Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
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"Mille e ancora mille."
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Vederci bene non serve a niente se non sai dove guardare. Questa è una cosa alla quale non avevo mai pensato perché ci ho sempre visto male, fin da bambina, e per questo non mi sono mai sognata di guardare. Per esempio, le persone. È più facile che riconosca qualcuno dalla voce che dalla faccia e quando mi capita che mi presentino un po' di persone nuove tutte insieme, prima di ricordarmi chi è chi ce ne vuole. Li devo vedere un bel po' di volte, oppure devo leggere qualcosa che abbiano scritto.
La cosa strana è proprio questa, che alle cose scritte ci faccio caso molto di più, mi ricordo dei bei pezzi se mi ricapitano davanti. Essì che leggere, leggo con gli occhi, anzi con gli occhiali.
Fino ai vent'anni andavo in giro senza. Avevo (ho ancora, in effetti) gli occhi azzurri e nasconderli dietro quei fondi di bottiglia mi sembrava un delitto. Adesso mi fa gioco perché mascherano le rughe, ma a vent'anni, capisci. Quando avevo vent'anni io non era come adesso che ci sono gli occhiali glamour che ti fanno più bella di quello che sei o le lenti a contatto che non ti accorgi neanche.
E siccome non vedevo, non sapevo che a vent'anni mica mi guardavano gli occhi. Mi guardavano tutta un'altra serie di particolari anatomici, me li guardavano con loro comodo visto che io, senza occhiali, mica me ne accorgevo.
Poi ho cominciato a portarli e avrei dovuto farci caso. E invece no, ormai mi ero abituata, si vede che mi trovavo bene così. Facevo le foto - sfocate per lo più, era la mia cifra stilistica (cit.) e i particolari me li riguardavo dopo, con calma. Facevo anche i filmini: superotto prima - VHS dopo. La maggior parte dei momenti importanti della mia vita li ho visti in postproduzione. A mia figlia per tutto il primo anno facevo un rullino ogni mese, le mettevo negli album, guarda com'è cresciuta, mi dicevo. Le recite all'asilo, le vacanze, le cene con gli amici.
Da quando scrivo però, qualcosa è cambiato. Mi sono accorta che per scrivere bisogna guardare. Me ne sono accorta leggendo. Bisogna guardare tutto per bene e poi scegliere i particolari significativi. Dire tutto è come non dire niente, bisogna dire solo quello che va detto e spesso le cose più significative sono quei particolari che sfuggono al primo sguardo miope. Guardare da lontano per dare una proporzione alle cose, guardare da vicinissimo per scovare il particolare che rende le cose uniche, guardare da mezza distanza per dare la forma e il colore, guardare il dito che indica la luna. (Hai visto che bella luna che c'è? si vede anche di giorno, ci hai fatto caso o hai guardato il dito?)
Non cosa ho veduto ma come l'ho veduto dice Cechov nei suoi 99 consigli e questo qui l'ho citato un'infinità di volte, si vede che mi ossessiona.
È la questione di vederci bene: non serve a niente se non sai come guardare.
(Nella foto Erik Johansson rifà Esher)
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