dino secondo barili
ricerche storiche locali (Pavia e Provincia)Messaggi del 22/12/2014
PENSIERI SPARSI DEL 22 DICEMBRE 2014
“L’amore può … dove le parole non possono.
Solo i silenzi contano”
Dino
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22 DICEMBRE 2014
ALMANACCO DI STORIA PAVESE
Trivolzio – 22 dicembre 2014 – Lunedì - 12.00
Intrigo …
… a Pavia
(Queste storie, anche se raccontate come vere, sono
frutto di fantasia. Pertanto non hanno nulla a che
vedere con persone o fatti realmente avvenuti)
842
Evaristo e la fotografia
Una delle qualità più apprezzate negli Architetti è l’estrosità. Più un Architetto è estroso, fantasioso, più ha la possibilità di cimentarsi nelle avventure più strane e complicate. Del resto la fantasia non ha limiti. A volte le idee più fantasiose risultano anche le più originali. L’Architetto Evaristo con Studio in Milano, ha sempre avuto idee originali, ma ha aspettato il compimento del cinquantesimo anno per dare il meglio di sé. Per esempio. Ha cominciato dal caffè … Per vent’anni, da quando aveva organizzato il proprio Studio, aveva sempre preso il caffè del mattino al solito Bar. Al compimento dei cinquant’anni ha detto basta. “… da oggi, voglio cambiare continuamente Bar” Per vent’anni, Evaristo aveva ascoltato i soliti discorsi degli amici del Bar. C’era il Guido che ogni giorno si lamentava di sua moglie. Ora, basta. Niente più … Guido e sua moglie. Anche perché, l’Architetto Evaristo avrebbe voluto avere una moglie e non ci è mai riuscito. Dopo l’uscita con qualche donna … l’Architetto si rendeva conto che i discorsi erano troppo diversi, distanti. Evaristo volava alto … aveva bisogno di una donna che lo capisse e ne apprezzasse le potenzialità. Ora, aveva deciso … mai più il caffè del mattino nello stesso Bar. Così non solo il Guido (e sua moglie) sparivano, ma anche Giuseppe con la sua “radiocronaca” della partita di calcio. Valentino con le sue corse in bicicletta … e parecchi altri … anche se meno fissati. Ora, l’Architetto Evaristo poteva cambiare … cambiare ogni volta e questo creava aspettative. Il caffè della mattina non era solo un caffè … ma un rito. Un modo per guardarsi intorno. Per notare le differenze tra un Bar e l’altro, tra una via e l’altra … Quando si cambia la via … si cambia anche la gente … le persone. A parte che l’Architetto Evaristo guardava quasi esclusivamente le donne. Anche le donne erano diverse … e questo era un bene. Evaristo fece anche un’altra scoperta … non tutti i Bar sono uguali e non tutti sono capaci di offrire lo stesso caffè. C’era chi lo offriva bollente. Altri quasi freddo (in questo caso … una sola volta). Altri ancora … il caffè era accompagnato dal sorriso di una bella barista … Ecco, questo era il caffè migliore. La scelta era fatta. Evaristo aveva capito che prendere il caffè offerto con il sorriso mette buon umore. Anche gli avventori del Bar ne risentono. Evaristo ha cominciato a riprendere l’abitudine dello stesso Bar. Inoltre, nel Bar c’era un Signore sui cinquant’anni che aveva sempre una macchina fotografica tra le mani. Anche l’Architetto Evaristo era un appassionato di fotografia … ma solo per uso professionale, cioè l’architettura, il suo lavoro. Ora invece, insieme al caffè … al sorriso della barista … c’era anche la fotografia del Signor Michele (questo era il nome del cinquantenne). Michele aveva una parlantina sciolta. Nell’Architetto Evaristo aveva trovato un interlocutore piacevole e interessato. A volte Evaristo si ritrovava in qualche fotografia scattata a sua insaputa … e sempre con la tazzina del caffè tra le mani e la barista sorridente dietro le sue spalle. L’Architetto doveva riconoscere che erano fotografie ben fatte. Con un non so che di artistico che lasciava stupiti. Come se quel caffè e quel sorriso fossero un segno del Destino. Dopo un po’, l’Architetto Evaristo riprese a fare fotografie. Non più per uso professionale ... ma per il piacere di farle. Chiese a Jenny (quello era il nome della barista) se era disposta a farsi fotografare nei suoi scatti fotografici in città. Jenny accettò. Del resto cosa c’era di più bello di farsi fotografare come fosse un reportage fotografico da una persona simpatica come l’Architetto Evaristo? Milano non è una città come le altre. A Milano ha vissuto Leonardo da Vinci ed ha lasciato numerose opere nella Metropoli Lombarda. Evaristo era un patito di Leonardo da Vinci … Per Evaristo, Jenny era come la Gioconda di Leonardo da Vinci. La macchina fotografica il mezzo per immortalare immagini. In questo caso il volto di Jenny. Quando una persona viene affascinata da un volto finisce per scoprire potenzialità e bellezze impensate. Un anno fa, Evaristo, era la Parco Sempione e stava fotografando Jenny … Ogni foto era una capolavoro e quel capolavoro diventava un mito … un’ideale di bellezza. La sua bellezza. Ad un tratto, quasi senza volerlo, Evaristo uscì con una frase. “Jenny credo che sto innamorando di te …” Per Jenny non è stata una novità. Se lo aspettava che un giorno o l’altro Evaristo uscisse con quella frase. Non disse nulla. Anzi, accennò ad un sorriso … un sorriso diverso dal solito. In quell’istante Evaristo scattò una fotografia. Capì che era successo qualcosa. Jenny ed Evaristo non erano più le stesse persone. Si parlarono con gli occhi. La labbra di Evaristo si incollarono sulle labbra di Jenny e nessuno dei due si rese conto che il tempo passava … Sul Parco Sempione a Milano scendeva la sera. Le prime ombre si allungavano mentre i minuti passavano. L’incanto per i due amanti era appena iniziato. - Questo è il racconto 842, scritto dal 2 settembre 2012. Un racconto al giorno per… il piacere di chi scrive… e di chi legge. Non resta che continuare per raggiungere il racconto numero 1000 (mille)… con la speranza di riuscirci. Dino
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ADA NEGRI
di Teresa Ramaioli
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CIAO DONATELLA ...
