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FAVOLA D'AMORE di Teresa Ramaioli

Post n°25221 pubblicato il 17 Agosto 2016 da dinobarili
 

FAVOLA D'AMORE  di Teresa Ramaioli
 
iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 14/08/16 alle 18:08 via WEB
FAVOLA D'AMORE-di Hermann Hesse--- Le trasformazioni di Pictor, meglio nota come Favola d’amore, nata dalle illustrazioni fatte da lui stesso . Questa favola fu scritta, per amore, lo scrittore la dedicò a Ruth Wenger, cantante lirica che diventerà seconda moglie di Hesse due anni dopo. La storia narra dell’arrivo di Pictor in paradiso, luogo nel quale comincia una lunga ricerca della felicità attraverso una serie di trasformazioni imitando la natura che vedeva intorno a sé. E’ infatti un fiore-uccello a dirgli: "La felicità, amico, è ovunque, sui monti e nelle valli, nei fiori e nei cristalli" e poi un serpente su un albero a dirgli di usare una pietra rossa per trasformarsi. Così Pictor diventa un albero, felice per molti anni, ma incompleto. Il rimando all’amore sarà proprio nella decisiva trasformazione, quella nella quale troverà la vera e definitiva felicità. "L’idea della complementarietà e della corrispondenza di valore di principi antagonisti è fortemente presente in tutte le sue pubblicazioni e in tutti i suoi libri…" Solo in due si può trovare completezza, solo in due si può trovare felicità; che poi questo si trovi nell’amore di una donna o nell’ amore di Dio , questo non ha importanza, però rimane la certezza che solo in coppia si possa trovare la vera vita. Le illustrazioni, danno colore ed eleganza, per rendere ancora più incisiva questa favola di poche parole, ma di profondo significato. Hermann Hesse ci ha donato pagine di saggezza, dove la semplicità delle conclusioni si mescola con la fantasia della scrittura e dell’ambientazione, un paradiso luogo non di salvezza, ma di ricerca dell’amore, che una volta trovato diventa inseparabile da noi. Ciao Teresa Ramaioli

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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 17/08/16 alle 13:59 via WEB
NAVIGLIO BEREGUARDO---Per permettere la navigazione sul Naviglio , era necessario interrompere frequentemente l’irrigazione oltre a dover inattivare ogni volta le chiuse appena costruite. Se ne lamentavano gli utenti cui l’acqua del Naviglio serviva per i loro campi. Il sistema era troppo lento e l’uso dell’acqua per altri fini che non fossero la navigazione, subiva pesanti e ricorrenti interruzioni. Proprio quest’inconveniente portò a una di quelle invenzioni, che, nella storia della tecnica, costituiscono le svolte decisive fra un periodo e l’altro. Si pensò di limitare la variazione di livello dell’acqua solo a quel tratto del canale che conteneva la barca in transito, mediante l’impiego di due chiuse. Nacque così la «conca», invenzione grandissima, vanto dell’ingegneria italiana, che è attribuita agli architetti ducali Filippo da Modena e Fioravante da Bologna. La Conca di Viarenna a Milano, situata dove oggi sorge la Via Conca del Naviglio, venne costruita ai tempi di Filippo Maria Visconti, intorno al 1439. Qualche decennio prima era cominciata la costruzione del Naviglio di Bereguardo, derivato dal Naviglio Grande presso Castelletto di Abbiategrasso, congiunto all’altezza di Trivolzio col Naviglietto, a sua volta quest’ultimo sfociante nella parte meridionale del Naviglio di Pavia (nel tratto chiamato Navigliaccio). I lavori iniziarono nel 1420, duca di Milano Filippo Maria Visconti. È probabile, che il Naviglio di Bereguardo sia nato con scopi di irrigazione. Ma nel 1438, al tempo della costruzione della Conca di Viarenna, cominciarono altri lavori per renderlo navigabile. Si era capita l’importanza, in mancanza di una via d’acqua diretta fra Milano e Pavia, del suo collegamento fra il Naviglio Grande e la città ticinese. Nel 1447 muore Filippo Maria ma, Francesco Sforza continuò la politica idroviaria dei Visconti, completò nel 1470 la sistemazione del Naviglio di Bereguardo, che diventò così regolarmente percorso da natanti. Adibite al trasporto del sale e altre merci, le barche del Naviglio di Bereguardo erano chiamate cagnone, borcelli o barche mezzane, secondo la loro grandezza e portata. Non sembra ci sia mai stato un servizio regolare di traghetto per passeggeri. Vi navigò invece il duca Filippo Maria Visconti, che si era fatto costruire un’apposita barca detta «magna» per recarsi da Milano a Pavia. Questa barca arrivava fino ad Abbiategrasso lungo il Naviglio Grande, poi imboccava il Naviglio di Bereguardo e giungeva fino a Pavia. Nell’ultimo tratto, quasi certamente, c’era un trasbordo a terra, ma allora venivano anche usati canali minori, poi sicuramente abbandonati. Anche il duca Galeazzo Sforza, e altri potenti locali di quei tempi, si servivano dei navigli per i loro spostamenti. Il Naviglio di Bereguardo iniziò presto la sua decadenza: già nei primi anni dell’Ottocento, quando l’apertura del Naviglio pavese lo relegò a corso d’acqua periferico e locale. Il trasporto di passeggeri ebbe invece grande importanza sul Naviglio Grande. Ciao Teresa Ramaioli
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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 17/08/16 alle 14:09 via WEB
Le patatine fritte sono uno dei cibi più apprezzati, tutti, grandi e piccoli, amano le patatine. L'idea di friggerle venne allo chef statunitense George Crum non per la gioia del palato ma per ripicca verso un cliente noioso. Si narra che nel 1853 in un ristorante di New York, , un cliente esigente rimandò indietro per tre volte un piatto ritenendo che le patate, servite per contorno, erano tagliate in modo troppo spesso. Fu così che lo chef, per vendicarsi, affettò le patate sottili sottili e le fece friggere, convinto di disgustare l'indisponente cliente; che invece le trovò sublime. Non ci volle poi molto tempo per arrivare alla conquista… del mondo. Ciao Teresa Ramaioli
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