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Aspirina giornaliera a basso dosaggio e rischio di gravi cadute e fratture nelle persone anziane sane: sottostudio dello studio ASPREE

Le cadute e le fratture sono frequenti e dannose per la salute delle persone anziane. È stato riportato che l’Aspirina ( Acido Acetilsalicilico ) riduce la fragilità ossea e rallenta la perdita ossea.
Si è determinato se l’Aspirina giornaliera a basso dosaggio ( 100 mg ) è in grado di ridurre il rischio di fratture o cadute gravi ( presentazioni ospedaliere correlate a cadute ) in uomini e donne anziani sani.
Questo sottostudio di uno studio in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo ha preso in esame uomini e donne adulti anziani in 16 siti principali nel sud-est dell’Australia.
Il sottostudio ASPREE-FRACTURE è stato condotto come parte della componente australiana dello studio ASPREE.
Tra il 2010 e il 2014 volontari sani ( privi di malattie cardiovascolari, demenza o disabilità fisica ) residenti in comunità di età pari o superiore a 70 anni sono stati reclutati per partecipare allo studio ASPREE.
I partecipanti potenzialmente idonei sono stati identificati dai medici e dal personale dello studio e hanno ricevuto una lettera di invito a partecipare.
I partecipanti interessati sono stati selezionati per l’idoneità.
I partecipanti idonei con l’autorizzazione del medico e aderenti a una sperimentazione farmacologica di 4 settimane di run-in sono stati randomizzati.
I dati sono stati analizzati dal 2019 al 2022.
I partecipanti al gruppo di intervento hanno ricevuto una dose giornaliera di 100 mg di Aspirina con rivestimento enterico orale ( bassa dose ).
Il gruppo di controllo ha ricevuto una compressa placebo con rivestimento enterico identico ogni giorno.
L’esito primario di ASPREE-FRACTURE era il verificarsi di eventuali fratture. L’esito secondario era una grave caduta con conseguente presentazione in ospedale.
In totale, sono state reclutate 16.703 persone con un’età media di 74 anni e 9.179 ( 55.0% ) erano donne.
C’erano 8.322 partecipanti all’intervento e 8.381 partecipanti al controllo inclusi nell’analisi degli esiti primari e secondari di 2.865 fratture e 1.688 cadute gravi durante il follow-up mediano di 4.6 anni.
Sebbene non vi fosse alcuna differenza nel rischio di prima frattura tra i partecipanti all’intervento e quelli di controllo ( hazard ratio, HR=0.97; P=0.50 ), l’Aspirina è stata associata a un rischio più elevato di cadute gravi ( cadute totali 884 vs 804; rate ratio di incidenza, 1.17; P=0.01 ).
I risultati sono rimasti invariati nelle analisi aggiustate per le covariate note per influenzare il rischio di fratture e cadute.
In questo sottostudio di uno studio clinico randomizzato, il fallimento dell’Aspirina a basso dosaggio nel ridurre il rischio di fratture aumentando il rischio di gravi cadute si aggiunge all’evidenza che questo agente fornisce pochi benefici favorevoli in una popolazione anziana sana e bianca. ( Xagena2022 )
Barker AL et al, JAMA Intern Med 2022; 182: 1289-1297

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Valutazione dell’associazione tra riduzione del colesterolo LDL ed effetti relativi e assoluti del trattamento con statine

L’associazione tra la riduzione indotta dalle statine dei livelli di colesterolo LDL e la riduzione assoluta del rischio di esiti singoli, piuttosto che compositi, come mortalità per tutte le cause, infarto del miocardio o ictus, non è ben definita.
È stata valutata l’associazione tra riduzioni assolute dei livelli di colesterolo LDL mediante trattamento con statine e mortalità per tutte le cause, infarto del miocardio e ictus per facilitare il processo decisionale condiviso tra medici e pazienti e informare le linee guida e le politiche cliniche.
Sono stati ricercati studi ammissibili tra il 1987 e il 2021, individuando grandi studi clinici randomizzati che hanno esaminato l’efficacia delle statine nel ridurre la mortalità totale e gli esiti cardiovascolari con una durata pianificata di 2 o più anni e che hanno riportato cambiamenti assoluti nei livelli di colesterolo LDL.
Gli interventi considerati sono stati il trattamento con statine ( inibitori della 3-idrossi-3-metilglutaril coenzima A reduttasi; HMG-CoA ) vs placebo o terapia abituale.
I partecipanti erano uomini e donne di età superiore ai 18 anni.
L’esito primario era la mortalità per tutte le cause, gli esiti secondari erano infarto del miocardio e ictus.
Sono stati inclusi nell’analisi 21 studi. Le meta-analisi hanno mostrato riduzioni assolute del rischio dello 0.8% per la mortalità per tutte le cause, dell’1.3% per l’infarto miocardico e dello 0.4% per ictus nei pazienti randomizzati al trattamento con statine, con riduzioni del rischio relativo associato del 9%, 29% e 14%.
Una meta-regressione che ha esaminato la potenziale associazione mediatrice dell’entità della riduzione di colesterolo LDL indotta dalle statine con gli esiti non è stata conclusiva.
I risultati di questa meta-analisi hanno indicato che le riduzioni del rischio assoluto del trattamento con statine in termini di mortalità per tutte le cause, infarto del miocardio e ictus sono modeste rispetto alle riduzioni del rischio relativo, e la presenza di una significativa eterogeneità riduce la certezza delle prove.
Non è stata stabilita un’associazione conclusiva tra riduzioni assolute dei livelli di colesterolo LDL ed esiti clinici individuali, e questi risultati sottolineano l’importanza di discutere le riduzioni assolute del rischio quando si prendono decisioni cliniche informate con i singoli pazienti. ( Xagena2022 )
Byrne P et al, JAMA Intern Med 2022; 182: 474-481

