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L'ALBERO DEL DRAGO di Teresa Ramaioli

Post n°22682 pubblicato il 02 Aprile 2016 da dinobarili
 

L'ALBERO DEL DRAGO

di Teresa Ramaioli

 
iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 01/04/16 alle 09:21 via WEB
L'ALBERO DEL DRAGO--La Dracaena draco è una pianta conosciuta in passato con un nome straordinario : l’Albero del Drago I romani e i greci conoscevano un reagente chimico che utilizzavano in medicina e tintura, il cui colore e la cui densità, faceva loro pensare a qualcosa di magico, come :il sangue di un drago. Mercanti e carovanieri vendevano nelle grandi città del bacino mediterraneo come sangue del drago sostanze di diversa origine e natura. Una sostanza contraffatta che veniva venduta ai clienti che volevano risparmiare ed era composta da sangue di bue e polvere di terracotta. La maggior parte dei carichi di sangue di drago “originale” erano composti dalle resine essiccate o semiliquide estratte dalle differenti specie di quattro distinti generi botanici: Pterocarpus, Croton, Daemonorops e la Dracaena. L’incisione del tronco della Dracaena draco delle isole Canarie e della Dracaena cinnabari di Socotra (isola a sud dello Yemen) era la più diffusa fonte di sangue del drago dell’antichità. Il sangue del drago viene nominato da Plinio il Vecchio nel suo testo la Naturalis Historia . Ciao Teresa Ramaioli

 

 

 

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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 02/04/16 alle 13:05 via WEB
---RE ALBOINO----Famosa nella storia, ripresa anche dalla letteratura, è la figura di re Alboino, protagonista di una vicenda d'amore violento e passionale verso Rosamunda, la moglie che lo avvelenò per vendicarsi di essere stata costretta a bere vino nel teschio del padre, Cunimondo re dei Gepidi. Parlando di questo sovrano dei Longobardi, feroce, generoso, scaltro e audace (sembra di corporatura forte), arrivato in Italia circa nel 568 alla testa delle sue genti, voglio soffermarmi su una preparazione uscita dalle sue mense. Se vi trovate davanti ad un fumante ed allettante vassoio di bolliti misti, generati da diversi tipi di carne, partecipate alla perpetuazione di un rituale ‘barbaro’. I Longobardi (lunghe lance) erano mangiatori di carne di tutti i generi, dai gallinacei alla selvaggina. Quando arrivarono nella ricca Pianura Padana trovarono prede in abbondanza e per conservarne la carne, oltre alla salatura, ricorsero all’antica usanza germanica della bollitura, che rendeva il cibo più tenero e commestibile per giorni. È a questa tradizione che probabilmente sono riconducibili non solo le ricette dei nostri “bolliti misti”, ma anche quelle legate a “stracotti” o “brasati. Ciao Teresa Ramaioli
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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 02/04/16 alle 13:07 via WEB
CHIESA ROSSA --SANTA MARIA AD FONTICULUM--MILANO--La storia racconta di una distruzione o grave danneggiamento operata da Federico Barbarossa nel 1162 durante l’assedio di Milano e di una successivo danneggiamento della chiesa nel 1239, quando, secondo Frate Bonvesin de la Riva, Santa Maria di Fonteggio e il monastero furono coinvolti nella difesa voluta dai milanesi contro l’esercito di Federico II, nipote del Barbarossa. L’esercito milanese causò un allagamento deviando le acque dei fontanili e canali verso il campo nemico, costringendo Federico II alla ritirata. Queste vicende e l’incuria , dovuto all’esiguo numero di monache rimaste nel monastero, provocarono il lento declino, tanto che Papa Bonifacio VIII, l’8 giugno 1302, decise di unire le monache benedettine rimaste a Fonteggio con quelle del vicino monastero di Santa Maria delle Veteri, concedendo a quest’ultime il governo della chiesa e del monastero di Santa Maria di Fonteggio. Tra le benedettine rimaste va ricordata, per i restauri effettuati nella chiesa, Maria de Robacarri (o Mafia Robacarris), figlia del nobile Giudone Robacarri e di donna Caradossa che, rimasta vedova, si ritirò anch’essa nel monastero. Alla morte della madre, Maria de Robacarri pensò di onorarne la memoria con i beni ereditati, provvedendo a riparare la chiesa e a ornarla di nuovi dipinti. Una lapide tombale tolta nel XVIII secolo dal pavimento e ora visibile all’interno, ricorda appunto che nel 1333, Maria de Robacarri usò la sua eredità per i restauri. Galeazzo Visconti con la costruzione del Naviglio di Pavia, e seppure su un tracciato diverso da quello attuale, sembra tra l’anno 1359 e l’anno 1365, che un primo canale attraversò il territorio di Fonteggio, incominciando a creare problemi alla chiesa. Nel 1455 il corteggio nuziale di Tristano Sforza e di Beatrice d’Este, proveniente da Pavia e diretto a Milano, sostò a “S. Maria Ruffa”. E’ questa la prima volta che S. Maria ad Fonticulum viene chiamata con il nuo¬vo nome: Ruffa o Russa, poi Rossa fu il nome che divenne popolare per indicare questa chiesetta fatta di mattoni rossi. Nel 1782-83 lo scavo dell’ultimo tratto del Naviglio Pavese e l' elevazione della strada portarono alla chiesa danni più gravi, con conseguente infiltrazioni d’acqua, e per consentire l’accesso ad essa dalla strada si costruì nell’interno un soppalco, che venne a dividere orizzontalmente in due parti la chiesa. Nel 1800, in seguito alle leggi emanate durante l’occupazione francese, il monastero fu soppresso, e la chiesa ceduta a privati. Ciao Teresa Ramaioli
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