Messaggi del 02/11/2015

BUON LUNEDI' ... DA PAVIA

Post n°21116 pubblicato il 02 Novembre 2015 da dinobarili
 

BUON LUNEDI’ …

 DA PAVIA

2 novembre 2015

“La vita è adesso. Ieri non esiste più … e domani non c’è ancora”

Dino

26 “una canzone al giorno”

Dalidà

“I my love in Portofino”

Portofino è un comune di 439 abitanti della città metropolitana di Genova … ma non è un comune come gli altri. E’ un mito. Il mito della bellezza e … dell’amore. E’ la patria del lusso e di tutto ciò che è eccezionale. Pochi sanno cosa significa prendere un caffè a Portofino. Quello che si vede a Portofino non si vede in nessuna altra parte del Mondo. La differenza è … nell’amore … anzi, negli amori. Quelli di oggi, di ieri (dell’altro ieri) … e di domani. Ne è testimonianza una canzone “I my love in Portofino” cantata da innumerevoli cantanti … tra cui Dalidà (17 gennaio 1933 – 3 maggio 1987) cantante italo francese dal fascino misterioso (forse perché nata al Cairo in Egitto). Basta riandare all’interpretazione di Dalidà per vedere cosa significa love in Portofino … una canzone che parla d’amore … “Lo strano gioco del destino / a Portofino m’ha preso il cuor …” E non è affatto un gioco. “Nel dolce incanto del mattino/ il mare ti ha portato a me” Si fa presto a dire che un posto vale l’altro. Non è vero. Portofino è nel cuore di tutti gli amanti di ieri, di oggi e di domani (anche per coloro che a Portofino non ci sono mai stati). “… socchiudo gli occhi/ e a me vicino/ a Portofino … rivedo te” Inspiegabile il mistero dell’amore? Forse … a Portofino c’è la risposta. Buona ascolto. Dino

 
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FLAVIA racconto (373) di Dino Secondo Barili

Post n°21115 pubblicato il 02 Novembre 2015 da dinobarili
 

Intrigo …

…a Pavia

(Queste storie, anche se raccontate come vere,

sono frutto di fantasia,

pertanto non hanno  nulla a che vedere

con persone reali o fatti realmente avvenuti)

373

Flavia

Una persona si accorge subito quando “non” è gradita. Specialmente quando questa persona è un ragazzo di trent’anni ed è innamorato di una ragazza della sua età la cui famiglia non approva. Gianpiero era, appunto, quel ragazzo di trent’anni, il quale si era innamorato di Flavia, la sua collega nell’ufficio in cui lavoravano entrambi. Lo stipendio era uguale per tutti e due, tuttavia, Flavia aveva la Laurea (il Dottor davanti al cognome). Cioè era “laureata”… mentre Giampiero no. A metà percorso degli studi universitari, “il ragazzo”, aveva lasciato e si era cercato un lavoro. Ora, ecco il risultato. La donna di sui si era innamorato (anzi, la sua famiglia) metteva in dubbio le sue qualità e capacità. Si fa presto a dire che la “Laurea” è (solo) un “titolo di studio”. Un “Titolo” che vale per occupare un posto di lavoro… Sono tutte storie. La Laurea non è solo “un titolo”… E’ anche un modo “per sentirsi superiore… a chi la Laurea non ce l’ha”. Ed è anche un modo per far pesare il proprio “io”… sul posto di lavoro e nella società. Infatti, sul posto di lavoro, negli avanzamenti di carriera, viene data la precedenza a coloro che possiedono il titolo di studio. Non importa, poi, che, a parole, si continui a ripetere che “bisogna dare valore alle capacità individuali”. Balle! Non è vero niente… Giampiero doveva subire continue “allusioni” da parte dei genitori di Flavia i quali, essendo entrambi laureati, a parole, ripetevano che “bisognava ecc. ecc.”. In pratica si comportavano come si comporta, oggi, la società. Meglio un titolo di studio (con un Dottor davanti al cognome) che … senza. Giampiero ne aveva parlato con Flavia, la quale aveva cercato di conciliare. Si vedeva che la ragazza ci teneva al suo rapporto con Giampiero. Nello stesso tempo (forse su suggerimento dei genitori) aveva avanzato l’idea che “il ragazzo” riprendesse gli studi e si laureasse. Giampiero aveva incassato il colpo, ma non voleva prendere “ordini”. Dopo alcuni mesi in cui Giampiero frequentava la casa di Flavia, stanco di continue “allusioni”, prese una decisione. Senza chiedere il parere di Flavia, diede le dimissioni dall’Ufficio in cui lavorava… Si mise in proprio. Giampiero era una bella figura d’uomo con una parlantina che incantava. Si diede alla vendita di prodotti di alta tecnologia dove ogni commissione fruttava interessanti guadagni. Naturalmente, il rapporto sentimentale con Flavia si affievolì anche perché i genitori di lei continuarono a mantenere la propria avversità a Giampiero e a tutti i giovanotti che “non hanno la Laurea”. Un giorno è stata la stessa Flavia a chiedere a Giampiero un periodo di riflessione… Riflessione che voleva dire “Lasciamoci… e ognuno segua la propria strada”. I due si persero di vista. Passarono parecchi mesi. Un giorno Flavia (la Dott. Flavia) venne chiamata dal Direttore dell’Ufficio per una comunicazione. La Dottoressa era “comandata di servizio” per seguire un corso di specializzazione in nuove tecnologie a Milano in previsione di un possibile avanzamento di carriera. Flavia era entusiasta. Alla terza lezione, però, rimase di stucco. Tra gli “esperti in nuove tecnologie” c’era proprio il Signor Giampiero… il suo ex- collega ed ex  fidanzato. (373)