Malattie metaboliche rare: Malattia di Fabry, Malattia di Gaucher, Sindrome di Hunter

MalattieRare.net

Malattie Metaboliche Ereditarie

Le Malattie Metaboliche Ereditarie sono causate dall’assenza o dalla carenza di uno degli enzimi intracellulari deputati alla produzione di energia nell’organismo.
Le proteine, i grassi e gli zuccheri contenuti negli alimenti vengono modificati nell’intestino in aminoacidi, acidi grassi e glucosio. Questi composti più elementari sono poi ulteriormente ridotti ad acqua ed anidride carbonica all’interno delle cellule attraverso la rottura enzimatica dei loro legami chimici. Quest’ultimo processo libera l’energia necessaria alle cellule per tutte le funzioni biologiche: crescita, contrazione muscolare cardiaca e scheletrica, sintesi di mielina per il sistema nervoso centrale, detossicazione dell’organismo, secrezione ed assorbimento, ecc. Un enzima per essere presente all’interno della cellula in “quantità” e “qualità” sufficiente a svolgere la sua funzione, deve essere “previsto” dal nostro patrimonio genetico grazie alla presenza del DNA del gene corrispondente. Un’alterazione del gene causa l’assenza dell’enzima, con conseguente riduzione della produzione di energia. Per alcune malattie metaboliche il danno è dovuto principalmente alla carenza di un prodotto importante che non viene più sintetizzato. Per altre invece all’accumulo di metabolici che risultano tossici, oppure per entrambi i meccanismi. ( Fonte: AISMME Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie )

Malattia di Fabry

La Malattia di Fabry ( nota anche come malattia di Anderson-Fabry ) è una patologia da accumulo lisosomiale descritta per la prima volta da Johannes Fabry e da William Anderson nel 1898, caratterizzata da un progressivo deterioramento fisico dovuto al deficit dell’enzima α–galattosidasi A ( GLA ). Il gene GLA codifica per l’enzima alfa–galattosidasi; il deficit parziale o totale dell’enzima porta all’incapacità di catabolizzare glicosfingolipidi con conseguente accumulo di globotriaosilceramide ( Gb3 ) nei lisosomi. Questo influisce in modo profondo sulla funzionalità cellulare e porta a un’ampia gamma di sintomi a carico di numerosi organi, tra cui i reni, il cuore ed il cervello. ( Fonte: Takeda )

Malattia di Gaucher

La Malattia di Gaucher, identificata per la prima volta nel 1882 da Philippe Charles Ernest Gaucher, è una patologia genetica rara da accumulo lisosomiale. La Malattia di Gaucher è causata dalla riduzione o mancata produzione della glucocerobrosidasi, enzima coinvolto nel catabolismo dei glicosfingolipidi in glucosio e grassi ( ceramide ) con conseguente accumulo del substrato, la glucosilceramide, nei lisosomi dei macrofagi. I macrofagi ingrossati, chiamati cellule di Gaucher, si concentrano in diversi organi, in particolare nella milza, nel fegato e nel midollo osseo, alterandone le normali funzioni. ( Fonte: Takeda )

Sindrome di Hunter

La sindrome di Hunter ( mucopolisaccaridosi II o MPS II ), descritta per la prima volta nel 1917 da Charles A. Hunter, è una patologia genetica e rara da accumulo lisosomiale, caratterizzata da un progressivo deterioramento fisico dovuto al deficit dell’enzima L- iduronato-2-solfatasi ( I2S ). L’enzima I2S, deputato al catabolismo dei mucopolisaccaridi  ( noti anche col nome di glicosaminoglicani; GAG ), componenti essenziali del tessuto connettivo del nostro corpo. La carenza dell’I2S determina l’accumulo nei lisosomi di due specifici mucopolisaccaridi, il dermatan-solfato ( DS ) e l’eparan-solfato ( HS ) con conseguente danno alle vie respiratorie, cuore, fegato, milza, ossa, articolazioni, volto, collo e cervello. ( Fonte: Takeda )

 

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