Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
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"Mille e ancora mille."
« Un contributo anonimo | EDS il ponte, Riepilogo » |
Mi è arrivato un altro racconto anonimo. Questa cosa mi lusinga, non pensavo di avere tanti seguaci nascosti nell'ombra. Mi raccomando, tu che leggi, commenta anche questi racconti anche se non sappiamo di chi sono, soprattutto perché non sappiamo di chi sono. Ricordati cosa diceva il vecchio Re: è la storia, non chi la racconta.
Lo scultore
E’ il primo colpo di martello, quello più impegnativo. Basta un’esitazione, un tentennamento della mano e il danno è fatto.
Carlo, in piedi davanti al blocco di marmo, non riesce a decidersi. Si sente arenato, come uno scrittore fermo sulla pagina bianca.
La statua non si svela. Si fa desiderare, nascondendosi all’interno della pietra.
Lo scultore è tormentato da un’immagine: una bimba, in ginocchio, china su una tana scavata alla base di un salice. La composizione lo assilla già da qualche anno. Questa bambina urla per uscire.
E Carlo sente quell’urgenza, la avverte con tutto il suo corpo. Cerca di concentrarsi: “Cosa manca ancora?”. Tutto inutile. Qualcosa gli sfugge. Si gira, nervoso, e raggiunge il tavolo in fondo alla stanza.
Sopra, fogli pieni di schizzi a carboncino: particolari del busto, mille dettagli del viso. Quanto ha patito prima di trovare l’espressione voluta! Notti insonni spese nel tentativo di rappresentare, almeno sulla carta, quella bocca e quello sguardo, così chiari nella sua mente. Il significato di quest’opera è racchiuso nell’espressione. La bimba, inginocchiata, attratta dal nascondiglio e al tempo stesso bloccata dalla paura. L’indecisione della mano, tesa verso la tana, è secondaria. Tutto dev’essere rivelato dal volto.
Tratteggiare il tronco di salice, invece, è stato più semplice. E’ il soggetto di sfondo, importante solo per il rifugio nascosto tra le sue radici. Pochi tratti, necessari per accompagnare l’occhio in basso, verso la tana.
Carlo è affascinato dalla tecnica orientale, in cui il soggetto non è mai completamente tracciato. Qualche colpo di scalpello sufficiente per far percepire il tutto. I particolari non devono spiegare la scultura. La loro assenza, piuttosto, rende l’osservatore sensibile alle intenzioni dell’artista.
L’opera deve scorrere nell’animo dello spettatore, come il liquido fluisce in una ciotola vuota e si adegua alla forma del contenitore. Niente di esplicito. Tutto è lasciato al sentimento di chi guarda.
Accompagnato da questi pensieri, chino sul tavolo, Carlo esamina i fogli. Li separa con le mani. Poi li solleva e li scorre uno a uno. Un’ultima correzione a un dettaglio della mano destra della bambina. E’ stremato, quindi pronto a iniziare. La mente si fa silenziosa, per lasciar parlare lo spirito.
Con decisione, afferra martello e scalpello e si avvia verso la pietra. Colpisce. E finalmente l’ispirazione fluisce libera, come un fiume in piena non più costretto tra gli argini. Le martellate si susseguono rapide e precise. Ogni colpo alleggerisce il marmo e scopre la statua. Ora è sereno, felice: sta liberando la bambina.
Questo racconto mi è stato inviato in forma anonima per partecipare all'EDS del ponte, le regole sono qui e la scadenza, lo ricordo, è a mezzanotte.
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