Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
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"Mille e ancora mille."
« Attenzione... | Mi saprai dire » |
Ho passato un periodo della mia vita senza ascoltare la musica. È stato un tempo molto lungo, anni e anni e non me ne sono accorta. In quei giorni ascoltavo poco anche le parole e anche di questo non mi accorgevo.
Non è che fossi sorda, non avevo nessun difetto all'apparato auditivo, a parte un certo rumore tum tum tum che sentivo stando a letto, in quei minuti che attendono il sonno, se mi mettevo in una certa posizione. Ma di quello ero ben informata, si trattava di una elasticità del timpano, contratta in una vacanza in cui compensavo un po' troppo rapidamente nelle immersioni in apnea - era la fifa di non tornare su in tempo, era la sfida contro il profondimetro, era la scemenza della bella età. Era il rumore del mio cuore portato fin su da qualche tubicino e amplificato impropriamente dalla meccanica difettosa del mio orecchio. Mi succede ancora adesso, qualche volta, forse: non ci faccio caso.
La musica c'era e la sentivo, ma non la cercavo. Era la musica degli altri, le televisioni troppo alte nel cortile, le quattro stagioni nei risponditori automatici dei telefoni quando mi mettevano in attesa, le autoradio fastidiose, il sottofondo sdolcinato nei grandi magazzini.
Quando ero da sola non mi veniva mai in mente di accendere un qualche apparecchio distributore di note. Non cercavo il silenzio come si potrebbe facilmente pensare. Non cercavo niente, né la musica né il silenzio. Ero inerte.
Poi si cambia. Un'estate, sempre al mare ma in condizioni del tutto diverse, vai a sapere come mai mi è venuta voglia di sentire la musica. La mia vita aveva subito una serie di drastici cambiamenti ai quali avevo fatto fronte con la solita aggressiva baldanza che avevo a quei tempi là. Era una baldanza un po' sorda e un po' cieca, non si andava troppo per il sottile. In burrasca e in guerra è così, tocca badare al sodo e lasciar perdere i fronzoli, quando si tratta di sopravvivenza non si possono fare i ricamini, mi dicevo per giustificarmi. Ero forse un po' più insensibile della media, mi serviva.
Quell'estate del ritorno della musica andai in un centro commerciale a pochi chilometri dal paesino dove avevo preso casa e comprai un lettore mp3, il primo che avessi mai avuto. Qualcuno potrebbe sorridere, ma mi lessi tutto il libretto di istruzioni perché non avevo la più pallida idea di come funzionasse. Avevo con me un computer portatile e da qualche parte anche dei file di musica, ora non so dire di chi e perché. Con tutta la calma delle giornate di vacanza, scandite dalla spesa al mattino, gli sgabei caldi per pranzo, un libro nella controra e una passeggiata prima di cena, caricai la macchinetta, infilai le cuffie negli appositi fori ai due lati della testa, mi sedetti in terrazza e ascoltai.
Erano vecchie canzoni che conoscevo, battisti, guccini, i pink floyd, erano concerti di mozart, era una strana emozione, era ritornare in luoghi noti, ma cambiati.
Il volume mi sembrava troppo alto, la musica si formava da qualche parte dentro la mia testa eppure era intorno a me, ci stavo dentro come in un liquido che mi avvolgeva tutta e mi impediva di respirare. Quindici minuti erano già troppi per il primo ascolto, mi sembrava di avere le orecchie rosse. Spensi il lettore e andai a guardarmele allo specchio, erano normali.
Il secondo o il terzo giorno resistetti mezz'ora, il tempo della passeggiata sulla spiaggia. Aspettavo che fossero andati via tutti i bagnanti, o almeno la maggior parte, aspettavo che il sole si facesse meno infocato, aspettavo di averne voglia.
La musica nelle orecchie e il tramonto negli occhi, una scena un po' banale per mettersi a piangere ma delle volte non si può scegliere, le cose succedono come vogliono loro e di solito sono banali proprio perché sono così, uguali per tanti.
Adesso ho un telefono multifunzione, lo stesso che uso per le foto. Tiene un bel po' di brani, ha parecchi giga di memoria e non si scorda mai di niente, beato lui. È comodo perché ce l'ho sempre con me, se mi viene voglia di sentire la musica o di fare una foto posso, quando voglio. Telefonare non tanto, non ho quasi mai voglia.
Ci sono ancora lunghi periodi in cui non ascolto niente ma non è perché non ci pensi. Pensarci ci penso, però non l'accendo. È una specie di difesa. La musica si dev'essere presa una rivincita e dopo che l'ho ignorata per tanto tempo, ci da dentro di brutto con me. Mica sempre ce la faccio.
(Dedicato.)
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