Creato da black_rose_and_moon il 21/07/2011

Astral Night Reverie

Stargazers ride through virgin oceans...

 

 

Epilogo

Post n°90 pubblicato il 07 Agosto 2014 da oltre_ogni_suono
 

 

Le foto di Londra, hanno riportato alla mia mente quei magici giorni in cui ci sentivamo (ed eravamo) in un altro mondo.

Tra quelle foto con la famiglia mi sono bloccato di colpo, a metà album.
Dopo un paio di telefonate, sono andato a vestirmi di corsa per uscire, abbandonando l'accappatoio su una poltrona.

***

Francesca è seduta su una panchina, ha le mani in tasca e lo sguardo perso nell'acqua del laghetto in cui i cigni nuotano placidi. Sembra stia fissando il nulla, i suoi occhi si perdono in un punto indefinito di quell'acqua tranquilla che si increspa solo al passare di quei regali volatili.
Mi avvicino al lago e poi, lentamente, la raggiungo, sedendomi sulla sua stessa panchina ma dal lato opposto. Lei si alza per sfuggirmi, la seguo e la predo per mano, obbligandola a risedersi con me.

La guardo "Ho disdetto il tuo volo"
Chiude gli occhi per domare la rabbia "Come ti sei permesso?"
"Dobbiamo prima parlare, poi puoi anche decidere di andartene"
"Parlare di cosa? Mi pare di essere stata chiara poco fa..."
"Ascoltami..."
"Restare insieme è impossibile e lo sai anche tu... ci sono tant..."
Mi avvicino e la bacio con violenza per fermare il suo fiume di parole "Sta zitta un attimo!" ma lei si agita, vuole alzarsi, la blocco.
"Lasciami!", mi grida in faccia, infuriata.
"Cosa urli? Voglio che mi ascolti un attimo"
"Ok, ma non toccarmi"
Libero le sue spalle dalla mia presa, mi ricompongo sulla panchina e guardo il laghetto "Ho ripensato a quelle carte dell'orfanotrofio che ho firmato l'anno scorso, ho chiamato un mio amico avvocato e mi ha detto che possiamo stare insieme e fare ciò che vogliamo. Ricordi? Non faccio parte della tua famiglia"
Lei si è voltata di scatto verso di me "Dici davvero?"
Mi sono voltato anche io verso di lei, sorridendo "Dico davvero"
Un dubbio le accarezza il viso "Non hai voluto far parte della famiglia per poter stare con me?"
Le brillano gli occhi, dirle di "sì" sarebbe come farle una bellissima sorpresa romantica, ma opto per la verità "No, non avevo minimamente pensato a questo risvolto, non lo sapevo nemmeno! Ho involontariamente creato la soluzione a questo problema prima di innamorarmi di nuovo di te..."

Con uno slancio si è letteralmente gettata su di me, abbracciandomi, piange di gioia e mi contagia. Mi bacia con entusiasmo e devo aggrapparmi allo schienale della panchina per non rotolare a terra.

E' bellissima, l'abbraccio forte per non farla cadere e per trasmetterle tutta la gioia, lei ricambia. Restiamo in silenzio, ma la nostra quiete è carica di pace.

***

Si accoccola contro di me, la guardo e le chiedo se vuole ancora andare via.
"No, amore mio... voglio restare con te..." la sua voce è dolce e bassa, ma sicura e felice "Per sempre..."
Ho preso il suo viso tra le mani, per asciugarle le lacrime con i pollici, una ad una. La stringo tra le braccia e la bacio sulle labbra "Anche io ti voglio con me... per sempre... amore mio"

 
 
 

Fuggire

Post n°89 pubblicato il 06 Agosto 2014 da oltre_ogni_suono
 

Indossato l'accappatoio, mi soffermai sulla soglia della camera di Francesca. Aveva indossato dei jeans e una t-shit, legato i capelli bagnati in una coda improvvisata. Freneticamente riempiva una valigia con le sue cose.