 
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BUONA GIORNATA

Post n°21114 pubblicato il 02 Novembre 2015 da dinobarili
 

BUONA GIORNATA CON IL DISEGNO DI

TERESA RAMAIOLI


 
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IL CAVALLO DI LEONARDO di Teresa Ramaioli

Post n°21113 pubblicato il 02 Novembre 2015 da dinobarili
 

IL CAVALLO DI LEONARDO

di Teresa Ramaioli

iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 01/11/15 alle 18:22 via WEB
IL CAVALLO DI LEONARDONel 1482 Leonardo lascia Firenze e si trasferisce a Milano, alla corte di Ludovico Sforza detto il Moro: ha trent'anni, è un artista affermato. Ci resterà fino al 1499. Prima di trasferirsi, l'artista aveva inviato al duca una lettera che è stata definita una vera e propria domanda d'assunzione. Una specie di curriculum, in cui si elencano tutte le sue abilità ordinate in dieci punti... nove dei quali sono usati per illustrare quanto sia bravo nell'ideare armi e macchine da guerra e solo uno, il decimo, presenta le sue qualità di artista. Un po' strano per un uomo che è stato considerato un pacifista. Infatti nei suoi scritti ha definito più volte la guerra una "pazzia bestialissima". C'è quindi chi pensa che nella lettera Leonardo abbia insistito sulle armi solo per far colpo sul duca, che in quegli anni turbolenti poteva considerare utile avere al suo servizio un esperto di macchine da guerra e strategia militare. La lettera fa parte del Codice Atlantico, conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano. Nel 1482 Ludovico il Moro Duca di Milano, propose a Leonardo di costruire la più grande statua equestre del mondo: un monumento a suo padre Francesco, duca dal 1452 al 1466 (anno della sua morte), che era anche il fondatore della casata Sforza. L'impresa era colossale, non solo per le dimensioni previste della statua, ma anche per l'intento di scolpire un cavallo nell'atto di impennarsi ed abbattersi sul nemico. Leonardo studiò i dettagli del cavallo, realizzando disegni. Il monumento venne pensato di forme colossali, fino a quattro volte più grande del naturale. Un simile progetto rese necessario ridisegnare il cavallo al passo, ed entro il maggio 1491. Leonardo, con questo monumento, voleva realizzare un'opera superiore alle precedenti statue equestri, il cavallo doveva essere il più grande di tutti, superare i 7 metri di altezza. Il colossale modello in creta venne esposto, nel 1493, suscitando l'ammirazione di tutti. Tutto era pronto per realizzare l'opera, ma le 100 tonnellate di bronzo necessarie alla realizzazione del monumento non erano più disponibili, essendo state utilizzate per realizzare dei cannoni utili alla difesa del ducato d'Este dall'invasione dei francesi di Luigi XII. Leonardo abbandonò il progetto e partì da Milano. All'arrivo delle truppe francesi nella città lombarda nel 1499. Il modello lasciato nel Castello Sforzesco venne usato dai soltati come bersaglio per esercitare le balestre, frantumandolo e distruggendolo completamente. Nel 1977 Charles Dent si entusiasmò all'idea di realizzare dopo cinque secoli il sogno di Leonardo. Dopo più di quindici anni di impegno, riuscì a trovare i fondi. Alla morte di Dent il progetto stava per essere abbandonato, quando Frederik Meijer, proprietario di una catena di supermercati nel Michigan, si offrì di finanziare il progetto, purché si facessero due cavalli: uno per Milano e l'altro per i Meijer Gardens. Le sette parti in cui il cavallo era stato fuso arrivarono nel luglio del 1999 a Milano dove vennero saldate insieme. Il cavallo fu posto nel settembre 1999 all'ingresso dell'ippodromo di San Siro. Da Milano, ciao Teresa Ramaioli

