dino secondo barili
ricerche storiche locali (Pavia e Provincia)Messaggi del 05/04/2014
ANNAMARIA ...
E
IL RACCONTO DI FORTUNATA
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ANNAMARIA ...
E
I TENTENNAMENTI
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PIERLUIGI VALLI ...
E
IL PAESE NATIO
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LA RICETTA DI ANNAMARIA
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MENEGI53...
E
I SEDICI ANNI
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GIOVANNA CATTANEO ...
E
IL PIACERE DI VIVERE
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Intrigo …
…a Pavia
(Queste storie, anche se raccontate come vere,
sono frutto di fantasia,
pertanto non hanno nulla a che vedere
con persone reali o fatti realmente avvenuti)
racconto del Mercoledì
Il cinquantenne Giovanni (368)
Nella vita ci sono vari momenti. A vent’anni si pensa in un modo, a trenta, in modo diverso …e poi, via, via sempre diverso… a 40, 50, sessant’anni. Il fatto è, che se a vent’anni si preferiva andare a pescare…a cinquanta, la pesca non basta più… E lì cominciano i guai… Non proprio guai… ma certe “riflessioni amare”. Già, a cinquant’anni una persona (uomo) ha già accumulato una notevole esperienza…e quell’esperienza (oltre alla fatica) ha “cambiato anche il modo di vedere il mondo”. Se ha vent’anni bastava la pesca in riva al fiume Ticino a “provocare emozioni” … a cinquanta quelle emozioni non bastano più… Si desidera qualcosa di più… qualcosa di diverso. E cosa? Per esempio. Conoscere nuove località. Conoscere persone nuove… Ecco, questo era il cruccio del Signor Giovanni, scapolo, cinquant’anni, ben portati, un anno fa. Una vita di lavoro come piccolo imprenditore… una corsa affannosa per raggiungere una “certa tranquillità economica”…e il desiderio di ritrovare i sogni perduti nel lavoro e nel corso degli anni. Conoscere persone nuove… Ma quali? Non le solite persone con le quali aveva a che fare tutti i giorni… La Segretaria, buona collaboratrice e confidente… ma senza fascino. Il capo tecnico con il quale discuteva i progetti e la loro realizzazione… I clienti … no, no, no. Quelli no! Altrimenti era come entrare in un tunnel nel quale non si vedeva l’uscita… Il Signor Giovanni, invece, aveva bisogno di qualcosa di nuovo… nuovo veramente. Allora, chi? “Una Veggente… una che sapesse leggere il futuro…” – La risposta era nella testa del Signor Giovanni da mesi. Non aveva il coraggio di pronunciarla, ma quello era il desiderio. Quando si decise a “sputare il rospo” ne parlò con la sua Segretaria la quale si era messa ridere… “Lei, Signor Giovanni (usava il Lei per mantenere le distanze) non ha bisogno di una Veggente… Lei ha bisogno di una moglie.” Il Signor Giovanni si rifiutò di rispondere. Da imprenditore (anche se piccolo) aveva già preso la sua decisione. Aveva letto sul giornale il numero di telefono di una “Veggente che riceveva a Milano” … luogo ideale per uscire dal circolo vizioso di una piccola città come Pavia. Preso l’appuntamento non vedeva l’ora di conoscere i risultati. La Veggente Clorinda era una donna grassa, enorme… con i capelli rossi e un seno che “strabordava” da tutte le parti. Eppure bastava sentirla parlare per essere affascinati da una “voce autoritaria e determinata”. Parole che sembravano massi. “Lei Signor Giovanni è un caso più unico che raro…” – fu la sentenza – “Il suo futuro dipenderà da come eseguirà i miei consigli… Primo, deve iscriversi ad una “scuola di ballo”. Uscire dall’isolamento in cui l’ha condotto il suo lavoro snervante. Poi, deve abbandonarsi alla musica… specialmente al tango. Solo così ritroverà la sua anima… quella che ha perduto nel corso degli anni. Non le anticipo nulla … perché il suo destino è già segnato. Sposerà … una Principessa.” In cuor suo il Signor Giovanni si mise a ridere. Una Principessa?... ma quando mai? Era benestante, ma non era ricco. Inoltre, non era un Adone. Pagò quanto dovuto e lasciò lo Studio della Veggente. Il Signor Giovanni uscì troppo velocemente dal portone d’ingresso del Palazzo… senza guardarsi in giro. Una ragazza in bicicletta lo centrò in pieno mandandolo a gambe all’aria. Un capitombolo da film. Urla, gemiti, dolori da tutte le parti. La ragazza spaventatissima prestò le prime cure. Chiamò il 118 e accompagnò l’infortunato in Ospedale. Ormai, il Signor Giovanni, non aveva che lei… la ragazza che lo aveva investito. Chiese il nome. “Mi chiamo Osvalda… Non si preoccupi … L’assisterò finché non si sarà ripreso.” I Dottori fecero del loro meglio con disinfettanti e cerotti. Il piede sinistro aveva subito una lussazione, ma era bastata una fasciatura…ed un bastone. Ora, il Signor Giovanni era come nuovo (si fa per dire). Inoltre aveva conosciuto Osvalda… “una ragazza da fine del mondo” che si era messa a sua completa disposizione. L’imprenditore… cosa voleva di più dalla vita? Tra un sospiro e l’altro, il cinquantenne, uscì con una frase. “E pensare che la Veggente mi aveva pronosticato che avrei sposato una Principessa…” La ragazza rimase senza parole… poi… “Ma, io sono Osvalda… la Principessa del Tango” (368)
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PENSIERI SPARSI DEL 5 APRILE 2014
“Nella vita,
meglio una buona decisione…
di mille tentennamenti.”
