“Un giorno ho visto un ramo spinoso di acacia che spuntava dalla neve. Ho pensato: devo fare la scala della sofferenza. L’ho tenuta lì un po’. Una scala di spine. Ma sentivo che mancava qualcosa. Un giorno in casa c’erano dei fiori, ho preso una rosa e ce l’ho messa sopra. Ecco. Come ti chiami, le ho chiesto? E lei ha risposto: scala del paradiso. A livello intuitivo fai cose che lucidamente non hai capito: se le interroghi e loro rispondono, hai trovato qualcosa che riguarda l’inconscio collettivo. La scala in natura è l’albero, la scala che torna albero è la nostalgia. Poi un giorno la rovesci, ed ecco un’altra visione: una scala mette radici, l’altra fiorisce…”. Così Marcello Chiarenza a proposito dell’opera La scala del paradiso (in alto). E più in generale, per descrivere la sua arte:
“Nel mio lavoro subisco l’attrazione ed il fascino dello spazio, gli orientali direbbero del vuoto, quell’oceano infinito delle possibilità, il luogo senza confini in cui aleggiano le voci interiori di ogni cosa“.
una bella scoperta …
Sì, sono d’accordo…oltretutto la scala di spine è un monito a ricordare che in cima a un’erta può esserci una gratificazione inaspettata, insperabile. Ci credo poco, ma non voglio rovinare la poesia 🙂
Mi è piaciuta anche la riflessione sullo spazio, sul vuoto, di cui in massima parte sono fatti anche i nostri atomi …
…e le nostre vite, anche quelle piene di impegni, incontri, cornici dorate senza tela.
… già, riflesso scintillante delle nostre ombre</a,
“Un giorno ho visto un ramo spinoso di acacia che spuntava dalla neve. Ho pensato: devo fare la scala della sofferenza. L’ho tenuta lì un po’. Una scala di spine. Ma sentivo che mancava qualcosa. Un giorno in casa c’erano dei fiori, ho preso una rosa e ce l’ho messa sopra. Ecco. Come ti chiami, le ho chiesto?” E lei ha risposto: scala della solitudine. Allora dai fiori ho preso un’altra rosa e l’ho messa assieme all’altra. Ecco. Come ti chiami ora, le ho chiesto? E lei ha risposto: scala del paradiso. A livello intuitivo fai cose che lucidamente non hai capito: se le interroghi e loro rispondono, hai trovato qualcosa che riguarda l’inconscio collettivo. Attenti però, anche quando facciamo un mazzetto di fiori di campo a non metterci mai una margherita da sola.
Similes cum similibus?
Non so che lingua sia, ma se è la tua ben venga 🙂
E’ anche la tua, posto che tu non sia anglosassone 🙂
se è anche la mia allora è la nostra… ben venga