La guardai "Cosa fai?"
Francesca non rispose, rendendo ancora più ovvia la sua contro-domanda: il suo silenzio sembrava dirmi "Non lo vedi?".
Non mi feci scoraggiare, mi avvicinai e le presi le mani, bloccandola "Dove vai?"
"A casa"
"Sei già a casa..."
Liberò le mani dalla mia presa e si avvicinò a uno scaffale per prendere dei libri, sfuggendomi "Da mamma e papà"
"Perché?"
Uscì dalla camera e andò in salotto, verso la libreria "Lo sai il perché"
La seguii "Non lo so"
Non mi guardava "Sì che lo sai"
"Parliamone"
Si bloccò e si girò di scatto verso di me, era arrabbiata "Perché? Per ripetere la storia del non poter stare insieme? Dov'è che avete un'altra sede? Dove vuoi scappare questa volta?"
"Possiamo trovare una soluzione..."
Si fermò, incrociò le braccia sul petto e mi guardò "Quale?"
Mi misi a sedere pesantemente sul divano "Non lo so ancora... Ancora non ho pensato a nulla..."
"La soluzione non c'era anni fa e non c'è ora! Te lo dico io come andrà a finire..." nervosa iniziò a passeggiare per la stanza "... vivremo il nostro idillio per un po' di tempo, fino a quando ci renderemo conto che non è possibile andare avanti e staremo male..." si fermò davanti alla finestra, aggrappandosi al davanzale "Quindi, prima di star male... scappo io... me ne torno a casa... ho il volo oggi pomeriggio..."

Mi alzai, avevo voglia di abbracciarla e farla restare con me "Riflettiamoci su, cosa ci costa? Viviamolo, per quanto durerà, questo idillio"
Bloccò le mie braccia, non voleva che la toccassi "Ale, sai già che finiremo per amarci di nuovo e poi stare male..."
"Ma io già ti amo di nuovo... forse da mesi e me ne sono accorto ieri, ballando..."
Abbassò gli occhi, voleva nascondere il fatto che per lei era la stessa cosa.
"Francesca, è così anche per te... ammettilo"
"No, vado via per questo... per non farmi coinvolgere"
"Amore mio, ho sentito i tuoi brivido, ho visti i tuoi occhi, ho osservato i tuoi gesti, ti conosco, non puoi mentirmi..."
"Ti sbagli, avevo solo bevuto... era solo quello"
Con una mano le presi dolcemente il mento e la costrinsi a guardarmi negli occhi "E stamattina cos'era? Caffè corretto? Confusione da postumi della sbornia? Allora dimmi che non mi ami!"
I suoi occhi tremarono per un istante "No, non ti amo"
"Non è vero!"
Vidi un fuoco rabbioso accendersi nei suoi occhi, mi scostò la mano con violenza "Lasciami stare!". Con passi veloci raggiunse la porta d'ingresso, afferrò le chiavi dalla mensola lì vicino e uscì sbattendo la porta. La vidi poco dopo attraversare la strada e incamminarsi verso il parco.

Andai nella sua camera, le svuotai la valigia, mettendo nei cassetti e nell'armadio la sua roba come capitava, ma riponendo e piegando tutto per bene. Seppelliti sotto i vestiti nella valigia, trovai due album di fotografie, uno era del nostro viaggio a Londra, l'altro di foto varie di momenti in Italia, con mamma e papà, una sorta di cronologia della nostra vita.

Sedendomi sul letto di Francesca, iniziai a guardare le foto.

 
 
 

Gocce d'acqua

Post n°88 pubblicato il 05 Agosto 2014 da oltre_ogni_suono
 

Mentre Francesca era in cucina a lavare le poche stoviglie della colazione, andai a fare la doccia.
Mi passai le mani sul volto e tra i capelli, appoggiai la testa al muro e chiusi gli occhi.

Sotto il getto, immobile, lasciai che l'acqua facesse da sottofondo ai miei pensieri.
Ripensavo al tango passionale, agli sguardi d'intesa perfetta, ai brividi intensi, alla notte d'amore, al dolce risveglio. Analizzavo ogni suo sorriso, ogni nostro gesto di complicità.
Avrei voluto che il resto del mondo sparisse per poter essere libero di vivere con lei ciò che desideravamo...