 

 
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CIAO TINA ... FAUSTINA SPAGNOL

Post n°21112 pubblicato il 02 Novembre 2015 da dinobarili
 

CIAO TINA ... FAUSTINA.SPAGNOL

faustina.spagnol
faustina.spagnol il 01/11/15 alle 08:14 via WEB
Buona domenica Dino, un abbraccio.
(Rispondi)
 
dinobarili
dinobarili il 02/11/15 alle 06:40 via WEB
Ciao Tina - buon inizio settimana. Dino
(Rispondi)

 

 
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CIAO STEFANO ... STEFANO BROCCA DI PAVIA

Post n°21111 pubblicato il 02 Novembre 2015 da dinobarili
 

CIAO STEFANO ...

STEFANO BROCCA  DI PAVIA

franzkline
franzkline il 01/11/15 alle 11:36 via WEB
Ciao Dino ogni tanto bisognerebbe fare come dice la canzone di Celentano per rilassarsi e allontanare tutto lo stress che ci circonda… Buona Domenica
(Rispondi)
 
dinobarili
dinobarili il 02/11/15 alle 06:36 via WEB
Ciao Stefano. le canzoni sono messaggi ... che aiutano a vivere bene. In armonia con il Creato. Buona giornata. Dino
(Rispondi)

 

 
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MILANO di Teresa Ramaioli

Post n°21110 pubblicato il 02 Novembre 2015 da dinobarili
 

MILANO 

di Teresa Ramaioli

iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 01/11/15 alle 18:21 via WEB
CASA VERDI ---MILANO----“Delle mie opere, quella che mi piace di più è la Casa che ho fatto costruire a Milano per accogliervi i vecchi artisti di canto non favoriti dalla fortuna, o che non possedettero da giovani la virtù del risparmio. Poveri e cari compagni della mia vita!”. Sono queste le parole che Giuseppe Verdi utilizza per descrivere: la Casa di Riposo per Musicisti a Milano. Voluto da Giuseppe Verdi fra il 1896 e il 1899 e realizzato dall'architetto Camillo Boito, questo edificio in stile neogotico fu l'ultimo grande sforzo del maestro di Busseto poco prima che morisse a Milano. La Casa di Riposo per Musicisti, meglio conosciuta come "Casa Verdi" è una struttura, un museo che ripercorre non solo la vita di Verdi e di sua moglie Giuseppina Strepponi, ma anche di tutti coloro che in questa casa risiedettero e portarono omaggio al Maestro. Vi si trovano dagli oggetti personali agli arredi monogrammati GV, da collezioni d'arte,come i busti di Vincenzo Gemito o il ritratto di Verdi di Giovanni Boldini, fino ai calchi in gesso del volto e della mano di Giuseppe Verdi. Il maestro, morto all'Hotel de Milan il 27 gennaio del 1901, ricevette funerali solenni che lo accompagnarono provvisoriamente al Cimitero Monumentale, da dove la salma venne poi traslata per riposare insieme alla moglie nella cripta della Casa di Riposo per Musicisti, decorata da grandi artisti dell'epoca. L’ambiente, suggestivo, è decorato a mosaico su disegni di Ludovico Pogliaghi. La sontuosa sistemazione fu frutto della devozione di Teresa Stolz che dedicò gli ultimi anni della sua esistenza (e una somma in denaro importante) alla sistemazione del tempio funerario. Al centro del grande mosaico la Stolz volle due figure di geni che levano alta una corona ornata da bacche d’oro e un medaglione con il ritratto di Verdi fuso in bronzo da Giovanni Lomazzi. Sotto quest’immagine, un’iscrizione riporta il verso di D’Annunzio dedicato al grande bussetano: “pianse e amò per tutti”. Le due tombe, realizzate da Lomazzi, sono sobrie ed austere e riflettono pienamente il carattere del Maestro. Alla parete sono appoggiate due corone che ricordano la visita di Vittorio Emanuele III l’8 ottobre 1901. Su suggerimento della regina Margherita venne aggiunta una targa in ricordo della prima moglie del Maestro, Margherita Barezzi e dei suoi due figli: “Dolce consorte a lui vicina nelle prime lotte della vita, lo fece padre di Igino e Virginia, desiderati e pianti ancora piccoli”. I primi ospiti entrarono in casa Verdi nel 1902 e da allora, la struttura ha accolto più di mille persone fra musicisti, coristi, direttori, orchestrali e cantanti, avvalendosi oltre ai contributi dei tanti donatori, proprio dei proventi dei diritti delle opere di Verdi, che il maestro stesso per volere testamentario destinò al mantenimento ed al funzionamento della propria Casa di Riposo per Musicisti. Ciao a tutti gli amici del blog Teresa Ramaioli

 

 

 

 
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