Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
 

 

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Supermarket

Post n°192 pubblicato il 05 Settembre 2007 da LaDonnaCamel
 
Foto di LaDonnaCamel

Ieri sera tornando a casa con mia figlia da una commissione siam passate vicino al GS di viale Fulvio Testi e mi è venuto in mente un fatto successo tanti anni fa proprio in quel supermercato, così le ho raccontato tutta la storia proprio come sto facendo ora con te.
Ci andavo perché me l’aveva consigliato una mia amica che abitava lì vicino e mi trovavo bene, ero diventata una cliente abituale. Quel giorno avevo fatto una spesona grossa e stavo per andare a far registrare l’assegno al box, quando ho pensato che era meglio non lasciare la bambina piccola sul seggiolino del carrello: aveva solo nove o dieci mesi, magari si spaventava a vedermi allontanare. Così l’ho presa in braccio, la cassiera mi ha consigliato di lasciare lì il carrello, che stavo già abbastanza impicciata: ci avrebbe dato un’occhiata lei. Infatti, quando son ritornata alla cassa il carrello e la cassiera non c’erano più. Ma come! Ma caspita! Chiedo di qui e di là, arriva il direttore, gli inservienti corrono fuori: niente. Il mio carrello straripante era stato rubato. Battagliera e aggressiva com’ero a quei tempi brandivo l’assegno che avevo ancora in mano: non ve lo pago, eh no che non ve lo pago! Stia calma signora, non si preoccupi, faccia pure la spesa di nuovo, non le facciamo pagare niente.
Ma com’è possibile, ma che razza di supermercato è mai questo, ma che palle rifare la spesa, ci avevo messo un’ora, e poi io odio fare la spesa! E poi, possibile che nessuno abbia visto niente. E quel cretino di un ladro che se ne fa delle cose che avevo comprato io, magari a lui serviva altro! Signora, lasci stare, son cose che succedono. Si vede che il ladro ha approfittato del cambio di turno alla cassa. Fa niente, lo mettiamo in conto taccheggio, rifaccia pure la spesa.
Fa niente un corno, fumavo bile dal naso e intanto sbattevo dentro nel carrello le cose, con tutto quello che ho da fare ci manca anche solo far la spesa due volte, mele e banane, sbam. Che poi io odio far la spesa anche una volta sola, due pacchi di pasta, sbam, un chilo di zucchero, sbam. Ma chi me l’ha fatto fare di venire in questo quartiere di barboni, caffè Lavazza oro, sbam. La prossima volta vado all’esselunga e chisse ne frega se c’è la coda per parcheggiare, una bottiglia d’olio, sbeng plaf! Plaf? Ma no! Ma dai! Ma non può essere! Ma cazzo! La bottiglia dell’olio si era rotta, imbrattando tutta la spesa. La nuova spesa. Quella che stavo rifacendo da capo con tanta grazia, la grazia del mio cuore.
Il direttore mi stava tenendo d’occhio, credo. Difatti tempo tre secondi era lì vicino, pronto a calmare le mie incandescenze. Che poi, mica sono una selvaggia. Ero restata calmissima. Mi ero scusata molte volte. Non aveva per niente bisogno di continuare a ripetermelo, di stare calma. Non lo vedeva, che ero calmissima? Dovevo proprio continuare a gridarglielo in faccia, che ero calmissima?
Vabbè. Alla fine mi aveva convinta che non era giornata. Che lasciassi pure lì il secondo carrello pieno e ben oliato, avrebbe fatto pulire lui, non c’era nessun problema, erano cose che succedevano, magari era meglio che rimandassi la spesa a un altro momento, o a un altro giorno. Eh, va bene. Mi sa che è meglio se me ne torno a casa. Oggi non è proprio giornata. Con la bambina in braccio attraversavo rapidamente le corsie verso l’uscita, prima di combinare ancora guai, verso le casse chiuse, via, verso la macchina e poi a casa.
A quei tempi nei supermercati le corsie delle casse chiuse non avevano quelle sbarre che ci sono oggi, come tornelli della metropolitana o, a seconda, come passaggi a livello in miniatura colorati a righe bianche e rosse. No, a quei tempi tutto era rudimentale, casalingo. Come non accettavano bancomat e carte di credito, per definire le case chiuse usavano catenelle.
Catenelle basse, agganciate ai due lati, ma non tese, lasche in modo da formare una curva che arrivava giusto all’altezza dei miei stinchi. Non è che fossi accecata dall’ira, non è forse nemmeno perché avevo in braccio la bambina, probabilmente si trattava proprio di diottrie. Di fatto, lanciata com’ero, la catenella negli stinchi mi aveva fatto fare un tuffo di testa tipo spanciata del principiante e la mia bambina, la luce dei miei occhi, m’era scappata dalle mani, l’avevo scaraventata via, proiettata in volo tre metri davanti a me tra le ruote dei carrelli in deposito.
Per un istante tutto quanto si era congelato. Silenzio. Paura. Sgomento. Non capivo che fosse successo. Che ci faccio sdraiata per terra? Dov’è la mia Marti? Dove sono io?
Poi il pianto, finalmente aveva smesso di trattenere il respiro, e il mio grido e il casino.
Adesso quando la racconto non posso fare a meno di sghignazzare e lo stesso, chissà perché, succede a chi mi ascolta. Alcuni ridono fino alle lacrime, non fare complimenti, non mi offendo, ci sono abituata. Ma in quel momento lì… te lo immagini? tutto il personale del supermercato oltre ai clienti, i passanti, qualche automobilista dal vicino benzinaio, tutti quanti, chiunque nel raggio di mezzo chilometro, tutti erano lì atterriti, preoccupati, magari incuriositi, chissà. Per non parlare, ovviamente, del direttore.
Ci hanno portate nel retrobottega, quel luogo misterioso dove le verdure vengono confezionate, dove bilance e banconi e casse impilate vengono nascoste alla vista dei clienti e le magagne vengono aggiustate. Mi hanno fatto sedere e mi hanno dato un bicchiere d’acqua. Son riusciti anche a farmi tacere per qualche minuto, il che non era per niente prevedibile.
Poi, accertato che né io ne la mia bimba avessimo niente di rotto, il direttore mi ha accompagnata personalmente all’uscita, mi ha aperto la porta e mi ha guardata mentre mi allontanavo verso la macchina.
Posso immaginare le parole della preghierina che stava mentalmente rivolgendo al suo dio.

La rievocazione è piaciuta un sacco a mia figlia: non si ricordava nulla, nemmeno di averlo sentito raccontare. Mi ha chiesto se ci sono poi tornata, al GS. Sì, qualche volta. Ero molto sfacciata, a quei tempi.

 
 
 
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