Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
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"Mille e ancora mille."
« Paura | Un pezzetto di qualcosa » |
Oggi è il mio blog compleanno. Auguri! Grazie.
Qualcosa bisogna fare, ormai è tradizione, non si può passare sotto silenzio.
Ho pensato di offrire ai miei ospiti un aperitivo virtuale e questa volta accompagnato da stuzzichini autoreferenziali, abbi pazienza.
Scelgo a caso vecchi pezzi che erano piaciuti a me o a te o a qualcun altro. Evitando ovviamente quelli sul menù laterale che hanno già avuto la loro occasione.
Il primo post, il numero uno, è buono per aprire il revival. Si intitolava Lezioni di tango, un'idea balzana che mi era venuta quell'estate e che era durata più o meno tre settimane. La data è il 16 settembre 2006.
Il maestro è moro, capelli lisci e lucidi di gel, lunghi fino al colletto della camicia nera con le maniche rimboccate. Anche i pantaloni morbidi sono neri e le sue scarpe brillano di luce propria. Ha un bel naso importante e la bocca sottile dalla piega sardonica. Gli occhi neri trafiggono come spilli il gruppo sbilenco di noi aspiranti apprendisti ballerini.
Non tradisce emozione. Dev'essere esperto.
Io invece sono qui che sposto il peso da un piede all'altro e non so dove mettere le mani: opto per le tasche dei jeans neri (almeno il colore l'ho indovinato) e faccio la disinvolta, anzi no, meglio l'aria svagata di quella che pensa che ci faccio io qui?
Chi sono gli altri imbranati? Una ventina, tre quarti sono donne. Sciambula.
Ci faranno ballare tra di noi?
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Il 12 ottobre 2007 dovevo essere giù di corda per qualche motivo che è svanito nel tempo come lacrime nella pioggia eccetera. Difatti nel post 201, Come abbattere il malumore in 4 mosse, scrivevo:
Mossa numero 1
Asciugati gli occhi e metti la carta di credito in borsetta (i contanti non fanno lo stesso effetto di sbadata noncuranza come se pagasse un altro)
Mossa numero 2
Vai nel tuo negozio di scarpe preferito e provane almeno una decina di paia tra gli urletti compiaciuti delle commesse che lodano il tuo portamento, i bei piedini e le caviglie sottili (viene meglio se è un orario morto e non ci sono altre clienti in quel momento). Comprane un paio rosse con i tacchi altissimi, vedi foto (ma assicurati di riuscire a starci in piedi, anche appoggiata da qualche parte)
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Per il 2008 scelgo una scritturina della serie le cose sono le cose, Che tu sia per me l'ombrello archiviato al numero 322. Era già stata commentata allora da tutti quelli che frequentano il mio blog anche oggi, la metto solo perché mi piace, non ci ricaverò un bel niente:
Non c'entra con romanzo di Grossman ma si vede che questo titolo mi gira in testa da giorni e se ne ho voglia lo abuso, posso fare come mi pare tanto è un pretesto per parlare di ombrelli. Non è il primo pezzo che ci scrivo sopra ma stavolta voglio dire un'altra cosa. Va detto che oggi piove. Va detto anche che sto scrivendo in tram. Il due. Al solito. E' lentissimo, sta fermo per dei cinque minuti e io mi rumino questo testo, questa cosa che voglio scrivere sugli ombrelli ma non ho carta e matita, non ho nemmeno una biro e così scrivo sul telefonino, scrivo col T9 e ogni tanto ridacchio per le proposte sceme che mi fa. Apro una nuova nota che non mi fido, non vorrei che a un certo punto mi cancellasse tutto, come del resto mi succede sempre: penso una storia bellissima poi arrivo a casa e ho da fare, devo cucinare o lavorare, sistemare, non posso mai mettermi subito lì a trascriverla e me la dimentico, va sempre a finire così: eliminata, perduta per sempre o mai nata, oscuro collegamento tra sinapsi rimasto inedito.
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Il post numero 366 è di ferragosto 2009, è la storia di un rimorchio con la bici. No, non quei carrellini che nei paesi più avanzati attaccano dietro alle biciclette e ci mettono dentro i seggiolini per i bambini oppure i bagagli, si tratta di tutto un altro genere di rimorchio:
Pedalare!
Stamattina dopo tanto tempo ho preso su la bici e sono andata a farmi un giro. Vediamo se hanno tolto l'interruzione alla pista ciclabile della Martesana. Pian pianino, che non sono più abituata, sono andata a controllare e sì, evviva, si può passare sotto i ponti della ferrovia, finalmente.
A quell'ora, le nove e mezza, la pista era quasi tutta all'ombra, poca gente in giro, una meraviglia. Sono arrivata abbastanza presto allo slargo dove c'è una specie di anfiteatro in muratura, c'ero stata solo un paio di volte ma a piedi e non ero andata mai oltre. Chissà cosa c'è dopo. Avanti miei prodi, andiamo all'esplorazione.
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Chiudo il cerchio con un progetto di scrittura. Una bozza di qualche cosa, un'idea o poco più riempie il post numero 400, cifra bella tonda del 9 marzo 2010. Titolo provvisorio Domenica sera, ecco come comincia
In via San Gregorio, a un passo dalla stazione centrale di Milano, c'è l'Osteria del treno con sala da ballo: colonnine tornite in ghisa reggono una balconata di ferro battuto decorato a motivi liberty e, sotto, una trentina di tavoli rotondi disposti a ferro di cavallo intorno alla pista, su ogni tavolo una doppia tovaglia lunga fino a terra, una candela, un fiore. In fondo il palco rialzato con l'orchestra e un grande pianoforte a coda. Ogni domenica sera alle ventuno e trenta Gianluigi Radice scosta il tendone di velluto rosso, paga il biglietto, dieci euro consumazione inclusa, e occupa il terzo tavolino a sinistra. Poco più tardi andrà verso lo spogliatoio a mettersi le scarpe di vernice che ha portato nella borsa della piscina e rientrerà nella sala con le mani in tasca. A quel punto la serata avrà inizio. Il bello del tango è il ballo.
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Il resto è quasi oggi.
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