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MILANO di Teresa Ramaioli

Post n°22773 pubblicato il 08 Aprile 2016 da dinobarili
 

MILANO 

 

 

di Teresa Ramaioli

 
iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 07/04/16 alle 17:49 via WEB
MILANO--PIAZZA VETRA era(in passato) una delle zone più temute della città, era il luogo destinato alle esecuzioni capitali. Dove ora passeggiamo con i nostri bambini, ci sediamo sulle panchine a chiacchierare,un tempo si sentivano le urla dei ladri impiccati. Piazza Vetra (piazzale Vetra) prende il nome dal canale da cui era attraversato, una diramazione dell’Olona,( Platea Vetus – Piazza Vecchia) Il ponte sul canale,che collegava la piazza , era chiamato, ‘ponte della Morte’. Dal Mille circa fino al 1814, ladri, assassini, eretici, streghe ed untori (coloro che diffondevano la peste) venivano giustiziati in piazza Vetra. La storia racconta che l’untore Giangiacomo Mora, proprietario di un negozio di barbiere in zona di Porta Ticinese, fu accusato di diffondere la peste, con il suo complice Guglielmo Piazza , venne condannato a morte. La sentenza viene riportata anche nel testo di Alessandro Manzoni ‘La colonna infame’: “.. Che i nominati Piazza e Mora, denunziata ad essi prima la morte, sieno torturati, adoperando anche il canape. … Che posti sur carro sieno condotti al luogo solito del supplizio, per via sieno tanagliati con ferro rovente nei luoghi ove hanno commesso il delitto; davanti alla bottega del Mora sia ad entrambi mozza la mano destra; sien loro sfracellate le ossa all’usato; si innalzi la ruota, essi vi sieno intrecciati vivi: dopo sei ore scannati; poi si ardano i cadaveri, le ceneri si gettino al fiume; la casa del Mora sia spianata, e sullo spiazzo eretta una colonna che abbia nome d’infame, e porti una iscrizione del fatto. ..” Morti i due, si diede seguito alle disposizioni della sentenza del Senato, demolendo dalle fondamenta la casa del barbiere, e sullo slargo così creatosi si innalzò una colonna di granito, con in cima una sfera di pietra, la colonna infame, a perenne ricordo della malvagità degli artefici dell'epidemia. Sul muro della casa di fronte venne affissa una grossa lapide, la quale ricordasse quali furono le colpe dei due criminali, quale la pena loro riservata, e il monito affinché nessuno mai osasse riedificare sui resti della bottega del barbiere Mora. ( che rimase dal 1630 fino al 1778 quando venne abbattuta). "Qui dov'è questa piazza sorgeva un tempo la barbieria di Gian Giacomo Mora il quale congiurato con Guglielmo Piazza pubblico commissario di sanità e con altri mentre la peste infieriva più atroce sparsi qua e là mortiferi unguenti molti trasse a crudele morte questi due adunque giudicati nemici della patria il senato comandò che sovra alto carro martoriati prima con rovente tanaglia e tronca la mano destra si frangessero colla ruota e alla ruota intrecciati dopo sei ore scannati poscia abbruciati e perché d'uomini così scellerati nulla resti confiscati gli averi si gettassero le ceneri nel fiume a memoria perpetua di tale reato questa casa officina del delitto il senato medesimo ordinò spianare e giammai rialzarsi in futuro ed erigere una colonna che si appelli infame lungi adunque lungi da qui buoni cittadini che voi l'infelice infame suolo non contamini. 1° agosto 1630"(traduzione del Verri). (prima parte, continua). Ciao Teresa ramaioli

 

 

 

