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Un racconto

Post n°170 pubblicato il 09 Luglio 2012 da nuovavita2011
 

 

Maternità - Rosario Catino

 

Il giorno che lo aveva scoperto aveva provato incredulità, dapprima... non lo aveva messo in conto e non pensava che il suo corpo potesse diventare culla per una nuova vita...

Non in quel momento.

Poi l'aveva presa una grande gioia, incontenibile e pura...

Il rapporto con il suo uomo non era certo un rapporto semplice. A modo suo la amava, ma c'era qualcosa in lui che la faceva sentire sempre precaria.

Il giorno che gli confidò di aspettare un figlio da lui, capì il perché.

Lui la guardò incredulo e la gelò subito. Non voleva un figlio, non si sentiva pronto per essere padre. Le propose di "intervenire", finché era in tempo...

Fu allora che lei capì la "gran" persona che aveva davanti. Ci mise pochissimo a dileguarsi e non lo vide più.

Ebbe la nausea per parecchi giorni. Non era la gravidanza.

Neanche per un attimo le passò per la testa di buttare quel figlio, di impedirgli di nascere. Era la prima cosa bella, la prima cosa sua che le era capitata, da molti anni, ormai.

Aveva avuto una vita difficile, la morte dei genitori quando ancora era una ragazza... ma sufficientemente grande perché nessuno pensasse di doversi prendere cura di lei.

La sua vita era precaria... precaria in tutto. Viveva in un piccolo locale sotto al livello stradale, dalle finestrelle in alto vedeva i piedi dei passanti.

Aveva fatto  mille lavori... la cameriera, la baby sitter, la colf, la badante... ma sempre tutto nella precarietà e con una gran fatica ad arrivare a fine mese.

Quel figlio e la sua pancia che cresceva erano l'unica cosa bella, l'unica cosa che la facesse sentire viva.

Aveva chiesto aiuto ad una vecchia amica di sua madre, che aveva fatto la levatrice nel paese dei genitori. Era la sola persona alla quale si potesse appoggiare e chiedere consiglio. L'anziana signora era stata felice di aiutarla. Provava una gran pena per quella ragazza sola, senza più nessuno al mondo.

Certi giorni guardava quelle quattro mura in cui viveva e si domandava come avrebbe potuto crescerci un bambino. Sperava di trovare un lavoro migliore, più sicuro... ma tutte le porte rimanevano chiuse non appena si intuiva che lei aspettava un figlio.

Non sapeva dove sbattere la testa.

Un giorno, per caso, lesse quella cosa su un giornale. Non sapeva dell'esistenza di quello "sportello" dove lasciare i bambini... Esisteva già da qualche anno, nella sua città, ma nessuno lo aveva mai usato. La "Culla per la Vita"... la gente, certe volte, si trova meglio a gettare un neonato nella spazzatura.

Aveva cercato altre informazioni sui giornali... un giorno si era spinta fin lì, fino a quella struttura di fianco alla clinica, dove c'era quello sportello. Voleva vederlo.

Con dolore quell'idea era penetrata nella sua mente. Ci pensava giorno e notte, cercando di intravvedere possibili alternative.  Il cuore la rifiutava, ma la ragione le diceva che era l'unica cosa da fare. La più giusta, per dare un futuro a suo figlio.

Una notte fu presa dai dolori. Era sola, naturalmente. Chiamò subito la sua amica, erano già d'accordo. Non voleva andare a partorire in un ospedale. Non voleva essere sottoposta a tante domande. Desiderava vivere quel momento nella calma della sua casa e soprattutto voleva una cosa...

Voleva trascorrere qualche giorno con il suo bambino. Voleva tenerlo tra le braccia, cullarlo, annusarlo. Desiderava provare la gioia di allattarlo al suo seno. Voleva essere sua madre, anche se solo per pochi giorni.

Poi avrebbe fatto quello che c'era da fare.

Il bimbo venne alla luce, accolto dalle braccia dell'unica persona che aveva vissuto quel momento con lei. Lei si sentiva stravolta, gioia e dolore le appartenevano.

Anche quel figlio per pochi giorni le sarebbe appartenuto. Solo pochi giorni.

Provò la gioia di tenerlo in braccio... guardava per ore quelle manine. Chissà quante cose belle avrebbero fatto un giorno...

Non riusciva quasi a dormire, nonostante fosse molto stanca. Voleva assaporare ogni attimo di quei giorni, per conservarne il ricordo per sempre.

Quel pomeriggio sarebbe stato l'ultimo. Prese il bimbo e lo avvolse in un telo. Poi prese le due tutine che aveva comprato per lui. Non dimenticò il biberon con il latte che si era tirata via per il suo bambino, per l'ultima volta.

Attraversò la città con il suo fagottino, come in trance... Finalmente arrivò davanti a quello sportello. Strinse al petto suo figlio ancora una volta e lo baciò, poi lo depositò delicatamente dentro quella struttura e si allontanò...

 


 

Dedico questo racconto al piccolo Mario e alla sua mamma, che in questi giorni hanno commosso l'Italia. In un mondo in cui c'è gente capace di buttare un figlio nella spazzatura, mi sento di essere proprio tanto vicina, come donna, a questa mamma che ha fatto una scelta così dolorosa, pensando al bene di suo figlio.

Nel rispetto della Vita.



 
 
 
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