Una voce dall'esterno del box-doccia interruppe il filo dei miei pensieri.
"Hai dimenticato di prendere l'accappatoio"
Chiusi l'acqua "Ah già... ieri l'ho lavato"
"Te ne prendo un altro, smemorino... blu o arancione?"
"E' indifferente, grazie" risposi, riaprendo il getto.

Poco dopo, attraverso la plastica smerigliata della porta del box, vidi il profilo di Francesca: stava appendendo l'accappatoio al gancio lì vicino, sollevandosi leggermente sulle punte e allungandosi verso l'alto. Intravedevo la sagoma della camicia sollevarsi leggermente e immaginai come venissero quasi del tutto scoperte le sue grazie più nascoste, evidenziando le gambe snelle.
Fu un attimo e il mio istinto mi suggerì di aprire quella porta e trascinarla in doccia con me, lo feci e le sue risate echeggiarono sulle pareti del bagno, rimbalzando sulle mattonelle, dove si spensero per lasciare spazio allo scroscio dell'acqua che scorreva su di noi.

La stoffa bianca e sottile della mia camicia si bagnò in fretta diventando trasparente, aderì al corpo di Francesca e scolpì ogni sua forma perfetta: mille goccioline iniziarono a brillare sulla pelle scoperta, il baricentro di tutto erano quei fianchi meravigliosamente curvi, fatti apposta per racchiudere il ventre piatto che smistava lo sguardo verso le delizie dell'alto e i misteri del basso.

Vederla seminuda mi faceva girare la testa.
Mi chiesi come avevo fatto a resistere dal non afferrarla mentre camminava per casa in canotte aderenti e shorts mentre come una farfalla passava da una stanza all'altra mettendo in ordine le sue cose con grazia, incurvando il suo corpo per slanciarsi ad afferrare oggetti, svolgere le faccende domestiche canticchiando e ballando, discutere al cellulare e misurare a grandi passi gli ambienti.

La osservai a lungo, lottando con la voglia di esplorare ogni piega del suo corpo e il desiderio di farla mia immediatamente.
La presi per i fianchi, facendo aderire il suo corpo al mio; mi guardò negli occhi, mi prese il viso tra le mani tremanti, anche lei mi desiderava, cercava con la bocca la mia pelle. Le sue labbra incandescenti esploravano il mio collo e, schiudendosi in mille baci, raggiunsero il lobo del mio orecchio facendomi impazzire. La strinsi forte a me, volevo che sentisse ogni mio muscolo tendersi.

Iniziammo a vagare nelle onde della passione che, invadendo ogni angolo del nostro essere, si innalzò per condurci lentamente all'apice dell'empireo.

***

Stremato, mi appoggiai con la schiena alle mattonelle, Francesca si abbandonò contro il mio corpo, l'abbracciai. Senza fretta, i nostri respiri tornarono calmi e regolari. Solo lo scroscio dell'acqua faceva da sottofondo alle nostre menti svuotate.
Le baciai una spalla "Ti amo, piccola mia"
Lei parve tornare da un luogo remoto "Anche io, tesoro"

Sollevò il viso dal mio torace, ci baciammo dolcemente e poi staccò le labbra dalle mie.
Aprì leggermente la bocca come per parlare, ma ci ripensò e si morse il labbro inferiore.
Per pochi attimi appoggiò la sua fronte alla mia, giusto il tempo di scostare le mie mani dai suoi fianchi, prima di uscire dalla doccia e, gocciolante, scappare via con ancora addosso solo la mia camicia bagnata.

Restai immobile sotto il getto d'acqua, le braccia abbandonate lungo i fianchi, guardavo le gocce che, rimbalzando sul mio corpo e sul piatto della doccia, saltavano fuori dalla porta lasciata aperta, fermandosi sul tappeto.

 
 
 

Flashback

Post n°87 pubblicato il 04 Agosto 2014 da oltre_ogni_suono
 

Mi venne in mente la nostra soffitta, lei che si spogliava per me, anni prima, con un misto di imbarazzo e desiderio; in silenzio per poter sentire gli spostamenti dei nostri genitori al piano di sotto; noi, innamorati clandestini che vivevano il brivido del segreto e della follia. L'amavo come allora, il sentimento si era risvegliato, era vivo nonostante qualche anno di sonno in una sorta di letargo.

