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MILANO di Teresa Ramaioli

Post n°21988 pubblicato il 11 Febbraio 2016 da dinobarili
 

MILANO 

di Teresa Ramaioli

iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 10/02/16 alle 18:58 via WEB
Il Biscione dei Visconti-- Leggende--Erano settemila i milanesi che parteciparono, nel 1100, alla seconda crociata. Loro capitàno, era un Ottone Visconti, protagonista di singolari fatti d’arme e di gesta mirabili. Nel corso dell’assedio di Gerusalemme, Ottone venne a singolar tenzone con un gigantesco saraceno, di nome Vòluce. Costui era l’uomo più grande che mai cristiano avesse visto. Per insegna – a simboleggiare la propria invincibilità – aveva un serpente in atto di divorare un uomo. Il duello durò diverse ore, ma fu Ottone ad uscirne vincitore. Ai suoi piedi giaceva, ormai morto, il saraceno. L’eroe milanese gli tolse le armi e lo scudo, decidendo poi di mantenere come proprio stemma quello del serpente divoratore di uomini (anzi, ormai di saraceni). Tornato a Milano, Ottone fece adottare il biscione come insegna della sua famiglia. Ciao Teresa Ramaioli

 

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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 11/02/16 alle 17:06 via WEB
Il drago Tarantasio La leggenda narra che nella metà del IV sec., situato nell’area compresa tra Brembate e Cremona, vi era un lago conosciuto da tutti col nome di Gerundo. Questo vasto lago ospitava una possente e spaventosa creatura: il drago Tarantasio. Si narra che il mostro divorasse i bambini e che col suo pesante e pestilenziale fiato avvelenasse l’aria causando la febbre gialla. La gente reclamava a gran voce un eroe, qualcuno che potesse liberarli da quella angosciante e temibile presenza. Numerosi furono i tentativi di uccisione da parte di cavalieri e guerrieri, ma tutti si rivelarono vani. La svolta decisiva ci fu quando giunse in città Uberto Visconti che con coraggio affrontò e sconfisse il drago Tarantasio prima che quest’ultimo potesse ingoiare un fanciullo che aveva già bloccato tra le sue fauci. Uberto volle immortale la disfatta della creatura facendo riprodurre sul proprio scudo il noto biscione. IL LAGO GERUNDIO------Il lago Gerundo era una grande distesa d’acqua la cui portata variava nei secoli a seconda delle opere di canalizzazione e di bonifica probabilmente effettuate già al tempo dei romani e nel medioevo, soprattutto dai monaci benedettini. Alimentato dalle piene dei fiumi Adda, Oglio, Lambro e Serio, era In parte una immensa palude inospitale e malsana ma, in alcune zone, ed in alcune epoche, era anche navigabile e pescoso. In seguito però alle invasioni barbariche ed alla caduta dell’impero romano, la zona diventò nuovamente soggetta a frequenti alluvioni causate dall’abbandono delle opere di bonifica. Prima di elencarvi le leggende, occorre spiegare però come e dov’era il famoso Lago Gerundo che si estendeva fin quasi ai confini della provincia di Milano. Cominciava a nord nei pressi di Brembate, scendeva a Vaprio, Cassano, Rivolta d’Adda, Lodi e giù fin quasi al Po tra Piacenza e Cremona.. Risalendo sulla riva destra cremonese e bergamasca, lambiva i territori di Soresina, Soncino, Romano e Caravaggio, poi su fino a Gera d’Adda per poi ritornare a Brembate. Nel bel mezzo della palude c’era l’isola Fulcheria (da Fulcherio capitano longobardo) con la città di Crema. Si hanno notizie del lago fin dall’epoca romana e, tra l’altro sulle sue rive, nel 218 a.c. ci passò pure Annibale Barca, il cartaginese che sconfisse i romani di Publio Cornellio Scipione nella battaglia del Trebbia a pochi chilometri da Piacenza. Per la cronaca Scipione, si prese poi la rivincita finale nel 202 a.c. nella battaglia di Zama, guadagnandosi l’appellativo di Africano, ma questa è un’altra storia… Ciao Teresa Ramaioli .
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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 11/02/16 alle 17:09 via WEB
GIOCHI OLIMPICI -- Il loro primo istitutore sembra essere stato Pelope, il giovane che il padre mise a morte facendolo strozzare, poi lo imbandì per un sacrificio agli Dei. Giove mosso a pena, mentre lo sacrificavano al banchetto gli ridonò la vita. Pelope volle celebrare questo ritorno con la sua gente con una grande festa allestendo una competizione proprio di lotta simulata, poi si aggiunse il pugilato, infine altre gare come la corsa. Pelope poi diventò re di questo territorio che prese poi il suo nome: il Pelop-onneso, dando vita alla sua stirpe con i figli Atreo e Tieste. Re di Argo e di Micene il primo, sposò Europa. Costei insidiata da Tieste che aveva già moglie e prole, il fratello Atreo per vendicarsi gli imbandì un banchetto con la carne dei suoi figli. Atreo quando poi morì lasciò ai due figli il regno diviso in due: Micene ad Agamennone, Sparta a Menelao. Nessun particolare tempo era da principio destinato per la loro celebrazione, erano occasionali, e verso l'800 a.C. quasi se ne era perso il ricordo. Solo nell'anno 784 a.C., Re Ifito quando conquistò l'Elide, avuto notizia di questa usanza quasi dimenticata la riportò alla luce . Questi giochi erano anticamente consacrati a Giove (Zeus) e si svolgevano nelle vicinanze di Olimpia, che Ifito aveva conquistato come territorio. Volendo celebrare una grande festa, gli abitanti vinti gli proposero il ritorno a questa antichissima manifestazione che solo oralmente veniva ricordata. Ciao Teresa Ramaioli
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