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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 08/04/16 alle 13:11 via WEB
IL LOTO----Il Loto è una pianta che vive in acque stagnanti, talvolta sporche e fangose. Le sue grandi foglie, tuttavia, si mantengono sempre pulite e riescono a liberarsi persino dai batteri presenti sulla superficie. Questa proprietà, che oggi la tecnologia cerca di imitare, dipende dalla struttura nanoscopica della superficie delle foglie e si chiama effetto Lotus. L'effetto lotus è ciò che accade alle gocce d’acqua quando si depositano su una superficie idrofoba, sia naturale, sia artificiale – per esempio un foglio di alluminio. Su una superficie idrofoba, che respinge l’acqua, le forze di coesione della goccia prevalgono sulle forze di adesione, e di conseguenza la goccia appare come una perla. L'effetto loto porta alla scoperta della nanotecnologia e del nanomondo che da essa ne deriva. La nanotecnologia si occupa di oggetti, biologici e artificiali, di dimensioni molto piccole: si parla di molecole e perfino singoli atomi. Le nanotecnologie lavorano su ordini di grandezza così piccoli che sono quasi difficili da immaginare. Un nanometro è un miliardesimo di metro,oppure un milionesimo di millimetro. Che legame esiste tra effetto Lotus e nanotecnologia? La foglia di loto dalla superficie idrofoba, cioè che respinge l’acqua, ha permesso la realizzazione di materiali artificiali con le medesime proprietà. I nanotecnologi hanno studiato le strutture delle foglie di loto e le hanno riprodotte in laboratorio in modo artificiale, e hanno creato materiali impermeabili e autopulenti, come tessuti, vetri, piastrelle di marmo, superfici di legno o pietra. Sono materiali che non subiscono cambiamenti dell’aspetto esteriore, capaci di auto-pulirsi dopo una giornata di pioggia. Ciao Teresa Ramaioli
(Rispondi)
iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 08/04/16 alle 13:14 via WEB
San Zeno Pavia----Secondo una tradizione verosimile, il Petrarca ebbe casa nella parrocchia di S. Zeno, vicino alla piazza che da lui prese il nome. Lì, nella dimora del poeta, dalla seconda metà del 1367 abitarono sua figlia Francesca e il genero Francescolo da Brossano, nominato allora appunto sovrintendente all'entrata e all'uscita da Pavia dei forestieri, del bestiame, delle merci e delle lettere. Con loro vivevano la piccola Eletta, che rinnovava il nome della madre del poeta, Eletta Canigiani, e Francesco, che a tale data contava meno di due anni d'età. Questi, che ripeteva il nome, oltre che del padre, del nonno, vive ancora in un documento poetico del Petrarca, l'unico che Pavia ha l'onore di conservare. Il bambino morì nella nostra città, di due anni e quattro mesi, il 19 maggio 1368. Il nonno, sopraggiunto il 30 maggio, dettò per il nipotino un'epigrafe latina che fu apposta alla sepoltura nella chiesetta romanica di S. Zeno. La lapide era collocata sul lato sinistro della porta, il sigillo tombale sul pavimento sotto l'epigrafe. Quando la chiesa fu chiusa e poi demolita dal marchese Malaspina per allargare l'area del suo palazzo, le due memorie petrarchesche furono salvate dalla distruzione. Dopo vari trasferimenti si trovano ora nei Musei Civici del Castello e costituiscono, oltretutto, un raffinatissimo esempio di lapidaria gotica, per la bellezza dei caratteri. Le lettere dei distici dettati dal poeta, poi, brillano tuttora dello splendore dell'oro che le riveste. Ciao a tutti gli amici del blog Teresa San Zeno Pavia---Questa chiesa,, riprendeva lo schema comune alle chiese romaniche: tre navate, tiburio, cupola, transetto ed abside semicircolare. Rimaneggiata nel secolo XVII, la chiesa fu soppressa e profanata nel 1789. L’edificio fu acquistato nel 1794 dal marchese Luigi Malaspina che lo demolì in gran parte per fare spazio al suo palazzo. Attualmente ne rimane parte dell’abside e la pilastrata che divideva la navata centrale da quella di destra. Nel Museo Civico si conserva un capitello rappresentante Daniele tra i leoni, proveniente da S. Zeno. Ciao Teresa Ramaioli
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