Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
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"Mille e ancora mille."
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Abito in un quartiere vecchiotto e ci sto bene, sin da quando ero piccola. Per quanto Milano stia vivendo una serie di cambiamenti, anche qui vicino - le foto che ho pubblicato qui sotto lo dimostrano ma anche lo sky line che ho messo qui sopra, ci sono alcuni aspetti che rimangono sempre uguali, uno a caso: i panettieri. Molti negozi di alimentari sono stati soppiantati da altri esercizi commerciali, i droghieri non esistono più, quello che c'era in via Stresa adesso è una bottega di riparazioni di cucito, orli e rammendi. Al posto del lattaio aperto anche la domenica - difatti si chiamava Domenico - che c'era in via Melchiorre Gioia adesso c'è una agenzia di viaggi e il verduraio invece di vendere pomidoro è diventato compro oro, che tra parentesi è il tipo di bottega che mi mette più tristezza.
I panettieri invece tengono botta e resistono in trincea, ristrutturano il negozio, si allargano sfrattando il vicino, rivestono di legno perlinato le pareti e il bancone.
Io andavo da tempo immemorabile dal panettiere di via Meina, ho visto passare generazioni di prestinai, l'esercizio è passato di mano più volte ma le ricette della panificazione sono state ogni volta tramandate e io restavo. Per questo sono sempre stata fedele, se le persone cambiavano l'istituzione rimaneva, confortante. O almeno i muri. L'ultima gestione però mi ha fatto spostare, io che sono così abitudinaria, conservatrice di natura. Mi sono trovata a dover cambiare strada, addirittura adesso mi tocca fare cinquanta metri in più.
Il fatto è che una volta mi puoi prendere in giro, due volte magari te la lascio passare ma alla terza mi irrigidisco e non è più possibile recuperare, niente, divento irremovibile.
È successo l'estate scorsa. È stata l'ultima, inesorabile volta che mi ha rifilato pane vecchio per nuovo. E insisteva, proterva, quando sono andata a protestare. Per mezzo chilo di pane ha perso una cliente sicura, era già la terza volta, peggio per lei.
Ma non è di questo che volevo parlare.
Quel che volevo dire è che dal nuovo panettiere ho incontrato un signore che conoscevo di vista. Frequentavamo entrambi il salumiere, che era dove adesso c'è la pizzeria da asporto, una istituzione nel quartiere.
Dopo tre o quattro volte che lo guardavo di soppiatto, ieri mattina gliel'ho detto. Scusi se sono sfacciata, gli ho detto, ma lei non era quello che faceva quelle belle vignette satiriche che il salumiere appendeva sotto l'orologio?
Certo che sono io, mi ha risposto con un certo orgoglio. La panettiera posava gli occhi su di me e su di lui alternativamente. Li faccio ancora i disegni, sa? La panettiera sorridendo ha srotolato i foglietti, erano proprio loro, i disegni fatti a china e colorati appena appena con il rosso, caricature di politici vestiti da babbi natale e befane. Chissà come ho fatto a non vederli, erano appesi qui.
Ho scritto anche un libro di racconti, sa? Lo vendono qui all'edicola, se lo compra, poi le faccio la dedica.
Mi ha detto il nome e il cognome e anche il titolo del libro e l'editore, che però purtroppo non mi sono segnata e ora mi sono già dimenticata.
Non era Mondadori e nemmeno Einaudi stile libero, di questo sono sicura.
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