La Donna Camel

Per chi si fosse collegato in questo momento, stiamo facendo una serie di esercizi sui cinque sensi, cioè tra gennaio e febbraio abbiamo scritto racconti che in qualche modo mettevano l'accento su udito e olfatto e ci siamo occupati del tatto negli ultimi giorni di marzo.
Di solito lo scopo degli eds è quello di far venire voglia di scrivere, un po' grazie al tema proposto e un po' leggendo gli altri, infatti non è disdicevole prendere ispirazione dagli amici, non vuol mica dire copiare o appropriarsi di un'idea, ispirarsi è articolare tramite libera associazione, trasformare nel contrario, spostare d'accento, rendere piccolo il grande e viceversa, rappresentare una parte per il tutto, sottoporre all'arbitrio delle figure retoriche conosciute e sconosciute. Scrivere in compagnia quindi è divertente e stimolante, tanto si prende e tanto si dà, soprattutto per noi che siam qui per divertirci e non per portare a casa la pagnotta.
Poi dicono che a furia di fare esercizi si finirà per esser capaci di scrivere solo esercizi, avvoltolandosi in un gioco fine a se stesso. Sarà anche vero in tanti casi ma non certo questa volta dei sensi.
Non c'è un esercizio più spendibile di quello basato sull'osservazione dei sensi, non c'è scrittura possibile se l'esperienza non passa attraverso il filtro dei sensi, e la precisione con cui riusciamo a tradurre in parole le percezioni è l'unità di misura della qualità dei nostri testi. Dico noi e lo dico in modo perentorio, poi si scrive e si cancella e quel che arriva è il distillato,  magari il lavorio che c'è dietro non si vede.

In ogni caso siamo qui a parlare del tatto. È come non è, a tutti quanti quest'idea scalda il sangue, e chissà perché.

Comincia Dario. E sono in due e si toccano e mentre lui parla e fa capire che è un sogno impossibile quello che stanno vivendo, pure lo stanno vivendo e si danno piacere toccandosi l'un l'altra e anche se è l'ultima volta non importa, non importa se non succederà ancora e se domani saranno altrove e se c'è già un sottinteso mai più.
Mi piace molto che lei "Muove leggermente la testa a cercare una carezza" è una situazione così naturale che me la vedo davanti, la mano calda di lui e lei che ci strofina il viso, perché le carezze son poche e non bastano mai.

Se c'è una cosa che chiedo a un racconto breve è questa. Quale? Questa. Questa che ci ha messo Hombre e che adesso cerco di spiegare e non mi è facile. Voglio che ci sia qualcosa di ambiguo, di misterioso e irrisolto: l'arte del dubbio forse. Voglio che i personaggi sappiano meno di quello che il narratore è disposto a lasciar capire al lettore, in modo che io, come lettore, mi possa sentire più furba, o più consapevole o più adulta. Nello stesso tempo voglio che i personaggi si lascino comprendere nelle loro debolezze, voglio poterle condividere e pensare eggià, è proprio così, lo so perché ho provato anche io, sono anch'io così. Poi magari non è il caso in specie che ho provato di persona in quel ruolo, ma è come l'ha raccontato che mi riporta a qualche situazione dove si danno più interpretazioni e vai a sapere com'è. E non sono i massimi sistemi, una robina che sembra da niente e dura solo pochi minuti, un gioco di sguardi dati e negati. E il tocco. Il tocco magico che fa partire l'elucubrazione: un ago intinto nel curaro che mi colpisce proprio nel cuore.
Chapeau.

Lillina ha sviluppato il termine "sensuale" nella sua accezione erotica, dove i sensi non sono più - o non sono solo - l'interfaccia della nostra persona con il mondo esterno, ma la pulsione che li eccita. Sessuale più che sensuale, e va bene, il tono è leggero, il tocco convince e il lettore si tocca.
Mi è piaciuto il commento di dario: "certo che se qualcuno si lasciasse andare al vecchio vizio del trovare l'autore dentro l'opera... :-P" eh eh eh

Intanto, scusa se ti chiamo sempre Cielo anche se hai cambiato nome al blog, l'hai cambiato diverse volte ma Cielo è un bel nome (cielosopramilano è un bellissimo nome) e non so se in pubblico posso usare il tuo nome vero. Detto questo, mi domando se il libro di cui parla la tua protagonista esiste anche nel mondo reale perché a me sembra tutto vero, questa storia non mi sembra un'invenzione ma una confessione, magari rubata a un'amica di una amica, origliata o letta o vista in un film. Il tocco delle mani è un'arte che richiede studio, tecnica e sensibilità: l'hai raccontato in modo così convincente che io ci credo.

Mai Maturo ha scelto di mostrarci la negativa della fotografia per sottolineare quanto poco facciamo caso a quello che abbiamo e come ci manca quando ne veniamo privati. È un punto di vista originale e si addice allo stile trasognato del nostro amico, che mi sembra sappia dare il meglio di sé in queste situazioni surreali. Apprezzo molto le scelte musicali che accompagnano il protagonista, un misto di gregoriano, Beethoven e Metallica e non ho mancato di sorridere per qualche innocente gioco di parole, come per esempio "l’assenza del corpo mi pesa" essendo proprio il senso del peso quello che manca. Un storiella eterea, leggera leggera come l'anima bella che la racconta.

Melusina comanda le parole. Non so come fa, ma è così, una domatrice un po' fata, fasciata di veli azzurri e di lamé, in piedi sullo sgabello nel centro della pista (è piccolina di statura, io lo so perché l'ho veduta), soffia nel suo fischietto d'argento ed ecco che le parole vorticano tutto intorno, picchia al suolo la sua bacchetta e le parole si mettono in fila, si intrecciano nella quadriglia, vengono avanti, si fanno l'inchino, si prendono per mano e fanno il girotondo, batte le mani e gli aggettivi aggettivano, i verbi verbano, i sostantivi sostano, tutte le preposizioni si inchinano e le congiunzioni si baciano. Poi schiocca le dita e il carosello si ferma a mezz'aria, come nuvolette si mettono in cerchio per scivolare ordinatamente, una a una, dentro la tasca del suo grembiulino.
Amica mia, tu sei un cartone animato vivente!
Bra-va!
 
Segreti svelati verrebbe da dire leggendo il raccontino di Pendolante  anche se più che svelare, nasconde e allude, ammicca reticente. La situazione è scabrosa di suo, o meglio lo è il locale che i tre protagonisti trovano per caso o per malizia. Sembra il viaggio iniziatico, l'ultima vacanza prima dell'età adulta. È qui che succedono le cose, che si sperimentano le possibilità: o dentro o fuori.
E si scoprono gli altarini, chi l'avrebbe mai detto. A volte è la distanza da casa, la lingua incomprensibile, la giovane età, a volte è il tocco al quale non si può resistere. Le cose nel buio hanno tutte un'altra forma.

Il mio  raccontino, un po' raffreddato: chiedo scusa, avevo il muco.

Il bando era qui.

Il prossimo sarà il gusto, aspettiamo qualche settimana. Va bene o hai urgenza?