DONATELLA DI MILANO
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Intrigo …
…a Pavia
(Queste storie, anche se raccontate come vere,
sono frutto di fantasia,
pertanto non hanno nulla a che vedere
con persone reali o fatti realmente avvenuti)
185
Giovanni e il fascino dell’ignoto
In un società che cambia velocemente… anche gli usi e le abitudini delle persone seguono lo stesso ritmo. E’ accaduto così anche a Giovanni, un anno fa. A settant’anni, rimasto vedovo, non poteva rimanere in casa solo. A fare cosa? Ha cominciato ad usciere. A fare passeggiate in città. Pavia è una città a misura d’uomo. Nel senso che le vie e le piazze sono raggiungibili da più punti con percorsi brevi e variegati. I palazzi sono ricchi di storia e una persona può immergersi nelle varie epoche storiche senza fare fatica. La storia, però, è una cosa… la vita è un’altra. Dopo le prime solitarie passeggiate in città, Giovanni, sentì il bisogno di parlare …di parlare con qualche persona, scambiare informazioni, notizie. Da parecchi anni, Giovanni, non usciva più di casa per curare la moglie ammalata…se non per fare la spesa e andare in farmacia a prendere le medicine. Ora era libero di muoversi… ma nella città, a Pavia (la sua città) non conosceva più nessuno. Bisogna ricominciare tutto da capo. Un giorno di marzo di un anno fa, Giovanni si trovava sotto le Torri di Piazza Leonardo da Vinci. L’aria era fresca, ma la primavera stava regalando le prime tiepide giornate. Decise di sedersi su una di quelle panchine verdi che si trovano nella piazza. C’erano molti studenti universitari (ragazzi e ragazze) che “cinguettavano” tra una risata e l’altra. Ad un tratto, Giovanni vide una figura conosciuta. Era… Enrica, la Signora Enrica. La titolare del Bar che si trovava sotto casa sua e che non vedeva da parecchi anni. “Buon giorno Signora Enrica. Come sta?” – La donna leggermente claudicante fece fatica a riconoscerlo. “Ma lei è Giovanni, Giovanni della Maria. Come sta sua moglie? Me la saluti. Devo andare perché sono di fretta. Ho un appuntamento dal Dottore per un esame clinico. Mi saluti sua moglie.” Giovanni rimase male, ma fece finta di nulla. Si alzò e riprese a camminare. Le viette strette e ghembe di Pavia aiutano a pensare. “Come è fatta la vita.” – Si chiedeva mentalmente Giovanni. “Sembra ieri che conoscevo tante persone… ed ora non conosco più nessuno. Se ne sono andate tutte via… Chissà dove saranno? Chissà se in questo momento qualcuna di loro penserà a me? Perché non può essere che io pensi a loro… e loro, in questo stesso istante, non pensino a me?” Giovanni era giunto in Piazzetta delle Rose. Un luogo romantico dove è facile farsi prendere dalla nostalgia. Giovanni stava quasi per sedersi su una delle poche panchine della Piazza, quando si sentì toccare il braccio. “Giovanni. Giovanni… Ti ricordi me? Sono la Rachele. La tua ex-collega d’ufficio. Ricordi? Allora avevamo diciotto anni. Vieni con me? Vada dalla Signora Gilda, la Maga, colei che legge il futuro…” Giovanni accettò. La casa della Maga Gilda era al piano terra in una vecchio cortile ristrutturato della Pavia del tempo che fu. Gilda, la Maga, ricevette Giovanni e Rachele nella piccola stanza adibita a salotto e cucina. Nulla di straordinario. Gilda era veramente una Maga. Prese Giovanni in simpatia. “Lei è il Signor Giovanni. Non abbia paura… Oggi, le farò provare le più grandi emozioni… mai provate in vita sua. Incontrerà tutte le persone che desidera vedere e rivedere…” Giovanni non disse una parola …e si trovò in un altro mondo…” (185)
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CALENDARIO DELL'AVVENTO
di Teresa Ramaioli
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BUON NATALE
di Teresa Ramaioli
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CIAO PAOLO (DI VOLTERRA) ...
FRAGGINA
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CIAO ANTONELLA ...
ANTONELLA DI CREMONA
NRICA E UNA GITA A VOLTERRA racconto (841) di Dino Secondo Barili
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BUON NATALE
di Teresa Ramaioli
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