fonteggio con quelle del vicino monastero di Santa Maria delle Veteri, concedendo a quest’ultime il governo della chiesa e del monastero di Santa Maria di Fonteggio. Tra le benedettine rimaste va ricordata, per i restauri effettuati nella chiesa, Maria de Robacarri (o Mafia Robacarris), figlia del nobile Giudone Robacarri e di donna Caradossa che, rimasta vedova, si ritirò anch’essa nel monastero. Alla morte della madre, Maria de Robacarri pensò di onorarne la memoria con i beni ereditati, provvedendo a riparare la chiesa e a ornarla di nuovi dipinti. Una lapide tombale tolta nel XVIII secolo dal pavimento e ora visibile all’interno, ricorda appunto che nel 1333, Maria de Robacarri usò la sua eredità per i restauri. Galeazzo Visconti con la costruzione del Naviglio di Pavia, e seppure su un tracciato diverso da quello attuale, sembra tra l’anno 1359 e l’anno 1365, che un primo canale attraversò il territorio di Fonteggio, incominciando a creare problemi alla chiesa. Nel 1455 il corteggio nuziale di Tristano Sforza e di Beatrice d’Este, proveniente da Pavia e diretto a Milano, sostò a “S. Maria Ruffa”. E’ questa la prima volta che S. Maria ad Fonticulum viene chiamata con il nuo¬vo nome: Ruffa o Russa, poi Rossa fu il nome che divenne popolare per indicare questa chiesetta fatta di mattoni rossi. Nel 1782-83 lo scavo dell’ultimo tratto del Naviglio Pavese e l' elevazione della strada portarono alla chiesa danni più gravi, con conseguente infiltrazioni d’acqua, e per consentire l’accesso ad essa dalla strada si costruì nell’interno un soppalco, che venne a dividere orizzontalmente in due parti la chiesa. Nel 1800, in seguito alle leggi emanate durante l’occupazione francese, il monastero fu soppresso, e la chiesa ceduta a privati. Ciao Teresa Ramaioli
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