Francesca mi toccò il braccio come se avesse percepito il mio allontanamento dalla realtà "Ale, tutto ok?"
Mi riscossi, catapultato nel presente, e cercai il suo volto. Lei era lì, accanto a me, con i suoi occhi nocciola che sbirciavano i miei provando a raggiungere l'anima per leggere se c'era qualcosa che non andava.

La mia mente si separò dal cuore e fu quest'ultimo ad agire: l'abbracciai di nuovo, più forte di prima e cercai la sua bocca. Lei, come una bambola inanimata, si lasciò guidare da me... o forse anche il suo istinto le diceva di lasciarsi andare...

Ci baciammo con trasporto e, quegli attimi, furono i preliminari alla passione che ci avvolse poco dopo.

La sollevai da terra prendendole le gambe che strinse attorno alla mia vita, mentre le sue braccia usavano il mio collo come appiglio. Le sue labbra inseguivano le mie, i miei passi inseguivano una linea invisibile verso il mio letto, in cui Francesca fu la prima donna ad entrare.
Quella stanza era stata una sorta di cella monacale, violata da una presenza femminile.

L'adagiai piano, ma con fermezza, sul letto, armeggiando impaziente con i lacci incrociati sul retro del suo corpetto mentre le sue dita correvano facilmente sui bottoni della mia camicia e sulla fibbia della cintura.
Vincendo la battaglia contro i suoi abiti, le accarezzai la schiena come per verificare che vi fosse solo la sua pelle e sentii mille brividi attraversarle il corpo.

Avevamo la mente altrove, lontana anni luce dal mondo che ci circondava, chiusi insieme in una bolla che rappresentava le nostre anime riunite.

Non ci importava di sgualcire i vestiti da cerimonia; non ci importava che venissero sbottonati, forse, con un po' troppa forza e gettati sul pavimento; non ci importava di rischiare di calpestarli.

Ci donammo l'un l'altra pregando in silenzio di far durare quei secondi, quei minuti e quelle ore, in eterno. Avremmo voluto restare per sempre rinchiusi in quell'attimo: entità senza bisogni di alcun tipo, che si nutrono di solo amore... che vivono di solo amore.

***

Mi svegliai nel cuore della notte perfettamente consapevole di ciò che avevamo fatto, come tanti anni prima in quella camera d'albergo londinese, e il mio primo impulso fu quello di alzarmi e allontanarmi da lei, ma il mio appartamento non aveva terrazze sulle quali piangere. Di nuovo lo stesso errore e gli stessi problemi: sembrava un dolce incubo che si ripeteva o una sorta di permesso speciale di ritornare ad un bivio e fare una scelta diversa, ma noi avevamo imboccato di nuovo la stessa strada sbagliata.

Sentii il respiro lieve di Francesca sul mio torace e i suoi capelli pizzicarmi la spalla e il braccio, glieli scostai dal viso e i suoi occhi si mossero lievemente sotto le palpebre chiuse. Provai a muovermi piano, per non svegliarla, ma nel sonno le sue braccia mi strinsero inconsapevolmente, invitandomi a restare lì. Rinunciai ad alzarmi e mi riaddormentai dopo pochi minuti.

***

L'odore del caffè, un lieve movimento del letto e il sentore di una presenza accanto a me, mi fecero svegliare sussultando. Mi girai verso l'altra metà del letto e vidi che vi era adagiato un vassoio con dei muffin, alcune tazze, il bricco del latte e la caffettiera. Francesca era lì che mi guardava e sorrideva, con indosso solo la camicia che avevo indossato il giorno prima alla cerimonia.

Si chinò a sfiorarmi le labbra con un bacio al lieve sapore di caffè "Buongiorno tesoro".
Le accarezzai una guancia e le trattenni il viso, le diedi ancora un piccolo bacio sulle labbra, assonnato ma desideroso di coccole "Buongiorno pulcino".
Mi bloccai di colpo, deglutii, improvvisamente avevo la gola secca. Un altro flashback.
Ero sorpreso e incredulo da quel gesto che mi era venuto d'istinto, ma che aveva le radici a casa nostra, in Italia, quando vivevamo il nostro amore tra le mura di casa: Francesca, ogni mattina, con la scusa di portarmi il caffè in camera, era la prima a darmi il buon giorno e ci salutavamo proprio in quel modo dolce, in segreto.

