Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
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"Mille e ancora mille."
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In seconda media Anita e la sua amica Beatrice erano innamorate di Roberto Chevalier, un attore ragazzino di dodici, forse tredici anni, biondo, anche se in bianco e nero non si vedeva, e triste, ma questo dipendeva dalle parti che gli assegnavano. Nell’intervallo a scuola lei e la Bea stavano tutto il tempo a parlare di lui, a guardare e riguardare i ritagli di giornale con le sue foto e a progettare di scrivergli una lettera. Questa della lettera era stata una idea di Beatrice, che Anita non ci riusciva quasi a credere che Robby, come lo chiamavano confidenzialmente tra loro, era una persona vera alla quale si potevano scrivere lettere, una persona che magari avrebbe anche potuto rispondere. La Bea diceva che suo padre conosceva qualcuno alla televisione, un regista o un produttore o forse un parente di quella che aveva inventato Topo Gigio e le aveva detto che si sarebbe fatto dare l’indirizzo di casa di Robby, che abitava a Roma. Ma forse scherzava, o forse lo diceva così per dire.
Nell’attesa provavano a scrivere la brutta. Mentre le altre uscivano dalla classe a mangiare la merenda, loro due si sedevano sui banchi in fondo, una di fronte all’altra per non far scoprire il loro segreto e scrivevano sui fogli di quaderno “Caro Roby virgola”. Di solito si fermavano a questo punto perché non erano mai d’accordo su quello che avrebbero dovuto dire.
“Ho un’idea” diceva la Bea, “chiediamogli che classe fa.” Anita le sbatteva sul banco un ritaglio di TV Illustrazione, “non ci va a scuola, c’è scritto qui che studia in casa da privatista per prepararsi all’esame di terza media perché il lavoro di attore non gli lascia il tempo di frequentare.”
Lei si picchiava una mano sulla fronte “ah già, lo sapevo ma non mi ricordavo più.”
Anita alzava i sopraccigli scuotendo la testa “sai sempre tutto e non ti ricordi mai niente. Chiediamogli invece a che squadra tiene.”
“No, il calcio mi fa schifo” la Bea incrociava le braccia e faceva la faccia scura.
Anita sbuffava, “sei noiosa, anche a me mi fa schifo ma ai maschi piace.”
“E poi tiene alla Roma, l’ho letto sul Monello.”
“Ah. E allora cosa gli scriviamo?”
La campanella suonava sempre prima che avessero raggiunto un compromesso e tutto era rimandato al giorno dopo. Entrambe lo sapevano bene cosa avrebbero voluto scrivere ma si vergognavano l’una dell’altra e non lo dicevano. Era una piccola frase che non suonava tanto bene al plurale ma ormai si erano impegnate, avevano deciso di scrivergli insieme perché erano gemellate nell’amore e non potevano più tirarsi indietro.
Erano invece d’accordo che avrebbero messo il nome di Anita come mittente, che il padre della Bea non voleva che lei gli scrivesse. Era disposto a procurarle l’indirizzo ma poi le vietava di usarlo. Però in compenso poteva stare su la sera quanto voleva a vedere la tele mentre Anita doveva andare a letto dopo Carosello. “Beata te” si dicevano a vicenda ma non avrebbero fatto cambio davvero.
In fondo alla lettera, quando ci fossero arrivate, gli avrebbero scritto di rispondere all’indirizzo di Anita che a lei non era stato proibito di scrivere. Veramente non l’aveva chiesto espressamente ma lo sapevano tutti che amava Robby e nessuno aveva avuto da obiettare.
Poi era arrivata la primavera, la Bea era stata a casa qualche giorno con la tonsillite e di Robby non avevano parlato più tanto spesso, anche se Anita ci pensava sempre, tutti le sere prima di dormire: era questo l’amore, ne era sicura.
Un giorno la signora che stava da Anita a fare i servizi l’aveva aspettata sulla porta al ritorno da scuola, l’aveva tirata in cucina tutta seria senza dire niente e le aveva allungato una busta dalla tasca del grembiule.
“Sst” le aveva fatto col dito teso davanti al naso.
“Cos’è?” aveva chiesto lei girando la busta, che sul davanti aveva il suo nome e il suo indirizzo scritto a mano, oltre al francobollo e al timbro delle poste. Dietro c’era scritto “Roberto Chevalier – Roma”. Nient’altro. Aveva sentito un sudorino freddo sulla nuca e le sembrava che i capelli le si staccassero dalla testa. Non ci credeva. Quella scema della Bea gli aveva scritto senza dirle niente. Vabbè che era stata malata, ma almeno le poteva telefonare. Non aveva la forza di aprire quella busta, le mani erano diventate una semolina molliccia, per non parlare delle gambe. Il cuore poi andava per i fatti suoi, le orecchie le bruciavano e davanti agli occhi aveva una pioggia di brillantini.
La girava e rigirava, non aveva il coraggio di guardarla.
“Non la apri?” Le aveva chiesto la signora.
“Eh, un attimo! Calma!”
Le aveva dato un coltello e lei l’aveva tagliata con precauzione, stando ben attenta a non sgualcirla, che poi la sentiva la Bea, anche se non era sicura che gliel’avrebbe fatta toccare, visto che aveva fatto tutto da sola senza avvisarla e chissà cosa gli aveva detto.
Dentro c’era un foglio piegato in quattro. Non c’era scritto niente. C’era solo disegnato un grande pesce. In quel momento tutto il resto della famiglia aveva fatto irruzione in cucina sghignazzando con gran rumore. Anita da principio non capì quello che stava succedendo e d’istinto nascose la busta dietro la schiena, le girava ancora la testa. Tutti la guardavano e aspettavano che si mettesse a ridere anche lei, la signora le fece l’occhiolino e le toccò una spalla annuendo come se loro due fossero amiche, come se fossero state d’accordo.
Che stronzi, pensò. Si ingoiò il magone e finalmente sorrise mostrando la lettera. Scoppiò un applauso, Luciano si mise a saltare e parlando e ridendo tutti insieme le raccontarono come avevano fatto, che il pesce l’aveva disegnato suo padre e sua madre aveva scritto l’indirizzo mentre suo fratello aveva falsificato il timbro delle poste e leccato il francobollo.
(Continua)
Questo è L'occhio del coniglio, un romanzetto che ho scritto io e che mi piace offrire ai miei blogamici e agli sfaccendati che passano di qui.
Già che faccio l'editore di me stessa, ho prodotto anche una versione digitale, mobi, epub e pdf. Se ti stanchi di leggere a schermo e la vuoi mettere nel tuo lettore eBook oppure se hai occasione di stampare a ufo e vuoi il pdf, scrivi a ladonnacamel@gmail.com e te la mando. Gratis e senza DRM!
(Però poi non venire qui a spoilerare il finale eh, t'ammazzo! Che, se non si era capito, le puntate qui continuerò a metterle, al ritmo di due a settimana, più o meno.)
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Le foto, dove non specificato, son prese in internet.
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