Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
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"Mille e ancora mille."
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C'era tanta gente ieri sera, con tutta quella pioggia. Le volontarie di Bookcity razionavano l'ingresso, per un lungo momento ho avuto paura di restare fuori, ero arrivata puntuale ma senza anticipo. Poi, per fortuna, sono riuscita a entrare e non avevano ancora cominciato.
Hanno parlato del libro, dei racconti, ovviamente, anche Christian Raimo ne scrive, dei maestri che tutti noi ci riconosciamo e di qualche maestro un po' meno scontato. Una cosa bella che è stata per me leggere questo libro - la stessa cosa bella che ho provato all'incontro - è che i maestri di cui si parla, i maestri del mio maestro, li avevo letti tutti. Non per lungimiranza e nemmeno per fortuna ma per il semplice fatto che sono le letture che Paolo ha consigliato durante i laboratori di scrittura, nelle presentazioni, durante le conferenze, nel suo blog. Gli scrittori americani di racconti, Carver, Munro, Cheever e così via, una generazione. E poi Esther stories di Peter Orner che è andato fuor catalogo e Paolo si è comprato tutte le copie avanzate per non mandarlo al macero, e anche Grace Paley è andata fuori catalogo e io ce li ho i suoi racconti, mi ricordo che non riuscivo a leggerli perché la mia copia puzzava di muffa, e poi la gamba di legno di Flannery O'Connor, che è stata la maestra dei maestri dei miei maestri, una specie di bisnonna di tutti noi a ben guardare. Non si tratta solo delle peculiarità del racconto come forma narrativa, del fatto che la maggior parte della storia resta fuori, o dei significati simbolici o metaforici che certi oggetti o certe situazioni possono avere, con piena o nulla consapevolezza per chi scrive, o delle ossessioni che certi autori possono rappresentare. Son tutte cose vere e l'hanno detto, siam tutti d'accordo su questo. Hanno detto anche che questo libro è una chiave di lettura per i testi citati e anche un piccolo manuale di scrittura e anche una confessione, il retrobottega di un artigiano (se non vogliamo dire artista) e Raimo ha detto che Paolo Cognetti è, per lui, uno degli autori più politici, anzi "politici" (non ha fatto le virgolette con le dita, meno male, ma ha calcato la voce sulla parola) pur non scrivendo di politica, non si intravede una ideologia o una tesi e chi l'ha letto lo sa, secondo me Raimo non ha avuto il fegato di usare la parola "morale" senza virgolette, nel senso di etica e non di moralismo, per intenderci. Paolo a questo ci tiene, lo so, ci tiene che la storia sia onesta e la scrittura sia onesta. Ci tiene a non usare sporchi trucchi, come diceva Carver, e questo è difficile, è tremendamente difficile perché appena impari a farlo, e raccogli applausi e consensi dai lettori, la tentazione è forte. Anche lo scrittore è un uomo di carne e sangue, anche lo scrittore è un lettore che subisce a sua volta il fascino di un incastro ben congegnato ma soprattutto subisce il fascino dell'applauso dei lettori.
In quel momento lì ho pensato a tutte le volte che ho usato trucchetti durante i laboratori e a come Paolo non me li abbia mai fatti passare, adesso lo capisco: che bacchettate mi sono presa, certe volte. Coi lettori funzionavano eh, accidenti se funzionavano. Poi io sono rimasta una dilettante, il che non so bene cosa significa, forse cerco una scusante o forse invece ne ho ancora meno, visto che non devo pagarci le bollette. Ma la speranza è l'ultima a morire.
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