Anche Francesca si bloccò a mezz'aria, i suoi capelli a fare da paravento tra noi e il mondo, lesse i miei pensieri e li condivise. Mi accarezzò la fronte, ne approfittai per prenderle il polso e baciarle il palmo della mano. Ci guardammo.
Sospirai "Dobbiamo parlare"
Lei mi guardò per qualche attimo, poi rivolse il suo sguardo al vassoio, riempì di caffè una tazzina e me la porse, poi prese un muffin, lo mordicchiò "Non ora, ti prego"

 
 
 

Taxi

Post n°86 pubblicato il 01 Agosto 2014 da oltre_ogni_suono
 

Francesca era appoggiata ad un pilastro del porticato, parlava con una cugina di Billy e osservava gli invitati ballare.
Di nascosto la guardavo mentre ero con i fratelli della sposa che, per l'ennesima volta, mi avevano coinvolto in un brindisi. Anche lei ogni tanto guardava me, i nostri occhi si erano incrociati più volte e avevamo sorriso imbarazzati.

***

Durante il tango era accaduto qualcosa di magico, non sapevo esattamente cosa; lasciata la pista, però, avevamo fatto di tutto per separarci, come volendo nascondere qualcosa agli altri e a noi stessi.

Avevamo sfiorato una corda intima rimasta inviolata per tanto tempo che, una volta smossa, aveva sprigionato una nube di polvere che ancora aleggiava intorno a noi, rimandando il nostro pensiero al momento dello sguardo e del brivido.

***

Dopo il tramonto, in giardino vennero accese delle fiaccole, la musica divenne più rilassata, in pista qualcuno ballava i lenti, gli sposi erano seduti in disparte al tavolo riservato a loro, bevevano e parlottavano, forse progettando il domani... o, maliziosamente, la prima notte di nozze che si avvicinava.

I festeggiamenti terminarono con i fuochi d'artificio e l'uscita di scena degli sposini su un'auto d'epoca ricoperta di coccarde, che lasciò dietro di se una scia festosa di campanelle e barattoli di latta legati al portabagagli.

***

Chiamai un taxi, salutai i padroni di casa e mi avviai fuori dal cancello ad attendere l'auto.

Il cielo era limpido e l'aria frizzante, lungo il vialetto Francesca camminava accanto a me sfregandosi le mani sulle braccia, la stoffa della stola era semplicemente un velo incapace di donare calore a chi lo indossava. Mi tolsi la giacca, mi avvicinai e gliela appoggiai sulle spalle.
Mi guardò, sorridendomi in segno di ringraziamento "E tu?"
"Non ho freddo" le risposi, aiutandola ad infilare le braccia nelle maniche.
Mentre lei si stringeva nell'indumento, le misi un braccio sulle spalle, le baciai una tempia e percorremmo l'ultimo tratto di ghiaia, l'auto per noi era appena arrivata.

***

Il tragitto in taxi verso il mio appartamento trascorse in silenzio, entrambi eravamo stanchi, avevo ancora il braccio attorno alle spalle di Francesca e lei si era addormentata con la testa accoccolata contro il mio collo, era crollata dopo esserci accomodati sui sedili.
Guardavo scorrere le luci accese sotto i porticati delle villette in periferia e, poi, quelle dei grattacieli e delle insegne ad ogni angolo di New York.

***

Aprii la porta dell'appartamento e, dopo averla richiusa alle sue spalle, Francesca mi guardò, l'attirai a me e l'abbracciai forte, le sue braccia strinsero la mia schiena con un'energia che ben ricordavo. Ci guardammo come dopo il tango, un nuovo brivido, ancora più forte, distante dagli sguardi di estranei, ci percorse il corpo.
Avrei voluto non staccarmi più da lei, ma la liberai dal mio abbraccio. Dalla gola, la voce mi uscì roca, come chi non ha proferito parola per tante ore "Vai a dormire, ti prego..."

Lei mi guardò, capì il motivo della mia supplica, si tolse la giacca e me la porse, ma non la presi, rimasi pietrificato da un flashback.

 
 
 
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