Dino
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5 APRILE 2014
ALMANACCO DI STORIA PAVESE
Trivolzio – 5 aprile 2014 – Sabato - ore 12.00
Intrigo …
…a Pavia
(Queste storie, anche se raccontate come vere, sono
frutto di fantasia. Pertanto non hanno nulla a che
vedere con persone o fatti realmente avvenuti)
racconto del Sabato
581
I racconti di Primavera
Il bacio (sulla guancia) di Celestino
La Primavera è… oltre alla stagione dell’amore, anche quella degli interrogativi. Un anno fa, ne parlava nel suo Ufficio a Milano, l’impiegata Fortunata, gagliarda cinquantenne abitante a Pavia, ma originaria dell’Oltrepò Pavese. Ne parlava con la sua amica e Collega Caterina anche lei pavese. “Caterina, Caterina… a questo mondo è “meglio nascere fortunati… che ricchi”… Almeno così dicevano i nostri vecchi nel tempo che fu. Per esempio. Mia mamma mi ha chiamata Fortunata per augurarmi una vita serena e felice. Se devo dire la verità, a cinquant’anni suonati, oltre al lavoro che non mi è mai mancato, di fortuna ne ho avuta poca, specialmente in amore. Sono nata in un paesino di collina dell’Oltrepò Pavese. Sono partita con una valigetta in mano...e anche oggi controllo i soldi della spesa per non restare inguaiata. Avevo appena terminato la terza media e dal mio paesino di quattro case, allora, siamo partiti tutti o quasi... E’ rimasta solo la Cesira che aveva due pecore e tre capre. Una partenza in sordina. Quasi in punta di peidi. Mi è rimasta impressa la partenza del mio compagno di scuola Celestino. Un ragazzo mingherlino che era anche mio vicino di casa. Celestino è emigrato in Australia con mamma e papà. Il giorno prima di partire i genitori di Celestino hanno organizzato una cena. Nulla di straordinario. C’ero, io e i miei genitori. Al termine della cena, i miei genitori e quelli di Celestino si sono abbracciati e dati un bacio sulla guancia. Così ho fatto io e il mio compagno di scuola. Mi ricordo bene le parole di Celestino. “Fortunata… forse un giorno ci rivedremo” Poi, dal paesello, sono partita anch’io con i miei genitori e siamo approdati a Milano. Ora, all’età di cinquant’anni posso dire che se da una parte sono stata fortunata per quanto riguarda il lavoro… sul piano sentimentale sono stata super sfigata. Nessuno degli uomini con i quali ho avuto approcci mi ha offerto prospettive. Ora, all’alba dei cinquant’anni sono single… devo tingermi regolarmente i capelli per nascondere i segni del tempo che fu. Me li tingo di rosso. Lo stesso rosso di quanto avevo sedici anni, l’anno del bacio (sulla guancia) di Celestino. So benissimo che è un’illusione, un modo per mascherare ciò che non c’è più… Eppure il cuore mi dice che … posso ancora sperare. Sperare in un colpo di fortuna.” L’amica e Collega Caterina non rispose.. Non voleva rincarare la dose. Si limitò a dire: “Ogni persona ha i suoi guai. Inutile, farsene un problema. L’importante è guardare avanti …e sperare. Sperare sempre.” Fortunata non tornò più sull’argomento. I giorni passarono. Una settimana dopo Fortunata si confidò di nuovo con la Collega. “Caterina, sento la nostalgia del mio paesino sulle colline dell’Oltrepò Pavese. Ho deciso. Sabato vado a rivedere la casa dove sono nata. Dove ho vissuto i miei anni giovanili.” Caterina sorrise e augurò buona fortuna. Ormai era fatta. La decisione presa. Il sabato mattina di un anno fa, la cinquantenne Fortunata ha lasciato Milano e con la sua “cinquecento” si è avventurata per le stradine dell’Oltrepò Pavese. Ha raggiunto il paesel natio. Ha lasciato la cinquecento davanti alla sua “antica” casa. Si messa alla ricerca delle persone che aveva conosciuto all’epoca in cui vi abitava. Il paesello sembrava deserto… disabitato. Delle persone conosciute erano rimaste tre persone anziane delle quali aveva perso la conoscenza… Quasi tutte le case erano chiuse da chissà quanto tempo. Fortunata stava per riprendere la cinquecento per ritornare a Milano… quando arrivò una automobile di grossa cilindrata. A guidarla c’era un signore sui cinquant’anni. Era Celestino. Celestino, il suo compagno di scuola e vicino di casa. In Australia aveva fatto fortuna . Ora era tornato per rivedere il suo paesino di collina nell’Oltrepò Pavese. L’incontro tra Celestino e Fortunata è stato drammatico. I due si sono abbracciati e si sono messi a piangere. Poi, si sono asciugati il viso. Si sono presi per mano. Si sono seduti davanti alla casa dove avevano abitato e si sono raccontati il tempo passato. Trentaquattro anni. Ad un tratto Celestino è uscito con una frase. “Fortunata hai voglia di venire a vivere con me in Australia? Il tempo di chiudere i tuoi rapporti a Milano…e prendiamo l’aereo per l’Australia dove ho fatto fortuna … Ho bisogno di te. Del tuo sorriso… dei “nostri” sedici anni. Le nostre vite possono ricominciare da quel bacio sulla guancia di trentaquattro anni fa…” . - Questo è il racconto 581, scritto dal 2 settembre 2012. Un racconto al giorno per… il piacere di chi scrive… e di chi legge. Non resta che continuare per raggiungere il racconto numero 1000 (mille)… con la speranza di riuscirci. Dino
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LA BASILICA DI SANTA MARIA
A LOMELLO (PAVIA)
di
Teresa Ramaioli
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