Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
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"Mille e ancora mille."
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Ma come fate a truccarvi tutti i giorni e arrivare alle sei di sera ancora a posto? Mi diceva invece di salutarmi. Era il suo modo per dire che stavo bene, che anche in un giorno feriale ero a posto, una bella signora, in ordine. In verità non mi truccavo, al massimo era una spolverata di cipria e una riga di matita, un po' di profumo dietro le orecchie perché il posto era piccolo, seduti tutti così vicini, non si sa mai.
Infatti le sedie venivano tirate fuori al momento, messe in fila una contro l'altra, dall'altra parte una panchina come quelle che a Milano si trovano nei giardini. Sulla panchina gli autori, noi gli sgabelli o spesso anche in piedi, contro gli scaffali.
C'erano almeno due presentazioni alla settimana, una il martedì o il giovedì all'ora dell'aperitivo, l'altra il sabato mattina. Chiamarle presentazioni era anche riduttivo, non le rendeva certo grazia. C'era il vino, sempre, ma anche il risotto, o la pasta, il salame, il formaggio, la focaccia, i dolci. Una volta dei cannoli siciliani arrivati in aereo insieme all'autore, un'esperienza mistica. Una volta un paté di prosciutto fatto dall'autrice stessa, che non ero io.
C'erano anche i libri, certo, sembra quasi che fossero solo un pretesto e invece ne ho letti tanti grazie a lei, ho avuto modo di parlarne con gli autori, di cominciare discorsi, di intessere relazioni, amicizie, passioni.
Mi immaginavo come sarebbe stato bello presentare lì qualche cosa di mio, una raccolta, un romanzo, chi lo sa. L'avrei scritto apposta, a esser capace. Mi sarei anche sottoposta alle sue critiche, di solito ero d'accordo con le sue scelte, spesso avevamo gli stessi gusti. Mi immaginavo di avere tutto il tempo del mondo, per questo ogni tanto saltavo. Non avevo più la macchina, non ero ancora abituata a prendere l'autobus, mi sembrava complicato, alla sera, tornare a casa da sola. Perdendo l'assiduità si esce dal giro, non è più la stessa cosa. Il saluto era sempre diretto, talvolta un'occhiata sola, ma bastava. Mi toccava giustificare l'assenza, la prossima volta torna accompagnata dai genitori, m'immaginavo che mi dicesse.
Mi immaginavo di avere tutto il tempo del mondo e poi ha chiuso la libreria. Lo dico così brusca, ma ci sono voluti mesi di smantellamento, libri a due euro, saldi, feste di addio. Andava a stare lontano, in un posto che io, che non avevo più la macchina, mi scordavo di poter vedere. Poi non era tanto lontano in chilometri, era lontano e basta.
Ci sono state altre, poche, presentazioni in un albergo vicino a via Domodossola, ci sono andata una volta sola ma non mi era piaciuto, non era la stessa cosa.
Come avrebbe potuto essere la stessa cosa? Niente avrebbe potuto essere la stessa cosa di quella volta con Joe Lansdale, la figlia musicista e altri due o tre scrittori americani che non voglio specificare, un incontro quasi segreto per gli amici, un'ora prima della presentazione ufficiale da Feltrinelli in piazza Piemonte, ma la data la voglio dire, era il 15 maggio 2008, son riuscita a rubare qualche foto dal telefonino che avevo, una la metto lì sopra, nell'angolino: se ci clicchi la vedi. Tecla, Lansdale, la moglie e la figlia che scattava. Io non ci sono mai, non si facevano i selfie quella volta.
Il libro a un certo punto l'ho scritto ma non è andata come avevo pensato e non ho avuto modo di farglielo sapere, le circostanze e i fatti non sono stati propizi e poi ho anche lasciato perdere.
Mi immaginavo di avere tutto il tempo del mondo e poi Tecla è morta e io non sono nemmeno riuscita a salutarla come si deve.
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